Ha commesso dei reati Julian Assange rivelando la corrispondenza riservata delle diplomazie di mezzo mondo? Faremmo bene a darci una risposta per questa domanda perché, anche oggi, in Italia, le denunce ai danni di alcuni ragazzi membri del gruppo Anonymous pongono lo stesso problema.

Il gruppo di hacker ha finalità politiche, e non certo criminali (sono hacktivist e non cracker, infatti). “Gli Anonymous si presentano loroattaccheranno chiunque si metta contro Wikileaks e il suo portavoce Julian Assange e combatteranno ogni censura, autoritarismo e ogni violazione dei diritti umani. Siamo uniti”.

Nei mesi scorsi membri del gruppo internazionale hanno dato sfoggio della loro bravura portando avanti numerose incursioni informatiche.

Hanno attaccato il sito del governo tunisino solidarizzando con le proteste contro Ben Alì; hanno attaccato i siti del governo egiziano riuscendo a tenerli offline finché Mubarack non si è dimesso; hanno attaccato il sito di Enel per esprimere vicinanza a comunità indigene del Guatemala che lottano per non essere espropriate da alcune centrali idroelettriche in costruzione; ultimamente hanno attaccato il sito dell’Agcom in protesta contro la delibera definita “il bavaglio della Rete”; e hanno attaccato anche i siti del Pdl e del Senato spiegando: “Crediamo che ci sia un limite alle ipocrisie di questo paese, alle azioni politiche, economiche e sociali contro l’interesse comune”.

Dopo le denunce di questa mattina il direttore della Polizia Postale ha affermato: “Ci sono molti modi di esprimere un dissenso ma qui si producono reati e si producono seri danni economici”.

É così. Però la storia si fonda su atti di dissenso contraddistinti da “reati” e “danni economici”. Rosa Parks non violò una legge sedendosi nei posti riservati ai bianchi?

Trasparenza, libera informazione, partecipazione, tutela dei diritti umani: questi sono gli obiettivi di Anonymous. Sono valori del presente pronti a diventare piattaforma politica vasta e trasversale per il futuro.

A questo punto è giusto che la giustizia faccia il suo corso (anche se i ragazzi, molti dei quali minorenni, rischiano fino a 5 anni di carcere). Ma, allo stesso tempo, ritengo sia legittimo esprimere solidarietà agli hacktivisti. Chi lotta ogni giorno contro corruzione, mafie, cricche, ruberie e malapolitica, non può che sentirsi parte della battaglia per la trasparenza e la partecipazione che hacker, indignados e nuove generazioni stanno portando avanti  in tutto il mondo.

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