Berlusconi torna ai videomessaggi a cuore aperto. A mali estremi, estremi rimedi: se negli ultimi mesi aveva spesso e volentieri adoperato il mezzo audio (messaggio ai promotori della Libertà) per incidere sull’agenda politica e giornalistica, ricavando immenso beneficio dalla possibilità di non apparire né su schermo né in pubblico e ottenendo comunque un’eco mediatica del tutto paragonabile, la scelta di tornare in video è dunque significativa di per sè.

Come spesso accade nei passaggi delicati della gestione comunicativa di Berlusconi, soprattutto all’insorgere di potenziali crisi con l’opinione pubblica, il team di lavoro del Premier mostra una precisione e una scientificità assoluta, anche nei dettagli più marginali. E francamente non mi aspettavo nulla di diverso da ciò che ho visto, nei contenuti come nella forma.

Anche l’elemento più notiziabile, ossia lo “stabile rapporto d’affetto”, rientra in un canovaccio in fondo prevedibile: a settembre 2010 ipotizzai proprio questo tipo di colpo di scena sul mio profilo Facebook e in un articolo. Se l’ho ipotizzato io, figurarsi i suoi analisti.

Ma proviamo a soffermarci sugli elementi distintivi di questa uscita:

  • il contenuto. Berlusconi utilizza 8 minuti e mezzo (davvero troppi) per porre l’accento su tre concetti: 1. Le intercettazioni sono un’intrusione nella mia vita privata e potrebbe succedere lo stesso anche a voi comuni cittadini; 2. Non pago le donne; 3. Sono fidanzato. Ci sono anche due ulteriori, interessanti, corollari: a. La Minetti è perseguitata perché voleva fare politica; b. Ho dato lavoro a decine di migliaia di persone. I primi tre punti coincidono con la sua arringa difensiva e anticipano, di fatto, la volontà di non presentarsi dai giudici per la convocazione prevista tra il 21 e il 23 gennaio. Se lo farà, sarà solo per una precisa motivazione strategica. Questo doppio movimento è forse l’aspetto più interessante del messaggio di Berlusconi: parla alle TV rivolgendosi ai giudici; se andrà dai giudici lo farà per rivolgersi all’opinione pubblica. I due corollari, invece, puntellano l’immaginario collettivo che Berlusconi ha sapientemente costruito nel tempo: in Italia bisogna aver fiducia nel futuro (puoi fare politica ad alti livelli anche se hai 25 anni e non hai curriculum), la vita ti va meglio se sei servile con me e con il potere; comunque vada, io genero lavoro e dunque sono buono, oltre che potentissimo;
  • il setting. Berlusconi torna a parlare (di sé) davanti alla libreria che, nel 1994, coincise con la sua “discesa in campo”. Non ci potrebbe essere luogo più rassicurante per il suo elettorato: quel set è probabilmente percepito come ancor più istituzionale di quello di Palazzo Chigi. Dopo mesi di smodate attenzioni riservate a un altro tipo di pubblico, parlando alla pancia, o meglio, al basso ventre, Berlusconi ha oggi bisogno di confortare l’elettorato moderato (soprattutto quello fintamente benpensante). I cattolici e le famiglie hanno bisogno di sentirsi dire che lui è fidanzato, che non tradisce, che ha una compagna anche un po’ gelosa e che lo controlla, quasi lo tiene a bada, a dimostrazione che amor vincit omnia, soprattutto se gli avversari sono l’invidia di chi vorrebbe essere alle sue feste e l’odio della magistratura ossessionata nel tentativo di sovvertire l’ordine democratico. Le foto di famiglia appaiono sullo sfondo proprio per rinforzare l’impostazione generale del messaggio.
  • Le parole e il tono. Il Premier parla con difficoltà sempre maggiore in italiano fluido. I piccoli errori di pronuncia sono oramai una costante delle uscite pubbliche di Berlusconi. Questa è la testimonianza più evidente di un personaggio pubblico che, pur pienamente lucido, ha settantaquattro anni e appare stanco, logorato dalla continua esposizione mediatica. Forse è questo il motivo per cui, per la prima volta in un videomessaggio di questa importanza, Berlusconi legge. È questa la novità più significativa dal punto di vista comunicativo: la lettura rappresenta la volontà di rispettare fedelmente un canovaccio o il bisogno di non “perdere il filo del discorso”, o più semplicemente il bisogno di rispettare uno schema mentale che poi coincide con l’arringa difensiva ideata da Ghedini, Longo e dagli analisti che, evidentemente, hanno valutato fondamentale l’artificio della “fidanzata” per riposizionare l’immagine pubblica di Berlusconi. Un’ultima, ma non meno importante scelta: il timing della pubblicazione del messaggio. Uscire di domenica vuol dire avere tutte le luci puntati addosso e l’assenza di un contraddittorio credibile: da oggi saranno le carte dei giudici a “parlare”, ma di certo Berlusconi ha avuto ventiquattro ore per inoculare le sue verità nell’opinione pubblica.

I punti di debolezza restano evidenti e sono sempre gli stessi:

  • difficile credere a chi dice di non aver pagato donne quando Nicolò Ghedini, un avvocato, di certo non una toga rossa, ha parlato del Premier come dell’utilizzatore finale. Dubito che agli italiani interessi chi poi abbia emesso fattura;
  • difficile credere agli outing di Berlusconi sulla sua vita privata, dopo aver negato di aver conosciuto l’avvocato Mills che poi fu condannato per essere stato corrotto proprio dal Premier (per non parlare della D’Addario e di infiniti altri casi di doppia verità);
  • difficile credere a chi utilizza gli avverbi ‘mai’ e ‘sempre’ con una facilità imbarazzante, soprattutto dopo essere stato smentito sistematicamente dai fatti e, talvolta, da se stesso.

In sintesi, la mossa di Berlusconi è apparsa nuovamente eccelsa, un altro piccolo bignami di comunicazione, ma in ogni caso appare più una mossa tattica che strategica, più una reazione difensiva che un tentativo di contrattacco.

La comunicazione non basta a salvare un uomo, pur potente, da se stesso. Per fortuna.

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