Nasco cuoco e continuo a nascere spesso e volentieri. In gioventù, solo a casa, come in un pre-rito aprivo tutti i cassetti della cucina di mia madre per diventare quello che poi sono diventato. La purezza degli elementi mi affascinava e solo nel cucinare mi ritrovavo e cominciavo a riflettere sul perché pochissime sovrapposizioni mi entusiasmassero ed altre mi facessero orrore. Se burro e salame mi entusiasmano, come mi entusiasma un salame e fichi, davanti a un prosciutto e melone ho delle perplessità. Amo entrambi e non amo infrangere, nel combinarli, l’unicità dei loro sapori.

Già, i sapori. Parola che i conformisti estetizzanti, nel loro finto-moderno cucinare, temono più della loro ombra. Sapore è complice di odore, complice di profumo, di aroma, di qualità, di buona coltivazione, di onesto allevamento. Complice di tecniche antiche che si fanno nuove ogni giorno grazie a donne e uomini di buona volontà. Senza i freddi ed emulsionanti alimenti scimmiottanti i principi di un’industria alimentare avida, falsa e arrogante, capaci solo di stupefacenti estetiche orientaleggianti, senza originali talenti con la capacità di rinnovare una personale emozione dal proprio saper cucinare. Spacciatori di formali orientalismi per estetiche, ripeto, “stupefacenti” e che si approfittano della nostra e generale ignoranza sulle altrui cucine. Cucine italiane destrutturate e lasciate in mano a cuochi giapponesi che, bravi, volenterosi, fedelissimi che per loro tradizione sono capacissimi nell’estetizzare qualsiasi presentazione di qualsiasi alimento. Venuti per imparare hanno per gentilezza offerto un modello, il loro, di cui si è colto la facile replicabilità. Non dimenticatevi mai che la loro ristorazione segue un modello nato dagli schemi di un rigido protocollo che ha la necessità di servire, nella massima formalità, il loro imperatore che nei banchetti ufficiali fa finta di mangiare. Se a loro è mancato l’urlo rivelatore “Il Re è nudo!”, anche noi evidentemente ce ne siamo dimenticati e ci siamo messi tutti a scimmiottare quella condizione che per l’Imperatore giapponese è comunque occasionale. Nei loro preziosissimi ristoranti impera il pago-quindi-sono. Dove il caro spariglia il costoso e irride al semplice e al virtuoso.

Capito il trucco ben sperimentato dalle multinazionalidell’alimentazione, la macchina della ristorazione mondiale ha inteso il suo bisogno di replicanti e di materie prime omologate, con gesti omologanti e trucchi irreplicabili per conoscenze più simili alla destrezza che al talento emotivo necessario al saper cucinare, senza la crescita e la formazione altrui, che per gli investitori in ristorazione è il peggiore dei nemici. Più semplice e più comodo fornire a una “pigra comunicazione” e modelli replicabili per nuove finte-verità notizie. L’editoria che si fa complice, per facili guadagni, di modelli fotografabili, ignorando completamente il piano culturale di un saper cucinare costringendoci all’ascolto, anno dopo anno, di improbabili modelli di cucina, pseudo-rinnovamenti che prima e dopo la nouvelle cusine ci hanno fatto navigare verso l’impronunciabile cucina di rivisitazione (mai capito cosa volesse dire) fino alla devastante invenzione della cucina acchiappa citrulli molecolare. Dove i citrulli non sono solamente i volontari avventori, ma penso alle centinaia di ragazzi che nella ricerca di formazione finiscono per assimilare quel modello fuorviante lontano dalle saggezze dei rosmarini, delle salvie, degli agli, delle cipolle, delle nipitelle, delle mentucce, del soffriggere, dello stufare, del bollire, del sobbollire, del mantecare, dove la tecnica manuale di un’emulsione per un flan era sia esercizio (mi viene in mente il flan di lingua di vitella e parmigiano della Mirella Canterelli) ma anche espressione del proprio talento. Tutto scomparso? Provate e infilarvi in qualsiasi superba molecolare degustazione con un metro di salsicce ben fatte e una calda schiacciata fumante. Non vi sarà borghese atteggiamento che resisterà e vi seguiranno ma tenete presente che non sarà mai sul mangiare che vinceremo ma sul decodificare culturalmente ciò che è giusto mangiare, ciò che è sano mangiare, ciò che è realmente scatenante endorfinici pensieri.

Ci sono altre parti del mondo, viva a Dio, dove stanno nascendo attenzioni sempre più popolari. Mi viene in mente l’India che grazie al suo ritardo si può permettere du assumere modelli all’avanguardia rispettosi di antiche a nuove “conoscenze”. Vandana Shiva docet con i suoi insegnamenti ormai applicati a numerose strutture agrarie del suo paese che, nell’affrontare la fame e lo sviluppo, hanno adottato strade lontane dal modello occidentale, applicando principi eco-bio-sotenibili.

Tornando a noi vi invito alla riflessione dell’infinito patrimonio a rischio di estinzione dei “Contorni” della cucina italiana. I grandi scomparsi dalle tavole degli sterminatori di questo patrimonio che comunque rimarrà indelebile nella nostra cultura. I cugini francesi hanno chiesto del loro giovane codificato modello di cucina, non ottenendolo ancora, il riconoscimento dell’Unesco. Noi non solo dovremmo fare la stessa cosa, ma ancor prima dovremo riconoscerlo noi stessi, nei suoi tremila e più anni di storia. Liberi dal giogo uniformante di modelli solamente molto fotografabili ma niente più. Dunque che echeggi nelle vostre case, nelle vostre cucine: Frittata libera in Libero Stato.

I come indice parziale di Contorni Italiani a cui vi prego di partecipare per fare, credetemi, una rivoluzionaria memoria collettiva:

Aglio saltato con peperoncino e spinaci.

Barbe rosse in insalata.

Carote in umido.

D (il primo che dice la dadolata prende un babbuccione)

E come erbette di campo.

F come finocchi gratinati

G come gurguglione all’Elbana.

H non mi viene in mente niente pensateci voi.

I come indivia saltata con acciughe e provola affumicata.

L come lattuga.
M come (a)matriciana con cui risaltare delle patate fritte nello strutto.

N come noci in insalata.

O come ocra in umido (in rete troverete tutto).

P come piselli alla fiorentina.

Q

R

S

T

U

Z come zucchini trifolati con cipolle affettate, aglio tritato, poco pomodoro, olio e peperoncino con prezzemolo e basilico aggiunto alla fine con un mezzo cucchiaio di nipitella tritata, serviti ovviamente freddi e se avanzati da far rivivere dentro qualche uovo sbattuto con manciata di parmigiano per frittata con-movente ovviamente emotivamente rivoluzionario.

Articolo Precedente

La Vittoria del Cerasuolo

next
Articolo Successivo

I vini dolci meno sdolcinati al mondo

next