Il caso - L’azienda del padre - A Pomigliano tutti parlano di altri ex dipendenti irregolari del papà del capo del M5S dopo quello che gli ha fatto causa

Di Maio, nel 2010 gli operai tenuti in nero dal padre del vicepremier erano tre. Pizzo: “Luigi non sapeva? Non gli credo”

A Pomigliano tutti parlano di altri ex dipendenti irregolari del papà del capo del M5S. Le Iene li hanno rintracciati, uno di questi sarebbe tutt'ora in causa con il padre del vicepremier

27 Novembre 2018

I casi risalgono agli anni tra il 2008 e il 2010, più o meno gli stessi della vicenda dell’ex operaio Salvatore Pizzo, sollevata dalle Iene. Nell’azienda edile di Pomigliano d’Arco (Napoli) intestata all’epoca ad Antonio Di Maio, il papà del futuro vicepremier e ministro del Lavoro M5S, Luigi Di Maio, ci sarebbero stati almeno altri tre lavoratori in nero. Uno sarebbe tuttora in causa. Le Iene sono riuscite a rintracciarli. L’esito delle loro investigazioni andrà in onda stasera su Italia Uno. Quello di Pizzo non sarebbe quindi un caso isolato, come invece avrebbe spiegato il padre al vicepremier. E a Pomigliano, i nomi – che potrebbero essere più di tre, ma il condizionale è d’obbligo – già circolano con gli identikit: uno è quello in giudizio, un altro lavorerebbe in un supermercato, uno non è molto alto di statura. Le informazioni provengono dagli amici di Salvatore Pizzo, che si è trincerato in un silenzio impostogli, dicono dalla sua famiglia, dalla produzione tv.

“Mercoledì potrò parlare”, ha detto al cronista del Fatto che lo ha aspettato sotto casa. Ma chi lo conosce, riferisce che Pizzo è molto irritato per alcune contro-ricostruzioni della vicenda. A cominciare da quella frase buttata lì su Facebook da Di Maio, su di lui che avrebbe votato M5S e aderito alla campagna di maggio, “il mio voto conta”, con tanto di selfie con i figli. “Io non ho fatto campagna per loro”, avrebbe spiegato Pizzo agli amici. La moglie, la signora Antonella, ha risposto al telefono a qualche domanda sul perché il marito abbia aspettato sette anni per uscire allo scoperto: “Mio marito era scocciato da certe cose dette da Di Maio sull’onestà di suo padre. La realtà la sappiamo solo noi. Mio marito dice la verità”. Pizzo ha fatto sapere in giro “di essere stanco di fare il venditore ambulante di accendini da sette anni a causa di Antonio Di Maio”. Secondo le nostre fonti, Pizzo si sarebbe sfogato così con le persone più vicine: “Avrei voluto dimenticare, ma mi si è accesa una fiamma quando ho letto che Luigi Di Maio ha ribadito che viene da una famiglia onesta (si riferisce alle dichiarazioni del vicepremier sulla vicenda della casa abusiva e condonata, ndr). Io non accuso Luigi Di Maio e non lo accuserò mai, non ho avuto modo di conoscerlo. Lui stava ancora all’università. Però se all’epoca dei miei fatti, del mio infortunio sul lavoro, quando il padre mi ha detto di mentire, di dire che mi ero fatto male a casa, tu avevi circa 25 anni e dici di essere all’oscuro di cosa faceva tuo padre, non ci credo fino in fondo… non stai più nel carrozzino…”. Nel 2012 Di Maio rileverà il 50% dell’azienda, l’altro 50% lo rileva la sorella. In paese molti difendono Di Maio senior: “Una brava persona – afferma Francesco, 80 anni – non si è montato la testa. Un operaio al nero? E quanti lo fanno? Non è stato l’unico. Ma non credo che il figlio sapesse. Altrimenti gli avrebbe chiesto di stargli lontano prima che uscisse questa storia”.

In Cgil c’è traccia della transazione tra Pizzo e l’impresa dei Di Maio. Lo riferisce Giovanni Passaro, all’epoca segretario degli edili del comprensorio, oggi segretario generale Fillea-Cgil di Napoli: “Pizzo si rivolse a me – dice Passaro al sito ilmediano.it – non voleva denunciare ma continuare a lavorare. Riuscii a fargli prendere il posto di lavoro contrattualizzato grazie a un certificato medico dell’infortunio che disse di aver subito mentre lavorava per Antonio Di Maio. L’operaio optò per un accordo: un bonus di 500 euro e la regolarizzazione del posto di lavoro. Poi da me non è venuto più”. E ha perso il lavoro. “Non ricordo se si trattasse di un contratto a tempo determinato. Ma quando nell’edilizia si chiude un cantiere, la cessazione è automatica”.

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