Ultim’ora: hanno iscritto il Papa alla Confindustria

9 Settembre 2018

Jorge Maria Bergoglio è il primo Papa gesuita della storia. Il fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola, ci ha lasciato cinque secoli fa un agile testo che il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia avrebbe potuto scorrere prima di fare di Francesco (a sua insaputa) il testimonial della sua sgarrupata associazione impegnata “nella costruzione di un mondo migliore” (sic). Bastava il titolo: “Esercizi spirituali per vincere se stessi e ordinare la propria vita senza prendere decisioni in base ad alcuna propensione disordinata”. Spiegazione per imprenditori forse globalizzati ma eventualmente e cionondimeno ottusi: se la Confindustria caccia il direttore del Sole 24 Ore perché indagato per falso in bilancio, solo una “propensione disordinata” può indurla a proporlo come professore della sua università Luiss a studenti altopaganti, i quali potrebbero opporre alla sacra presunzione d’innocenza l’altrettanto sacra presunzione di pagamento futuro della retta.

Dunque il direttore del Sole Guido Gentili pubblica una bella intervista a Bergoglio, il cui senso è chiaro già dal titolo: “I soldi non si fanno con i soldi ma con il lavoro”. Per la Chiesa il capitalismo è un peccato. Lo disse Leone XIII con l’enciclica Rerum Novarum (1891), lo confermò Paolo VI con la Populorum Progressio (1967). Bergoglio cita puntigliosamente i predecessori, quasi a sottolineare (a uso Vaticano) che non è impazzito. Per il Papa gli adoratori “dell’idolo-denaro” – quelli che “creare valore per gli azionisti” è una preghiera – sono peccatori. Se ne facciano una ragione, l’assoluzione non gliela dà, si è chiamato Francesco, non Benetton. Gentili, generosamente, ci ha provato: “Dalla lettura dei Vangeli emerge peraltro che Gesù mostra grande simpatia (si pensi alla parabola dei cinque talenti) per gli imprenditori che si assumono un rischio”.

Il Papa, empaticamente, ha finto di non sentire. Forse ha sorriso, forse ha pensato “beato il popolo che non ha bisogno di giornalisti che spiegano il Vangelo al Papa”. E gli ha detto: “Credo sia importante lavorare insieme per costruire un nuovo umanesimo del lavoro, promuovere un lavoro rispettoso della dignità della persona che non guarda solo al profitto o alle esigenze produttive ma promuove una vita degna sapendo che il bene delle persone e il bene dell’azienda vanno di pari passo”. Non ci crederete, ma tanto è bastato a Boccia per conferire a Bergoglio la tessera confindustriale ad honorem. Ieri ha scritto un solenne intervento sul suo giornale, impreziosito da una gaffe mostruosa: ha attribuito al Papa la frase “il lavoro rende liberi” (ha scritto così, non è uno scherzo), mentre il Papa ha parlato di dignità del lavoratore (concetto oscuro per lorsignori), “arbeit macht frei” l’aveva detto un altro. Comunque Boccia, che da due anni finge di non sapere chi ha svuotato le casse del Sole 24 Ore, stavolta ha capito al volo: “Il conforto del Pontefice, che mostra di comprendere le ragioni della produzione quanto quelle dell’animo umano, ci servirà per impegnarci sempre meglio e sempre di più nella costruzione di un mondo migliore”.

Uno legge, si stropiccia gli occhi, rilegge e capisce perché l’Italia è un Paese finito. Il Papa parla di “uomo”, cosa diversa dall’animo umano di cui parlano gli psicoterapeuti con le mogli disperate di lorsignori. Per la cronaca, ecco le parole del Papa che per Boccia suonano di conforto: “Una economia così strutturata uccide perché mette al centro e obbedisce solo al denaro: quando fare soldi diventa l’obiettivo primario e unico siamo al di fuori dell’etica e si costruiscono strutture di povertà, schiavitù e di scarti”. Cari confindustriali, starebbe parlando di voi. Ma si sa, chi si conforta gode.

Twitter@giorgiomeletti

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