Caccia grossa

Di Maio e i ministri: al Tesoro un tecnico di Bankitalia o Fmi

M5S - Per rassicurare i mercati, è “ballottaggio” tra due economisti Fioramonti allo Sviluppo, contatti con Montanari per la Cultura

Di Luca De Carolise Paola Zanca
26 Gennaio 2018

La data è decisa: giovedì 1 marzo, manca solo la sala. E per i Cinque Stelle, al momento, è un appuntamento dall’esito così incerto da preoccupare perfino più delle elezioni. Luigi Di Maio ha promesso di annunciare la squadra dei ministri ancora prima di sapere se andrà al governo. E adesso gli tocca mantenere la parola. Non aveva fatto i conti, però, con due variabili complicate da tenere insieme: da una parte ha bisogno di nomi forti, autorevoli, che rassicurino prima di tutto il Quirinale e poi i mercati, l’Europa e l’intero sistema di potere che guarda con timore a come si sveglierà l’Italia il 5 marzo. E però sono proprio questi “tecnici” autorevoli gli ultimi che hanno voglia di bruciarsi anzitempo, ovvero di finire su un palco con una bandiera del M5S alle spalle e poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.

Solo uno, per ora, ha già messo la faccia a fianco a quella di Di Maio e non è un caso che il suo lavoro abbia sede a Pretoria e che con il “sistema” italiano abbia già rotto 10 anni fa, quando ha deciso di andarsene: Lorenzo Fioramonti insegna Economia nell’ateneo della capitale sudafricana, sarà candidato a Roma in un collegio uninominale ma è anche in corsa come ministro per lo Sviluppo Economico in un ipotetico governo Cinque Stelle. Ma è il dicastero chiave, quello dell’Economia, il più difficile da coprire: Di Maio ha aperto due canali, entrambi utili a rassicurare l’apparato di cui sopra. Uno è con Bankitalia, l’altro con il Fondo monetario internazionale, dove da qualche mese a rappresentare l’Italia è arrivato Alessandro Leipold, il cui incarico scade alla fine del prossimo ottobre. Ambiente e Agricoltura saranno affidati a due professori universitari, mentre per la Cultura Di Maio sta sondando professionisti del settore: in corsa c’è anche lo storico dell’arte Tomaso Montanari, che ha incontrato nei giorni scorsi. C’è ancora indecisione su Esteri e Interni: continua a prevalere l’ipotesi di affidarsi a un ambasciatore e ad un prefetto, ma cresce il dubbio che due “interni” possano poi rimanere incartati in beghe tra cordate, in quelle lotte intestine che non mancano nei corridoi della diplomazia e dell’amministrazione pubblica.

Fin qui i tecnici: poi ci saranno anche i politici. I nomi che Di Maio chiamerebbe a palazzo Chigi sono 5 o 6, un terzo dell’intero esecutivo. Tutti fedelissimi del candidato premier come Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e Danilo Toninelli. E le donne? Introvabili. La rappresentanza di genere è già stato un problema da affrontare alle Parlamentarie: vista la scarsità di autocandidature femminili, il Movimento ha dovuto provvedere a riequilibrare l’alternanza di genere come previsto dalla legge elettorale. Ora, anche per il governo, Di Maio brancola nel buio.

Poi c’è la partita dei collegi uninominali. Esclusi i “vip” Emilio Carelli e Gianluigi Paragone, il M5S non è riuscito a reclutare nomi di richiamo nazionale: ci sono molti docenti universitari e imprenditori – compreso l’amministratore delegato di Widiba, la banca digitale del Monte dei Paschi di Siena, Andrea Cardamone – e nel Movimento assicurano che hanno tutti un ottimo radicamento territoriale. Carta, spiegano, che sarà buona da giocare nelle sfide con i “catapultati” dagli altri partiti fuori dai collegi di provenienza. Tra i candidati sicuri il giornalista Primo Di Nicola in Abruzzo, l’attore Marco Acunzo in Campania e il presidente del Potenza Calcio Salvatore Caiata (temutissimo dal Pd). Nomi che verranno presentati assieme agli altri candidati in un evento a Roma, lunedì prossimo.

Certo, i calcoli di Di Maio potrebbero rivelarsi inutili e i sondaggi per ora non lo confortano, con il M5S, fermo al 27-28 per cento. Senza un vincitore, il dialogo con i partiti dopo il voto sembra più un’ipotesi da libro dei sogni. E i 5Stelle sono convinti che, in una situazione di stallo, il presidente Mattarella riporterà a votare immediatamente dopo aver archiviato il Rosatellum. Ecco, a quel punto Di Maio, passerà la mano per la regola dei due mandati o userà di nuovo la sua lista dei ministri, dopo aver chiesto il permesso agli iscritti sul web?

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