Contratto M5s-Lega, il partito del cemento ha già trionfato

20 Maggio 2018

Cinquanta giorni fa in questa rubrica avevamo avanzato il timore che il “parliamo di programmi e solo dopo di persone nascondesse un rischio: belle parole generiche avrebbero assunto con i nomi dei ministri una concretezza tutta da scoprire. L’esempio scelto era quello del ministero delle Infrastrutture: ci andrà un pentastellato rigorosamente schierato contro le grandi opere inutili o un leghista amico del cemento? La domanda era mal posta. Se nascerà il governo pentaleghista non ci sarà bisogno di attendere il nome del ministro. Basta leggere il “Contratto per il governo del cambiamento” sottoscritto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini: il partito del cemento ha già trionfato.

Il capitolo 27 (“Trasporti, infrastrutture e telecomunicazioni”) è dedicato per metà ai mezzi di trasporto privato e alla promozione di auto ibride e elettriche, car sharing e piste ciclabili. Ottimo. Ma non si parla di grandi opere, quelle contro cui il M5S ha combattuto per anni le sue battaglie. Non si parla della rendita delle concessionarie autostradali, anzi la parola autostrada non compare mai. L’unica opera nominata è il Tav Torino-Lione. Dopo anni di opposizione dura, il M5S consegna alla storia questo grido di battaglia: “Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”. C’è da sperare che chi ha prodotto la formula sappia esattamente quali spazi di ridiscussione integrale consenta l’accordo tra Italia e Francia. Colpisce comunque che un programma di governo che propugna la “ridiscussione dei Trattati dell’Ue” consideri intoccabile l’accordo bilaterale per un’opera inutile.

Il sospetto che gli interessi cementizi abbiano trovato ospitalità nel “contratto” si fa più forte leggendo le poche ambigue righe dedicate, senza nominarlo, al Terzo valico, la ferrovia che dovrebbe collegare il porto di Genova alla città di Voghera. Costo previsto per i contribuenti: 6,2 miliardi di euro per 56 chilometri. Il contratto Di Maio-Salvini contiene un inno alla più inutile delle opere inutili, come il M5S l’ha sempre definita.

Promemoria: parliamo di un’opera talmente inutile che per 20 (venti) anni Intesa Sanpaolo non ha avuto il coraggio di finanziarla. Appena il capo della banca Corrado Passera è diventato ministro ha mollato il conto da pagare allo Stato: è stata la prima decisione del governo Monti, addirittura precedente alla legge Fornero. Uno scandalo che il governo pentaleghista perdonerà. Il curriculum del Terzo valico non è brillante. Il direttore dei lavori Stefano Perotti è stato arrestato nel 2015, ha preso il suo posto Giandomenico Monorchio che è stato arrestato nel 2016 insieme a Michele Longo, uomo Salini Impregilo e presidente del consorzio costruttore Cociv.

Saranno tutti innocenti, per carità, ma è difficile credere che in quei cantieri miliardari regni la trasparenza. A tutto questo il “contratto” dà la sua risposta a pagina 49: “Senza un’adeguata rete di trasporto ad alta capacità non potremmo mai vedere riconosciuto il nostro naturale ruolo di leader della logistica in Europa e nel Mediterraneo. È necessario inoltre favorire lo switch intermodale da gomma a ferro nel trasporto merci investendo nel collegamento ferroviario dei porti italiani”. Sembra la propaganda del Berlusconi con la lavagna da Bruno Vespa. È esattamente la retorica del ferro con cui da decenni il partito del cemento assalta e spolpa le casse dello Stato. Una pluridecennale porcheria alla quale la Lega ha partecipato organicamente mentre il M5S protestava. Speriamo bene.

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