Via libera

Autostrade, con i soldi dei pedaggi italiani Benetton si prende la Spagna

Accordo col patron del Real Madrid per conquistare Abertis. Atlantia avrà poco più del 50% del capitale della holding che controlla la rete stradale iberica. Autostrade ha una redditività industriale stratosferica grazie alle tariffe regolate

Di Fabio Pavesi
15 Marzo 2018

Sono partiti molti anni fa con i maglioni e l’abbigliamento a buon mercato, ma hanno scoperto ben presto che i soldi, quelli veri e tanti, si fanno con i business monopolistici. Quelli regolati da tariffe e dove la concorrenza sui prezzi, che ha morso sempre di più il tessile-abbigliamento, è del tutto inesistente. Oggi non a caso il marchio Benetton è in crisi profonda, reduce da anni di perdite milionarie, mentre i business delle infrastrutture (dalle autostrade, agli aeroporti, alla ristorazione con Autogrill) in cui la famiglia di Ponzano Veneto ha pensato bene di investire alla grande, sfavillano di luce propria. E che luce. Ieri un altro tassello del gigantesco affare delle autostrade è andato a chiudersi. Atlantia, la capofila del gruppo nel settore delle autostrade ha trovato l’accordo con la Acs di Florentino Perez (proprietario della squadra Real Madrid) e la sua controllata tedesca Hochtief per papparsi la spagnola Abertis su cui Atlantia da sola aveva lanciato nel maggio scorso un’Opa da 16 miliardi sul 100% del concorrente iberico. Mossa che aveva fatto scatenare la controffensiva spagnola. Ora, dopo mesi, l’accordo a tre. Hochtief lancerà l’Opa in contanti su Abertis e a monte verrà costituita una holding dove Atlantia avrà il 50% del capitale più un’azione. Il gruppo dei Benetton entra così in Abertis dal piano superiore. Con un evidente risparmio di risorse.

Una mossa che la dice lunga sull’abilità della famiglia di Ponzano Veneto di giocarsi alla grande i suoi investimenti. Del resto, il business delle autostrade è da sempre un investimento a prova di rischio. E molto remunerativo. Basta scorrere i numeri di Atlantia che possiede Autostrade per l’Italia, la rete da 3 mila chilometri (solo in Italia) oltre agli Aeroporti di Roma cui si è aggiunto quello di Nizza e altri piccoli scali. La holding infrastrutturale, posseduta al 30% da Edizione, la cassaforte dei Benetton, sforna ogni anno numeri in costante crescita. Nel 2017, appena chiuso, Atlantia ha visto i ricavi salire e lambire i 6 miliardi contro i 5,4 di solo un anno prima. La crisi economica in Atlantia non si è mai vista. Nel 2010 il fatturato valeva poco meno di 4,5 miliardi. Eppure il traffico sulla rete autostradale negli anni bui era anche diminuito. A far salire in continuazione il fatturato c’è sempre la ciambella di salvataggio delle tariffe. Quelle non scendono mai, anche quando l’inflazione va a zero come è accaduto. C’è per tutti i gestori la tariffa regolata, concessa dallo Stato che remunera gli investimenti più un quid di guadagno sugli stessi. Quasi un paese di Bengodi per i concessionari: dai Benetton ai Gavio ai Toto.

Anche nel 2017 per Autostrade per l’Italia le tariffe hanno corso di più dell’incremento da volumi di traffico. Ed è proprio Autostrade per l’Italia l’asset più redditizio per l’intera Atlantia. La sola Autostrade ha fatto ricavi per 3,94 miliardi sui 6 miliardi di tutta Atlantia. Pagati costi operativi e del lavoro, Autostrade ha una redditività industriale stratosferica: su 3,94 miliardi di fatturato il margine operativo lordo è di ben 2,45 miliardi. Un livello del 62%. Livelli che pochi raggiungono. La stessa Abertis ha una redditività molto più bassa. Certo, si dirà, quella però non è la ricchezza vera che intascano i Benetton. Vanno spesati gli investimenti per i quali il governo concede gli aumenti tariffari. Ma in realtà è poca cosa. Incide poco, rendendo grassi gli utili della famiglia. L’utile operativo vale infatti nel 2017 ben 1,9 miliardi e il bilancio si è chiuso con un utile netto di 972 milioni in crescita del 19% sul 2016. Grasso che cola, così tanto da consentire ad Atlantia di dare ricchi dividendi ogni anno alla famiglia di Ponzano e ai soci di minoranza.

Dal 2012 al 2016 Atlantia ha girato, solo in acconto dividendi, denaro per la bellezza di 1,5 miliardi. Una vera cash machine, una macchina da soldi che spende sì in investimenti per la manutenzione e ha speso molto per la Variante di Valico, ma con una redditività così elevata si permette il lusso di portare a casa quasi un miliardo di utile netto su 6 miliardi di ricavi. Niente male per la famiglia veneta che ha capito già 20 anni fa che quel business era l’affare della vita. Basti pensare, come documenta R&S Mediobanca, che a primavera del 2017 Atlantia ha ceduto due pacchetti del 5% di Autostrade con una plusvalenza di ben 732 milioni. Ricchi, ricchissimi, un vero tesoro Autostrade/Atlantia per i Benetton. Laddove invece si confrontano con il mercato i successi non sono affatto evidenti. La Benetton, il marchio storico del gruppo è in crisi da anni, ha perso 280 milioni dal 2012 e ora l’anziano patriarca Luciano è tornato sulla tolda di comando per invertire il trend. Ma le perdite del marchio dei maglioni fanno solo il solletico al gruppo che siede sul tesoro delle autostrade italiane e domani anche spagnole.

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