Gaza, gli artisti si schierano per dire: ora basta. Musicisti, attori, registi e scrittori rispondono all’appello del Fatto. Ecco i loro pensieri
Il grido è ingigantito con il passare dei minuti. Sempre più. In ogni telefonata o sms il desiderio di urlare è diventata urgenza. Registi, attori, musicisti e scrittori: in tanti hanno hanno risposto alla chiamata del Fatto, mentre sull’onda lunga della Flotilla le piazze si riempiono per Gaza.
SONIA BERGAMASCO – Con le donne e gli uomini della Flotilla, che con un gesto concreto, politico e simbolico di immenso coraggio ci indicano la strada per essere al loro fianco. Perché la furia criminale di Benjamin Netanyahu venga bloccata, condannata, svergognata. Perché venga riconosciuto al popolo palestinese il diritto a uno Stato libero e autonomo. Perché i governi europei siano all’altezza di questo momento storico e non vinca la legge del più forte. Perché venga finalmente smascherata e punita la complicità del governo Trump con le mire coloniali di Israele. Perché ciascuno di noi si dimostri all’altezza di questo momento tragico della storia contemporanea. Per un mondo più umano.
ALESSANDRO BERGONZONI – Il popolo dei risvegli – “Umani” al potere, sordi d’anima e spirito, non capiscono geneticamente, né si vergognano. Passiamo al “sovrumano”, manifestar congenito reagire, in ogni modo: ispirare soccorrere meditare fare navigare pregare marciare scrivere occuparsi immedesimarsi. No alle “manie di grandezza” dell’umanità terminale che governa, ovunque, da due anni, deridendoci, e permette genocidi dell’amore come una serie tv. Sì alla sacra “mania di salvezza”. A ogni costo o in extremis: che deve succeder di più?
MIMMO CALOPRESTI – Terribile situazione a Gaza, una guerra che deve finire immediatamente. Un attacco senza limiti alla popolazione civile ridotta alla fame e all’inedia. Le urla dei bambini palestinesi devono essere ascoltate e Netanyahu deve dimettersi immediatamente. Basta fame e guerra a Gaza.
SERGIO CASTELLITTO – Il problema è la parola mistificata, a Gaza l’orrore viene chiamato errore. Mi chiedo, seduto dalla mia parte comoda, cosa sarà di quel bambino, del solito bambino ferito nel corpo, calpestata l’anima. Lui conosce la verità. Ci chiederà conto di questo nostro immane errore?
FRANCESCA COMENCINI – “Quello che sta succedendo a Gaza è un crimine contro l’umanità, l’impossibilità di pensare l’altro da sé insieme a sé. Il governo italiano rompa con questo governo di Israele e garantisca protezione a chi sta rischiando la vita per portare da mangiare a chi non ne ha, cosa che dovrebbe risuonare potentemente in orecchie che si professano cristiane.
SAVERIO COSTANZO – Sono stato nella striscia di Gaza, praticamente residente, tra il 2002 e il 2003. Ero ospite a Deir Al Balah a casa di Khalil Bashir e della sua famiglia. Lui preside di scuola secondaria, era un fervente musulmano, con un Phd all’università del Cairo su Margaret Oliphant e il femminismo nell’era vittoriana. Questa famiglia conviveva con una base militare dell’Idf letteralmente attaccata alla loro cucina. Tutto il resto del quartiere era stato espropriato e le case distrutte mentre Khalil era rimasto predicando ai suoi sette figli una convivenza pacifica: non rispondere alla violenza con la violenza. Perché andare via, diventare rifugiato, diceva citando Shakespeare, significa non essere. Oggi Khalil Bashir non c’è più e mi chiedo di continuo cosa direbbe di fronte all’escalation a cui assistiamo inermi tutti i giorni. Probabilmente direbbe quello che aveva sempre detto: non perderti d’animo Saverio, perché la vita sarà sempre più forte della morte, e anche di fronte alla politica più codarda e sanguinaria non farti vincere dall’odio. È attraverso l’odio che cercano di convincerti che hanno ragione loro.
GIGI D’ALESSIO – Purtroppo in questa occasione non potrò esserci, almeno fisicamente. Ma sarò lì con il cuore, insieme ai miei colleghi, perché è importante. Anche se forse servono a poco i messaggi che lanciamo dal palco, siamo tante voci, e siamo sempre di più. Bisogna avere il coraggio, perché la vita non ha religione, non ha partito, non ha nazione. Un bambino è un bambino in qualunque parte del mondo, a Napoli, a Gaza, in Ucraina, e la sua vita va protetta. Come si fa a pensare di costruire e fare i soldi su una terra inondata dal sangue di migliaia di morti? Bisogna essere senza cuore.
MAURIZIO DE GIOVANNI – Siamo stati testimoni di una delle tragedie più gravi della storia contemporanea e, oltretutto, testimoni silenti: le grandi democrazie e istituzioni occidentali sono state passive e rinunciatarie di fronte all’intollerabile situazione a Gaza. Si parla di guerra, ma c’è un solo esercito in campo, fermo restando la netta condanna degli attacchi di Hamas, un’organizzazione terroristica, non un partito politico. Tutto questo è intollerabile: porteremo tutti sulla coscienza questa tragedia e giustamente le generazioni future ci condanneranno per questo. Anche il cosiddetto accordo di pace è inaccettabile perché condotto senza i rappresentati veri del popolo palestinese, estromesso dal proprio territorio.
SABRINA FERILLI – L’operazione Flotilla è un atto di disobbedienza civile. Portare il cibo non è la priorità. Essa è il modo più tangibile per sollecitare il governo a una reazione ferma e di condanna verso la politica di Israele. Considerato che il governo in questi anni ha taciuto, trovo giusto che tramite questi volontari si sappia che c’è una maggioranza italiana che denuncia e inorridisce rispetto alla mostruosità che da anni vive la Palestina. Questa mostruosità si chiama genocidio. Vergogna.
ANNA FOGLIETTA – Non c’è buongiorno senza Gaza e non c’è buonanotte senza Gaza. In questo momento di crisi, la resilienza palestinese sta risvegliando in noi il senso di giustizia. I movimenti dal basso stanno crescendo e invitano alla reazione, con un grido condiviso per la tutela dei diritti umani. Donne, uomini si uniscono in una lotta per la giustizia e per imporre la nostra volontà, anche politica, di ristabilire una proporzione alle aberranti violenze che sta subendo il popolo palestinese. La tutela della vita deve essere posta nuovamente al centro delle agende della politica internazionale. La carta dei diritti del bambino, umiliata e offesa dal governo israeliano e dai governi silenti, deve tornare ad avere la sua centralità assoluta e indiscussa. La relatività e la sproporzione tra esseri umani sono la più grande offesa del nostro tempo e finché avrò voce desidero investirla come risorsa a servizio del bene comune. Oggi per il popolo palestinese, come ieri per il popolo ucraino e siriano. Domani per chiunque ne avrà bisogno e diritto.
GIORGIA – Quand’è che un’opinione o un giudizio sostituiscono l’umanità e la coscienza? Davanti a tutta questa gente ammazzata che diventa un peso sul cuore, è l’essere umano che deve parlare, e se non siamo più capaci di essere umani non meritiamo proprio niente di questa esistenza. Ciò che sta accadendo in Palestina è sintomo di tutto ciò che di più sbagliato c’è del nostro tempo, un tempo fuori tempo dove ancora ci si arma, si uccidono i bambini fingendo ideali, un tempo di potere e di interessi e in cui ancora ci si permette di avere opinioni sui principi alla base dell’umanità e dell’esistenza, principi che opinabili non dovrebbero essere, principi che dovrebbero essere saldi, soprattutto se guardiamo alla nostra Storia, dalla quale evidentemente non impariamo mai nulla. In queste ore la speranza è vedere la gente scendere in strada e avere quella spinta all’indignazione e al cambiamento. Un’impresa coraggiosa e pacifica, come la Flotilla, non dovrebbe essere giudicata e strumentalizzata, ma dovrebbe smuovere gli animi e dare speranza sul fatto che si possa tornare a essere umani, forse.
NICOLA LAGIOIA – Ho l’impressione che i nostri rappresentanti vivano, rispetto a Gaza, in un profondo stato di alienazione. È in atto una tragedia immane e l’Italia sta con i carnefici. Andare in piazza è così oggi il più alto esercizio di democrazia, significa costringere il potere a un bagno di realtà.
MANNARINO – Quello che accade a Gaza è un crimine contro l’umanità. Non serve girarci intorno, un popolo intero viene sterminato sotto gli occhi del mondo. Di qui passa il senso della nostra vita oggi: cosa significa essere umani. I popoli sono moralmente al di sopra dei governi, della politica e dei suoi sporchi affari, e oggi i popoli stanno scoprendo il loro vero potere, quello che viene dal senso naturale di empatia e di rifiuto dell’ingiustizia e della violenza pura. L’abominio non può passare come guerra o danno collaterale. In Palestina è in atto uno genocidio che ci tocca tutti, chi resta in silenzio è complice. La mobilitazione per Gaza nasce dal rifiuto di questa violenza disumana, e dal dolore che proviamo di fronte alle immagini del massacro, ma porta dentro molto di più: ci siamo stancati delle bugie, della propaganda, della violenza di un sistema di potere che prova ad annichilire e a manipolare l’umanità ogni giorno. La fratellanza nasce dall’empatia: sentire il dolore dell’altro come se fosse il tuo. È questo che ci rende davvero umani.
FIORELLA MANNOIA – La Flotilla ha fatto quello che il nostro governo e quelli di questa Europa pavida non hanno avuto il coraggio di fare, aprire un doveroso corridoio umanitario per portare aiuto a una popolazione allo stremo. Bisogna ricordare che quelle sono acque internazionali e quel tratto di costa appartiene a Gaza, non sono coste israeliane. L’orrore che sta avvenendo a Gaza e in Cisgiordania peserà per sempre sulle loro coscienze. Non nel mio nome.
PIETRO MARCELLO – Un saluto a chi mi ascolta… Registro questo messaggio innanzitutto per sostenere quella che è stata l’iniziativa della Sumud Flotilla. Sfidando il blocco imposto da Israele con coraggio e determinazione la Flotilla ha fatto quello che i governi non fanno… Tra chi ci governa prevale l’ignavia che distrugge qualsiasi utopia volta a un mondo migliore… L’Europa solo ottant’anni fa bruciava, e questa è l’ennesima crisi di una civiltà che si ripete nel tempo dove i più forti opprimono sempre i più deboli… attraverso guerre e fame… creando solo miseria umana… E allora, che fare? Forse nelle stagioni che verranno ciascuno potrà fare la propria parte… come i portuali bloccare i porti …. gli operai le fabbriche… e i giovani a opporsi a un sistema dove l’ingiustizia prevale. La disobbedienza civile è uno strumento che nessuno ci può negare… è la nostra libertà. Io, per esempio. quello che ho imparato a fare è filmare, documentare. È arrivato il momento di tornare per strada, tra la gente e raccontare questo nostro mondo… E attraverso l’autocritica rimettere anche in discussione la nostra industria culturale… Tutti quelli che conoscono la potenza del cinema come strumento di emancipazione possono impiegare le proprie competenze al servizio di qualsiasi forma di resistenza. Bisogna creare opinioni, stabilire relazioni, trasformare la solidarietà in azione concreta. Come scriveva Raoul Vaneigem: imparare a diventare umani è la sola vera radicalità.
EMMA MARRONE – Quello a cui stiamo assistendo a Gaza non è solo una catastrofe umanitaria, ma un vero e proprio genocidio. Ogni ora che passa segna la perdita di vite innocenti. È un attacco continuo alla dignità umana. La disumanità della situazione in Palestina è straziante, sotto gli occhi di tutti, ma nonostante ciò i leader mondiali restano impassibili. I governi devono agire ora per fermare la distruzione della vita nella Striscia di Gaza. L’indifferenza e la complicità non sono più opzioni accettabili. E per quanto riguarda noi – cittadini, esseri umani e parte di una società che vuole definirsi civile – ritengo che parlare sia fondamentale, ma non basta. Dobbiamo anche scegliere con chiarezza chi vogliamo che rappresenti il nostro Paese e i nostri valori, da che parte della storia vogliamo stare. Quanto sta accadendo in questi giorni dimostra che c’è ancora speranza. E se esiste, è grazie a chi, con coraggio e compassione, sta facendo sentire il proprio dissenso attraverso atti di pace, solidarietà e umanità. In un mondo che sembra aver dimenticato cosa significhi essere umani, ci sono tante persone pronte a dimostrare che non è troppo tardi per scegliere di stare dalla parte giusta.
MARIO MARTONE – Massimo rispetto per la Flotilla, che con coraggio fa venire allo scoperto tutta l’ambiguità della rete di sostegno a Israele. Crimine e pazzia, i termini esattissimi indicati da Nanni Moretti per definire il comportamento di Netanyahu, facciano riflettere il nostro governo e lo inducano a posizionarsi dal lato giusto della Storia.
STEFANO MASSINI – A stupirmi è il fatto che la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica occidentale è contraria al genocidio di Gaza. Eppure i governi non ne tengono conto. Credevamo che la rete controllasse ogni cosa, che muovesse equilibri e forzasse il potere, ma evidentemente non è vero: la scacchiera delle posizioni fra Stati blinda non solo le alleanze ma le connivenze e le complicità, perfino contro la volontà delle masse.
LAURA MORANTE – A Gaza si sta consumando un genocidio, un esercito dotato di armi tecnologicamente avanzate (in parte fornite anche dal nostro Paese!) sta sterminando una popolazione inerme, non soltanto con bombe, droni e mitragliatrici ma attraverso la fame, la sete e la sistematica distruzione di rifugi e ospedali. I giornalisti che hanno avuto accesso alla Striscia vengono uccisi perché non possano raccontare gli orrori ai quali hanno assistito. Ciò nonostante noi tutti ormai sappiamo quello che sta accadendo con la connivenza più o meno esplicita dei nostri governi. Facciamo sentire la nostra voce contro questa barbarie. La Storia non assolverà il nostro silenzio.
GABRIELE MUCCINO – L’8 ottobre era già tutto molto chiaro. Bastava voler vedere. Gli attacchi del giorno precedente sono diventati, immediatamente e per i mesi a venire, l’incidente perfetto (tralascio molti particolari) per giustificare l’inerzia del mondo in nome dell’autodifesa di Israele. La Corte internazionale di giustizia ha già riconosciuto l’esistenza di un “rischio plausibile di genocidio” e ha imposto a Israele misure cautelari, sistematicamente ignorate. Due anni di distruzione e trasferimenti forzati nella Striscia di Gaza – e oggi anche in Cisgiordania – compongono una cronologia che nessuno può più fingere di non vedere. Le acque di Gaza, già riconosciute dagli Accordi di Oslo come spazio vitale per la pesca, sono state ridotte da Israele a pochi chilometri, con restrizioni arbitrarie, sequestri e fuoco di avvertimento. Negli ultimi anni, con nuove misure militari, l’intero tratto costiero è stato di fatto trasformato in “zona proibita”. Non era il mare di Israele: era e resta il mare di Gaza. A questo popolo è stato tolto anche il diritto elementare alla dignità economica. Si continua a citare la cifra di 20.000 bambini uccisi, dimenticando però le migliaia di minori amputati e menomati, le famiglie affamate fino alla morte e i civili polverizzati sotto le bombe, di cui spesso non resta traccia. Ciò che viene colpito non è solo il presente: è il futuro stesso di un popolo, eliminato generazione dopo generazione. L’impunità non riguarda solo chi esercita il potere, ma anche chi si abitua a tollerarla. Ogni giorno che passa legittima la violazione delle sentenze dell’Aia, la manipolazione del mare, la distruzione delle regole nate dalle ceneri d’Europa. Il diritto internazionale non è un lusso accademico: è il filo che tiene insieme l’umanità. Se si spezza a Gaza, si spezza ovunque.
FRANCESCO MUNZI – Ho sempre creduto nella politica, quella organizzata e democratica, eppure oggi sono molto preoccupato per l’evanescenza, quando non assenza, delle istituzioni italiane ed europee nell’esprimere e soprattutto nell’agire il dissenso per il massacro in atto a Gaza. C’è bisogno urgente di ricostituire una collettività vigile, espressione di valori civili e umani. In questo momento storico così buio, confido molto nella coscienza e nella lucidità di singoli cittadini che si risvegliano da un torpore durato troppo a lungo e si uniscono per pretendere, pacificamente, dai governi, azioni efficaci e urgenti, in direzione della pace in Medioriente come anche in Ucraina.
MONI OVADIA – Per me vedere tanta gente nelle piazze è stata una vera rinascita: erano decenni che non succedeva, forse dai tempi della Brigata internazionale che difendeva la Spagna da franchisti e nazifascisti. Queste manifestazioni sono un segno di solidarietà e di fratellanza: un segno grandioso, straordinario, che dimostra la grande tradizione italiana di rivolta contro le ingiustizie e le violenze del potere. Una tradizione che non è stata sopita dagli anni del berlusconismo né da questo governo di ispirazione fascista e reazionaria. In piazza c’è l’Italia che si oppone al genocidio. Finalmente.
ROCCO PAPALEO – Purtroppo non ho potuto essere alla manifestazione, e mi dispiace perché sento che è un momento straordinario in cui il popolo può compattarsi e ribellarsi contro questa deriva guerrafondaia provocata da singoli che non rappresentano il sentimento di pace e fratellanza che anima la maggioranza delle persone.
PIERO PELÙ – La Palestina come il Congo come il sud Sudan come il Myanmar è il simbolo e la prova tangibile di come il colonialismo si trasformi ferocemente in violenza spietata su i popoli. Manifestare per la Palestina per me significa manifestare per tutti i popoli massacrati e per salvare le democrazie, i diritti umani e le leggi internazionali.
WILLIE PEYOTE – È importante far sentire la nostra voce nel silenzio delle istituzioni, quando anche “il diritto internazionale è importante sì, ma fino a un certo punto”, è lì che conta prendere posizione. Perché la situazione è diventata insostenibile. È assolutamente vergognoso quello che non fa il governo italiano, e allora dobbiamo essere noi, ovunque in Italia – come sta accadendo da giorni – essere il più possibile, per gridare con forza che chiediamo che questo genocidio si interrompa. Che si possano instaurare corridoi umanitari che siano stabili e sicuri, per scendere in strada tutti insieme a gridare una volta per tutte “Palestina libera”.
PIF – Come disse una partigiana tedesca, quando venne a conoscenza della storia di venti bambini ebrei uccisi dai nazisti: “Piangere non basta, adesso bisogna agire”. Riempire le piazze è il nostro agire. Manifestare il nostro dissenso contro l’atteggiamento del Governo è il nostro agire.
MASSIMO POPOLIZIO – Il genocidio del popolo palestinese, il comportamento criminale del governo israeliano ci OBBLIGA a prendere una posizione. DA CHE PARTE STIAMO? Senza SE e senza MA. Questo orrore scopre chi siamo.
BENEDETTA PORCAROLI – Opporci a uno sterminio è un dovere morale. Per Gaza, per la Palestina, e quindi per tutti noi. Siamo di fronte al punto più basso dell’umanità e non ci fermeremo fino a quando questo genocidio non sarà finito e la giustizia non farà il suo corso. Palestina Libera.
MICHELE RIONDINO – Quello che molto spesso i faziosi accusano chi si esprime e chi si espone per la questione palestinese è di non ricordare la tragedia del 7 ottobre: questa cosa non la sopporto perché personalmente io il 7 ottobre ho vissuto il dramma come se fosse stato un ennesimo 11 settembre, ho vissuto veramente la tensione del momento, ho visto quelle immagini e mi piangeva il cuore, vedevo quelle esecuzioni a sangue freddo e non mi capacitavo di come poteva essere possibile che la crudeltà umana potesse arrivare a tanto e quindi mi sono immedesimato in ognuno di quelle vittime che ho visto. C’era un ragazzo che guidava e che si è addirittura fermato quando ha visto uomini fermi e gli stessi uomini poi gli hanno sparato addosso. Per non parlare di tutti quei ragazzi che partecipavano alla festa, al rave, avrei potuto essere presente anch’io a quel rave perché quelle sono feste, là si balla, ci si diverte, si socializza e sono arrivati e hanno trucidato tutti. Io ho provato compassione, ho provato un dolore paragonabile a quello che ho provato quando ho visto sgretolarsi le torri del World Trade Center, quindi che cosa significa? Che l’empatia, la passione, la compassione, la pietà per quello che è successo il 7 ottobre è stata offuscata dallo stesso governo di Israele, cioè Israele non ci ha dato il tempo di piangere i suoi morti perché ha sostituito a una tragedia una tragedia ancora più grande, ancora più incredibilmente crudele, e quindi se oggi non stiamo a sottolineare gli oltre mille morti del 7 ottobre è perché Netanyahu e il governo israeliano ci hanno impedito proprio in termini di tempo di elaborare quello che è successo, che poi va anche analizzato perché è veramente incredibile che l’esercito più potente del mondo con l’intelligence più potente del mondo non abbia saputo fermare e soprattutto non abbia saputo colpire Hamas, così come ha colpito Hezbollah. Questi sono capaci di mettere le chip dentro i telefonini e invece per smantellare Hamas devono sventrare una città e abbattere una popolazione. Quindi la mia riflessione è proprio questa: Israele, il governo israeliano ci ha impedito addirittura di piangere i morti del 7 ottobre perché ha sostituito la tragedia del 7 ottobre con una tragedia ancora più grave e quindi quei morti non hanno potuto essere ricordati, non sono ricordati, non sono mai menzionati perché Israele ha cominciato a rispondere con una vergogna che ha subito, questo è il fatto.
RICCARDO SCAMARCIO – Il mio cuore è in pena e piange per la sofferenza e il dolore che il popolo palestinese sta vivendo. L’orrore al quale stiamo assistendo da troppo tempo deve finire immediatamente. Scendiamo in piazza e manifestiamo per difendere in nostri fratelli palestinesi. Palestina Libera!
ANTONIO SCURATI – È già accaduto molte volte in passato. Alcune donne e uomini coraggiosi, generosi – in tanti o in pochi – si sollevano contro l’ingiustizia, l’obbrobrio, il massacro. Denunciano, contestano, soccorrono. A rischio della propria persona, escono dalla zona protetta, entrano nel punto di bruciante contatto con la realtà. Sono inoffensivi ma risoluti, disarmati eppure pronti a tutto. Esponendo i propri corpi alla violenza, si mettono in marcia, in cammino, per via di mare o di terra, affermano principi, custodiscono valori, agitano simboli. Soprattutto, protestano contro un mondo regolato dal male. I perpetratori della violenza, i complici dell’obbrobrio, li stigmatizzano: velleitari, irresponsabili, terroristi. La storia sbugiarderà questi loschi calunniatori. È già accaduto molte volte in passato ma temevamo che non potesse più accadere in questo nostro presente fatuo e feroce. Le donne e gli uomini della Flotilla hanno dimostrato che è ancora possibile. Il loro gesto non basterà, purtroppo, a garantire la sopravvivenza fisica delle vittime dei massacri ma resta necessario alla sopravvivenza morale di tutti noi che li stiamo a guardare.
PIETRO SERMONTI – Sostengo da terra la Flotilla politicamente, emotivamente, e lo faccio da terra in modo convinto, dal mare imbarcandomi sinceramente io non ne ho il coraggio, questo è il vero messaggio.
TONI SERVILLO – La storia non ci ha insegnato nulla. Chi si oppone al massacro del popolo palestinese, tutti coloro che con ogni mezzo operano per la pace, sono tra i pochi che guardando agli errori fatali commessi nel passato cercano con ogni mezzo di evitare l’abisso in cui rischiamo nuovamente di precipitare. Chi opera per la pace chiede di restare umani. Ogni sforzo per restare umani è in questo momento di essenziale importanza. Facciamo ognuno, per quel che è in nostro potere, la nostra parte.
ELENA STANCANELLI – Uccidere non perché nemico in battaglia, non per scongiurare un pericolo, ma per eliminare un popolo, un’etnia, una razza, una religione odiata si chiama genocidio. E un genocidio è un incendio: una volta innescato non si ferma più. Brucia tutto, chi attacca e chi subisce, chi ha iniziato e chi ha finito. Non si salva nessuno, non ci sono, non ci saranno vincitori e vinti in questa carneficina. Gli israeliani annienteranno i palestinesi, li renderanno profughi, e in questo modo alleveranno i loro boia, per sempre. Dai conflitti si esce con la pace, e l’unica pace possibile è quella in cui ci si siede allo stesso tavolo, si mangia lo stesso cibo, si beve lo stesso vino. La pace si fa insieme, seppellendo l’orrore e ricominciando. Ma forse non è di pace che stiamo parlando, non più, ormai.
EMANUELE TREVI – Mi unisco idealmente, anche se non ho potuto partecipare perché fuori città, alle manifestazioni per Gaza e la Flotilla, una sorprendente presa di coscienza collettiva in questi tempi di indifferenza diffusa, un segnale straordinario che però non può né deve essere macchiato da episodi di violenza o incidenti.
PAOLA TURCI – Fallisce il tentativo del nostro governo di farci stare dalla parte sbagliata della storia. Milioni di persone si riversano in strada per dire che non saranno, non saremo complici del genocidio in atto a Gaza. Una marea umana di terra e l’altra, pacifica, coraggiosa, eroica, che dà una lezione al mondo con una traversata imponente e molto, molto rischiosa. Siamo con voi, con gli occhi e col cuore.
DANIELE VICARI – Il potere senza alcun limite sembra essere la caratteristica dell’epoca che stiamo vivendo e Gaza ne è diventata, suo malgrado, il tragico simbolo. Per questo la situazione laggiù suscita indignazione in una parte crescente del mondo, perché in ciò che sta accadendo su quel fazzoletto di terra l’ingiustizia è manifesta ma il potere pretende da tutti noi che la consideriamo una questione di “ordinaria amministrazione”, come cambiare lampadine o stappare tombini… Soprattutto il potere pretende che noi consideriamo i palestinesi come “superflui”, esseri che non hanno alcun diritto di essere lì dove sono. Infatti se si ribellano sono terroristi da schiacciare, anche i bambini lo sono, per questo vanno eliminati, affamati, deportati. Non conta la storia, infatti è inutile ricordare come si sia arrivati a questo punto. Non conta la morale, infatti è ridicolizzato in ogni modo il discorso sui diritti umani. Non conta nemmeno la religione perché i palestinesi siano essi cristiani, musulmani o atei-socialisti semplicemente devono andarsene dalla loro terra, perché quella terra fu di Abramo… Non ha senso nemmeno dire: sfamiamoli, perché è indifferente che quelle persone vivano o muoiano: sono di troppo. E bisogna ammettere che, per molto tempo, la gran parte del mondo abbia accettato questo discorso. Da qualche mese sembra invece che l’aria stia cambiando, gli occhi si aprano, le coscienze si muovano. Sperando che non sia troppo tardi, sembra aprirsi un discorso sul futuro. Il pericolo, per chi comanda, è che questa presa di coscienza cresca ancora, quindi prepariamoci: non sarà una reazione indolore, quella del potere. E noi dovremo essere all’altezza di quella reazione.
MASSIMO WERTMÜLLER – Gaza sembra inserirsi in un discorso più generale in cui tutto sembra galoppare verso una rovina. Mi sembra che per trovare un’altra epoca in cui la vita, anzi tutte le vite del creato, siano valse così poco bisogna tornare alla seconda guerra mondiale. È sempre la gente la prima vittima e spesso quella che è chiamata a risolvere ciò che la politica fa, non fa, o distrugge. Quindi per me, più in generale, servirebbe un cambio totale di mentalità, che è un cambio anche culturale, per rimettere al centro delle cose la sacralità della vita. Eco diceva che sarebbe stato bello se l’uomo avesse fatto della guerra un tabù, come ha fatto per l’incesto e tutti i tabù creati per sopravvivere. Nel frattempo, oltre a questo capitalismo assassino che ormai comanda tutto, mi chiedo chi ha messo alle leve di comando del mondo certe figure.
A cura di Maddalena Oliva. Testi raccolti da Alessandro Ferrucci, Stefano Mannucci, Federico Pontiggia e Camilla Tagliabue