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Giulio Deangeli: “Il segreto è saper studiare senza perdere la passione”

“In Italia a scuola si lavora di più, tuttavia si rischia di smarrire l’amore per le materie”
Giulio Deangeli: “Il segreto è saper studiare senza perdere la passione”
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Nei giorni scorsi è diventato virale il video di una ragazza scontenta del carico di studio di fine anno, dei programmi fitti, della disorganizzazione dei docenti, soprattutto a ridosso dell’esame di maturità. Ma come ci si può muovere nella vasta giungla dello studio e del sistema scolastico italiano? È davvero così difficile? Chiediamo a Giulio Deangeli, giovane plurilaureato (cinque lauree in sei anni) e ricercatore a Cambridge – che con la Scuola del Fatto Quotidiano ha creato un corso per aiutare a trovare il metodo di studio più efficace per superare gli esami e le prove scolastiche senza stress, oltre a un corso sull’Intelligenza artificiale – di aiutarci. E, magari, di aiutare anche genitori e studenti.

Deangeli, c’è davvero un problema di sovraccarico e fatica per gli studenti nella scuola italiana?

Certo, soprattutto nell’ultima parte dell’anno. Alcuni percorsi richiedono grande fatica.

Ed è positivo?

Forse è utile farla sperimentare un po’ ai ragazzi. Ma bisogna contestualizzare.

Cioè?

Da studente ho frequentato sia scuole italiane che estere. Mi ha permesso di comprendere le differenze, capirne pro e contro e soprattutto che non esiste un sistema migliore. Generalmente nelle scuole anglosassoni il carico di lavoro è inferiore e quindi si ha più tempo per perseguire propri progetti, si studia un numero inferiore di materie e in modo verticale. Il sistema italiano ha invece un carico più alto. Il lato positivo del sistema anglosassone è che gli studenti, concluso il percorso scolastico, seppur meno preparati odiano meno le materie che hanno studiato. In Italia, di contro, escono sicuramente molto più preparati ma è comune sentir dire frasi come “questa è l’ultima versione di latino che faccio in vita mia” o “non voglio vedere mai più un problema di matematica”. Forse ridurre il numero di nozioni ma far appassionare alla materia per il resto della vita, sarebbe un successo.

Certo, questo lascia un grado di arbitrarietà elevato…

Sì, e dipende comunque da come i ragazzi affrontano lo studio. Certo, se si pensa che in Cina gli orari di scuola sono generalmente dalle 7 di mattina alle dieci di sera, incluso il sabato…

Abbiamo quindi un problema di metodo?

Sì. Ovunque e anche in Italia. Impieghiamo circa trentamila ore a formarci. Problema: quante ne utilizziamo per capire come formarci? Zero. Ci si improvvisa e generalmente scegliamo male il nostro metodo di formazione. Anche quando ci valutiamo, lo facciamo ragionando sul breve termine. Pensiamo che ricordare qualcosa studiato da poco significhi che il nostro metodo stia funzionando. Ma sul lungo termine? Tra un anno? Rimarrà poco.

Gli studenti dovrebbero quindi prima di tutto conoscere come funzionano?

Esatto. Il metodo più diffuso per lo studio oggi è rileggere, peccato sia poco utile.

In collaborazione con la Scuola del Fatto Quotidiano hai preparato un corso proprio su questo.

Sì, è una piccola carrellata sui metodi, con pillole e consigli. Generalmente, funziona di più essere costretti a utilizzare le informazioni anziché fare un copia e incolla nella mente. Anche per ragioni evolutive, il nostro cervello premia le informazioni utili, quelle che vengono quindi utilizzate. Tutto ciò che è autotest, insomma, funziona. Anche ripetere ad alta voce a patto che non sia “a pappagallo”. Inoltre crediamo che più ci esponiamo al materiale, più lo ricordiamo: ma questo è solo parzialmente vero. Meglio riuscire ad accedere a quella informazione quando serve, il cosiddetto “recall”. Questo va esercitato più dell’esposizione, ma si fa poco a scuola.

Quanto contano i genitori?

Sono fondamentali per stimolare la motivazione perché nella scuola, salvo in casi di docenti illuminati, non viene fatto. Molti insegnanti sono appassionati della loro materia ma non spiegano ai ragazzi perché sia importante studiarla. Prima di iniziare a dare formule matematiche devono far capire perché è utile conoscerle. Solo dopo magari si capisce che non è un esercizio fine a se stesso. Basti pensare che ci sono problemi macroscopici ancora insoluti della matematica. Noi invece ci concentriamo solo sul dover imparare cose come se fossero definitive.

A settembre ci sarà poi un corso sull’Intelligenza Artificiale. È importante quanto il metodo nella formazione?

Sono entrambi aspetti essenziali per funzionare nel mondo della scuola: vorrei dare una sorta di alfabetizzazione sugli strumenti tecnologici di questo secolo. Molte critiche all’AI non riguardano errori intrinseci delle tecniche, ma il loro uso scorretto. Chat Gpt non sa fare un ragionamento elementare? Magari si sta usando una versione non adatta o già superata. Bisogna saper scegliere lo strumento giusto a seconda della richiesta.

Anche in questo caso, insomma, è questione di conoscere lo strumento.

Esatto. Partiamo dal web, dai cookies, dal come trattarli e perché, dal funzionamento dei server, cosa succede dietro le quinte, le Api, la sicurezza e la sua tutela online, la costruzione di un sito e ancora il machine learning e l’AI Generativa. Infine, come programmare in meno di un’ora nel linguaggio di programmazione che si vuole grazie all’AI. Il metodo, anche in questo caso: sintassi giusta, giuste indicazioni e linguaggio naturale. E tutto andrà per il meglio.

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