Educazione affettiva nelle scuole: è l’anno zero

Settembre 2024. Il deputato della Lega Rossano Sasso bolla così le risoluzioni di Pd e M5S sull’introduzione dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole: “Se Schlein e Conte ci tengono tanto alla propaganda gender, se la facciano nelle proprie sedi di partito e nei centri sociali, ma non nelle nostre scuole e all’insaputa delle famiglie”.
28 maggio 2025. Il senatore della Lega Gianluca Cantalamessa, nel commemorare in Aula Martina Carbonaro (che inizialmente chiama “Colombari”, poi si corregge), la 14enne ammazzata a sassate dal fidanzato 19enne ad Afragola, usa queste parole: “È stato un femminicidio, ma vorrei sottolineare che è stato l’ennesimo omicidio commesso da un ragazzino. Sono oltre 36 mila i reati commessi da minorenni. Chi commette questi reati sono (sic) delle bestie perché hanno ammazzato una ragazza perché voleva essere libera, ma sono bestie anche dei ragazzi che si mettono con dei coltelli, approfittano di essere in più e vanno ad ammazzare i loro coetanei. E se ci sono 36 mila reati commessi da minorenni, è chiaro che è un problema di educazione. Abbiamo ripristinato l’educazione civica, stiamo facendo i Giochi della Gioventù, abbiamo messo il 6 in condotta, nel decreto Caivano abbiamo tolto le misure di sostegno al reddito alle famiglie che hanno figli che non finiscono la scuola dell’obbligo. Ma evidentemente non basta. Ho presentato una proposta di legge d’istigazione a delinquere in materia di minori perché è vergognoso l’atteggiamento che hanno alcuni clan su TikTok che invitano i ragazzi ad andare a giocare con loro”.
Cosa c’entrino queste due dichiarazioni è presto detto: dall’autunno 2023 giacciono inerti, tra la commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera e quella del Senato, almeno sei disegni di legge, tutti simili, per l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Il 22 novembre 2023, sull’onda emotiva della morte di Giulia Cecchettin, ci si illuse che potesse cambiare qualcosa. Poi il centrodestra in Senato fece passare un odg che vide l’astensione di Pd, M5S e Misto. “Non siamo per le lezioni di educazione a ‘varie cose strane’ fatte dalle drag queen nelle scuole in rappresentanza di circoli intitolati a personaggi quanto meno imbarazzanti”, commentò da FdI Lucio Malan riferendosi a due odg dalle opposizioni. Nessuna proposta riporta alcun riferimento al “gender”. Ma se l’educazione, secondo la Lega, sta tutta in quella civica e nei Giochi della Gioventù, allora è chiaro che la misura che le associazioni e i centri antiviolenza chiedono a gran voce, e da anni, non vedrà mai la luce. Anche perché il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a fine aprile – all’indomani, cioè, dei femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula –, ha annunciato il varo di un ddl che, qualora passasse, prevederebbe “l’espressione di un consenso informato da parte dei genitori prima che gli studenti minorenni possano prendere parte a lezioni, seminari o attività curricolari o extracurricolari vertenti su materie di natura sessuale, affettiva o alle relazioni interpersonali”. Proposta che ha fatto esultare il leghista Sasso.
“Se una cosa richiede un consenso è perché è considerata facoltativa e non necessaria. Significa che il ministro è il primo a non ritenere necessario un simile provvedimento”. La senatrice 5S Alessandra Maiorino è tra i firmatari del ddl 979 presentato il 22 dicembre 2023 (uno analogo era stato presentato alla Camera un mese prima): “Nel nostro testo prevediamo che i percorsi coinvolgano i genitori, non per metterli in allarme, ma perché bisogna fare dei passi avanti tutti insieme”, commenta al Fatto. “Le famiglie sono già coinvolte nei progetti scolastici – le fa eco la collega Cecilia D’Elia del Pd, anche lei firmataria di un ddl –. C’è un patto educativo che lega gli istituti scolastici ai genitori”.
La domanda fondamentale da porsi è se e quanto bisogna finanziare il nuovo insegnamento. I ddl presentati variano da zero a 10 milioni annui a 200 milioni in tutto. “Non è possibile prevedere un costo zero – spiega Celeste Costantino, ex parlamentare e oggi vicepresidente della Fondazione Una nessuna centomila – perché altrimenti non è credibile. Servono i soldi per finanziare la formazione dei docenti, per esempio, che sono poi coloro che dovranno andare a insegnare la materia ai ragazzi”. Costantino, nel 2013, aveva presentato una proposta di legge “rispetto alla quale l’Italia non era pronta. Ma oggi non è così: con la Fondazione andiamo nelle scuole, anche perché sono le stesse famiglie che ce lo chiedono. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, sono arrivate centinaia di email da genitori preoccupati. La società è molto più avanti della politica”. La Fondazione, che promuove la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne, ha commissionato all’Università Bicocca di Milano una ricerca per tracciare il profilo accademico necessario alla formazione di insegnanti di educazione sessuo-affettiva e definire le strade normative per l’introduzione nel nostro ordinamento: “L’Italia è uno dei pochi Paesi europei che non ce l’ha e non ci si può limitare a dire che non esistono Linee guida. La letteratura scientifica, anche italiana, ha già definito cos’è il corpo, quali sono le sue esigenze. Non c’è ideologia. Semmai nella politica c’è ideologizzazione: chiedi il consenso perché temi che ciò che dici possa non essere accettato”. Ma serve una riforma complessiva, non basta un ddl: “Va inserita come materia curricolare, in modo da evitare che sia questa o quella associazione a occuparsene o che si determinino scuole di serie A e di serie B. E vanno trovati i fondi per finanziare formazione e insegnanti”. Le scuole, come abbiamo scritto ieri, sono lasciate sole: cosa si insegna nelle 33 ore previste di educazione civica è rimesso alla discrezione dei singoli dirigenti.
“Siamo davanti a un baratro che ingoia le giovani generazione e di fronte al quale non bisogna lasciare nulla di intentato”, spiega Maiorino. “Metto a disposizione la mia proposta, lavoriamoci insieme, ma abbassiamo le barriere ideologiche”, chiosa D’Elia. Anche quelle che continuano a parlare di “bestie” non distinguendo culturalmente i femminicidi dagli altri reati commessi dai minori.
Nell’articolo a firma di Silvia D’Onghia dal titolo “Educazione affettiva nelle scuole: è l’anno zero”, pubblicato il 30 maggio, sono contenute affermazioni certamente errate.
Il ddl sul consenso informato da me presentato ad aprile non attiene al tema della affettività o delle relazioni interpersonali, riguarda invece esclusivamente l’argomento della sessualità ad eccezione di ciò che è previsto nei programmi scolastici, ovverosia ad eccezione della educazione alla conoscenza del corpo umano, della riproduzione e della sessualità biologica.
Il consenso informato si riferisce cioè alle teorie sulla identità di genere ovvero alla cultura gender che nulla ha a che vedere con il tema dei femminicidi e della violenza sulle donne.
A settembre 2024 per la prima volta nella storia della scuola italiana è stata inoltre introdotta nei corsi di educazione civica proprio l’educazione al rispetto verso la donna e la educazione alle relazioni. Argomento che viene ripreso con un apposito capitolo anche nei nuovi programmi scolastici.
Giuseppe Valditara
Ministro dell’Istruzione e del Merito
Ringraziamo il ministro Valditara per la precisazione. Temo non cambi, però, lo stato delle cose: come abbiamo scritto, all’interno delle ore di Educazione civica si trattano gli argomenti più vari (dalla Costituzione all’ambiente ai diritti degli animali) e tutto è demandato alla sensibilità dei singoli dirigenti scolastici. Oltre tutto, in assenza di docenti formati adeguatamente rispetto all’insegnamento della materia specifica. Laddove, inoltre, si ricorra a un supporto esterno (psicologi, associazioni, esperti, ecc), il coinvolgimento delle famiglie è già previsto.
Ribadiamo che senza una riforma complessiva, che preveda l’inserimento dell’educazione sessuo-affettiva come materia curricolare, destinando a tal fine le adeguate risorse economiche, la “profonda svolta culturale e sociale” di cui ha parlato giovedì scorso la presidente Meloni non si avrà. Ciò che è stato fatto, evidentemente, non basta.
Ci piacerebbe, a questo punto, intervistare il ministro Valditara per capire quali ulteriori misure intenda adottare al fine di formare le nuove generazioni al rispetto per l’altro.
Silvia D’Onghia
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