Milano, cemento & Gintoneria: ciechi gli intellettuali snob
Sì, li vedono i problemi di Milano. Li ammettono, li elencano educatamente: l’aumento delle diseguaglianze, il divario fra ricchi e poveri, la crescita del costo delle case dopo il massiccio arrivo di capitali e investitori stranieri, il sovra-turismo, la quantità di persone che dormono per strada, la paura diffusa che accresce l’insicurezza e la percezione della microcriminalità. E poi: l’onnipresenza dei bar da movida, la foodification, l’eccesso di comunicazione che ha trasformato la città in un eventificio, in un noioso seguito di “week”…
Sono rimasti in pochi a dire che Milano è fighissima e va bene così. Cemento & Gintoneria. Una metropoli con i prezzi di Londra e gli stipendi italiani. No, anche quelli che lo dicevano fino a ieri, magnificando le magnifiche sorti e progressive della città in cui il bosco è verticale, oggi si correggono e accettano di discutere di Salaland, ammettendo anche che forse non sarebbe male aprire a qualche correttivo.
Ne discutono sulle pagine milanesi di Repubblica, nei salotti eleganti ma sobri del centro. I problemi che elencano, però, li guardano da dentro la loro bolla. Con il distacco di un marziano e la riconoscenza dovuta a chi ha concesso loro posti e visibilità nel Sistema Milano, sempre generoso con chi si lascia cooptare nella cerchia dei creatori di consenso. Non indicano la causa dei problemi che pure elencano. Dicono: sono problemi che arrivano insieme allo sviluppo; è così in tutte le metropoli dell’Occidente. Oppure (da sinistra): è colpa del capitalismo.
No, cari amici del buon pensiero. C’è una specificità del Modello Milano. Non è inesorabile che si arrivasse alla mutazione genetica della città, con 400 mila persone espulse negli ultimi anni perché qui costa troppo vivere. Non è inesorabile rendere la città il paradiso fiscale dell’immobiliare. Non è inesorabile instaurare la dittatura della rendita, in una città che un tempo era metropoli del fare e del sapere e oggi ha invece come driver dello sviluppo il padrone dei muri. Si poteva fare meglio, anche restando dentro il capitalismo, senza sognare rivoluzioni impossibili e comode per giustificare tante ignavie, tanti silenzi di sinistra.
A Monaco di Baviera, seconda città in Europa per investimenti immobiliari, gli operatori immobiliari lasciano ai cittadini il 30% del valore estratto. A Milano, prima nella classifica europea dell’attrattività, solo l’8%. Perché i nostri amministratori, i nostri politici del place to be, non vanno a Monaco (che non è proprio una enclave del comunismo) a imparare come si può gestire il territorio senza esagerare con la Scia e con le “ristrutturazioni” di garage trasformati in grattacieli di 24 piani? La follia dei neofiti genera mostri.
È tempo di ammettere gli errori e cambiare la rotta. Siete ancora in tempo, invece di mettervi “in attesa” di nuove Salva-Milano, questa volta usando come scudo umano chi ha comprato appartamenti in torri sotto indagine giudiziaria perché ritenute abusive. Ci sono anche i diritti degli altri cittadini, quelli a cui sono stati tolti luce, aria e vista (e valore immobiliare dei loro appartamenti deprezzati) a causa dei nuovi grattacieli costruiti nei cortili. Cari amici del buon pensiero che amate Milano così com’è e difendete gli scempi edilizi e sociali compiuti negli ultimi anni: sappiate che è anche colpa vostra se Milano oggi è così.
Avete applaudito sempre, pensato mai. Eppure un tempo c’era chi aveva un pensiero sulla città, chi faceva ricerca e ragionava, come per esempio Guido Martinotti. Poi è arrivato il tempo della morte del pensiero critico, della riflessione creativa, del contrasto dialettico, della difesa della città pubblica. È subentrata una piccola intellighenzia ignava e venduta, professori a gettone, intellettualini delle week cittadine, che se ne stanno comodi nelle loro amache, nei circoletti. Fuori, c’è la città, che non vedono neppure più.
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