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Husam El Goumati: “Hackerato mentre mediavo coi servizi per liberare 5 libici”

Pronto a mettere i passaporti degli 007 online, ma mi chiesero di non farlo
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Davvero un bel tipo Husam El Goumati. Su Facebook si definisce un imprenditore 35enne che vuole un futuro migliore per la Libia. Ieri The Guardian ha raccontato che, come Cancellato e Casarini, il suo telefonino è stato hackerato dal software spia Paragon. Per Il Giornale (“Il piano contro l’Italia: diffusi sui social i passaporti dei nostri 007”, 31 gennaio 2025) avrebbe diffuso la foto del passaporto del capo dell’AISE, Giovanni Caravelli, su Telegram. Lui smentisce ma Fausto Biloslavo, autore dell’articolo, al Fatto conferma di aver visto con i suoi occhi la chat su Telegram. Comunque sia ieri l’influencer libico ne ha fatta una grossa. Ha pubblicato su X e Facebook una foto di un aereo e accanto la notizia che il capo dell’intelligence italiana sarebbe andato il 28 gennaio a Tripoli a incontrare il procuratore generale Sidiq Al -Sour Dbeibeh.
Lo abbiamo intervistato.

Ci può spiegare meglio che cosa sarebbe stato questo incontro?

C’era Giovanni Caravelli e dalla parte libica il procuratore generale Sidiq Al-Sour

Ma lei è sicuro?

Al 100%

La foto sul suo profilo X è quella dell’aereo atterrato?

Sì, quello è l’aereo che ha portato Caravelli.

E, se davvero c’è stato, cosa si sono detti nell’incontro?

Si è discusso di due questioni, ma non ne posso parlare adesso. Per la sicurezza delle mie fonti.

Si è parlato del caso Almasri?

Si è emerso durante l’incontro

Lei ha pubblicato sui social il passaporto del direttore AISE Caravelli?

Non ho mai portato a conoscenza del pubblico questi documenti. Ne ho parlato solo con poche persone amiche.
Mi dissero che questi documenti erano estremamente sensibili e che gli italiani non volevano che fossero pubblicati ed erano molto nervosi. Questo accadeva nel dicembre 2024. In quel periodo io stavo seguendo il caso dei tre calciatori detenuti in Italia perché condannati come trafficanti di uomini. Mi dissero l’intelligence italiana poteva aiutarci e mi chiesero di non pubblicare i documenti. Così feci. A dicembre, il procuratore generale con il capo del parlamento libico Aguila Saleh sono venuti in Italia e hanno raggiunto un accordo con Giorgia Meloni.

Ma lei era coinvolto?

Nel backstage. Era un accordo pienamente legale. Quando abbiamo visto che Al Masri è stato liberato è cambiato tutto.

Perché Almasri è stato liberato?

Perché, come diciamo noi hanno dormito nello stesso letto. Il governo italiano è veramente molto coinvolto con la milizia libica. Sanno molte cose. E hanno il potere di ottenere la liberazione.

E i suoi documenti?

Innanzitutto, abbiamo pubblicato la fotografia che voi tutti avete visto con Almasri che sorride e scende giù dall’aereo con la bandiera italiana. Sono stato io a far pubblicare quella fotografia. Sapevamo dal giorno prima che sarebbe stato liberato. Con certezza.
Poi ho cominciato a pubblicare il passaporto del capo della sicurezza dell’ambasciata libica a Roma.

E quello di Caravelli?

Quello non la ho mai pubblicato. Ho solo fatto sapere a persone vicine all’intelligence europea che avevo quei documenti. Sono uscite molte cose sbagliate su di me. Io non sono legato ai francesi, non ho una relazione particolare con quel miliardario libico e non ho mai lavorato per il governo come si sosteneva in quell’articolo.

Quando è stato sottoposto ad hackeraggio?

Meta mi ha detto a dicembre. Proprio quando io ho cominciato a rilasciare informazioni imbarazzanti. A gennaio c’è stato il caso Almasri e quindi il timing è perfetto.

Cosa farà ora?

Darò il telefonino a Citizen Lab a Toronto e poi ad altri periti in Svezia per capire quello che è accaduto. Lunedì vedo l’avvocato. Se ci fosse una responsabilità italiana, cioè di un paese del primo mondo nel fare qualcosa di simile contro giornalisti e attivisti civili, sarebbe molto grave. Non ho la certezza che ci sia coinvolgimento dei servizi segreti italiani, ma ci sono alcune impronte che fanno pensare.

Perché porterebbero verso l’Italia?

Innanzitutto, il timing. Poi la società Paragon ha stoppato il contratto con il governo italiano. Tutte le tre persone spiate, il giornalista l’attivista e me, si occupano di questioni che interessano all’Italia. Penso che farò un’azione legale contro Meta solo perché Meta poi faccia causa a Paragon e questa poi ci spieghi in tribunale perché ha chiuso il contratto con l’Italia.

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