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Le minacce armene, le spie e l’attentato a papa Wojtyla

Le note del Sismi e del Sisde svelano le intimidazioni del gruppo terroristico dell’ASALA al pontefice, alle gerarchie vaticane e al governo italiano già nel 1977
Le minacce armene, le spie e l’attentato a  papa Wojtyla
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Il mio libro Il papa deve morire, come molti fatti umani importanti è nato per caso, senza una volontà precisa e in modo incosciente.

In una calda mattina di luglio 2023, mi trovavo davanti al Pc e un pling mi ha distolto dall’attenzione. Si trattava di un’email. Era di un amico di Roma: “Mi trovo all’Archivio di Stato e ho trovato questi documenti che ti allego. Ti possono interessare? Io sto cercando altro, ci sono arrivato per caso ma pensavo che forse a te sarebbero interessati”.

Erano una quindicina di documenti riprodotti. Comincio a darci un’occhiata, si trattava di servizi segreti (SISDE e SISMI), questura di Roma, informative dei carabinieri, anche un telegramma dalla sede della polizia vaticana. Non erano in ordine ma presi a casaccio qua e là. Quello che mi parve subito evidente è che tutti trattavano di minacce di morte al papa polacco Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II.

Più leggevo e più rendevo conto che il gruppo terroristico armeno dell’ASALA stava minacciando di morte il papa e di attentati le gerarchie vaticane e il governo italiano. Tutto questo molto prima dell’attentato compiuto al papa da Mehmet Ali Agca il 13 maggio 1981. I famosi tre colpi.

Perché nessuno ne aveva parlato prima? Perché gli armeni avrebbero minacciato di morte il papa? Che ragioni avevano per farlo? E poi l’attentatore, Ali Agca, non era armeno, bensì turco, perciò che ci azzeccava con gli armeni uno così?

Mi precipito a Roma e mi reco all’Archivio Centrale di Stato e chiedo di poter visionare lo stesso faldone. Dentro trovo, insieme ad altre, la cosiddetta “busta”. Una cartella verde stinto piena di documenti. Sopra c’è scritto a pennarello verde: Armeni. Li sfoglio e mi meraviglio di ciò che trovo. Fotografo tutto.

C’era una storia. C’erano minacce al papa e un mistero da risolvere.

Apprendo che il gruppo terroristico dell’ASALA minacciava di morte il papa per via di un’organizzazione, che stazionava in orbita vaticana, appoggiata dal dipartimento di Stato americano nella persona di Henry Kissinger e protetta dal governo italiano, che si occupava di espatriare gli armeni dall’allora Armenia sovietica e li portava a Roma, dove venivano fatti alloggiare in 16 pensioni “convenzionate”, prima di essere trasferiti negli Stati Uniti.

Non qualche decina, migliaia ogni anno. Accuditi e protetti dalle associazioni in orbita vaticana: WCC (Consiglio Mondiale delle Chiese), Hias, Ucei e altre e quelle che gravitavano intorno agli interessi americani, la Tolstoj Foundation (fondata dalla figlia dello scrittore Lev Tolstoj) e dalla Rav-Tov, che si occupava in modo principale di espatriare gli ebrei, sempre in transito su Roma, direzione USA.

Le minacce si ripeterono tra il 1977 e il 1983, ben oltre l’attentato del 1981 di piazza San Pietro.

Qualcuno potrebbe pensare che i profughi lasciassero la loro terra via mare, con carrette scassate, o via terra stipati su pullman stracolmi e puzzolenti, niente di più falso. Gli armeni lasciavano l’Armenia sovietica in aereo! Spesati di ogni cosa e alloggiati a Roma. Altro che barconi!

Il gruppo terroristico dell’ASALA, che voleva rivendicare le terre usurpate dai turchi durante il Genocidio del 1915 e ricostruire la grande Armenia, non poteva sopportare che i loro territori fossero svuotati di migliaia di insegnanti, medici, ingegneri e giovani famiglie con figli piccoli, in favore degli Stati Uniti.

L’ASALA, che non conoscevo bene prima di cominciare questa indagine, negli anni, soprattutto tra il 1975 (anno di fondazione a Beirut, nel campo del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina di George Habash) e il 1985, si macchiò di oltre 250 attentati con bombe e 24 morti accertati in tutta Europa, comprese Roma e Milano.

Durante la stesura del libro scopro anche che il governo italiano ha intavolato, fin dall’aprile del 1980, una trattativa a Beirut con i vertici dell’ASALA, mediata dall’Olp di Yasser Arafat. Al primo punto dell’accordo, in tre punti, che si conclude nell’agosto del 1983, c’era proprio la chiusura delle pensioni e la fine dell’espatrio degli armeni. La firma sotto l’accordo è dell’allora ministro degli Interni e futuro presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.

Dopo aver trovato tutti i documenti esclusivi che raccontano questa storia, alla fine oltre 480! Mi risolvo a chiamare l’ex magistrato Ilario Martella, che si è occupato, nel 1992-93, di redigere l’istruttoria per il processo a Mehmet Ali Agca, quella che passerà alla storia come la cosiddetta “pista bulgara” e gli racconto quanto ho trovato.

Dall’altra parte della comunicazione registro dei “nessuno mi aveva detto nulla… apprendo questi fatti solo ora… a me tutto questo era sconosciuto…”.

Dalla reazione del magistrato deduco che i Servizi segreti non gli hanno raccontato che c’erano delle minacce armene alla vita del papa, prima dell’attentato di Ali Agca e che si era svolta addirittura una trattativa in merito. Ilario Martella mi racconta, inoltre, che incontrava Oscar Luigi Scalfaro ogni settimana, ma mai gli aveva raccontato di una trattativa, tantomeno a Beirut e con gli armeni.

Mi invia inoltre i virgolettati delle sue richieste a Ninetto Lugaresi (capo del SISMI) e Lorenzo De Francesco (SISDE), del novembre 1983, dove chiedeva se ci fossero delle novità circa la sua istruttoria che si stava concludendo e la risposta era stata che non c’era niente di nuovo e di continuare così.

Ma l’ultima minaccia armena di morte al papa era solo dell’agosto precedente, mentre si trovava a Castelgandolfo e si è risolta in posti di blocco, forze dell’ordine ingenti ed elicotteri a sorvolare la zona.

Ma non sono le sole informazioni che gli vengono taciute. Da un documento polacco, desecretato dal 2014 e che mi è stato inviato dal governo polacco (che ringrazio), si apprende che Mehmet Ali Agca è transitato da Belgrado nel marzo 1981 (2 mesi prima dell’attentato!) e si è presentato all’Ambasciata italiana richiedendo un visto per il nostro paese. Il visto gli viene rifiutato con la giustificazione che era sospettato di appartenere al FPLP di George Habash. Ma la nostra legazione diplomatica invia comunque una richiesta alla questura di Roma che risponde di rifiutare il visto perché Ali Agca è “manovrato dai servizi israeliani”, il Mossad.

Un po’ troppo è stato taciuto, mi sembra dai nostri Servizi, sull’attentato a papa Wojtyla.

Con la speranza che la commissione parlamentare Gregori/Orlandi acquisisca il libro, lascio al lettore il compito di svelare il mistero contenuto nelle sue pagine.

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