Il direttore del Foglio scrive una cosa falsa contro di me e contro il Fatto. Claudio Cerasa non fa il mio nome, ma non si può chiedere di più a chi si firma con la ciliegia. La prossima volta speriamo in un disegnino. Con sintassi traballante scrive: “Indovinate qual è l’unica condanna che vi è stata nei processi contro Renzi, maggiormente cavalcata dal Fatto? Semplicemente quella contro un giornalista del Fatto, condannato perché il maggiore Scafarto … a quel giornalista passava atti coperti dal segreto”. Falso. Non c’è nessun giornalista del Fatto condannato. Ovviamente il condannato, solo in primo grado (particolare non citato dalla ciliegia garantista a senso unico con i potenti) non è chi scrive, ma eventualmente chi rivela, nell’ipotesi di accusa. Il giornalista innominato non è stato mai condannato né indagato. Ma l’errore ci svela il baratro di ignoranza di Cerasa sui fondamentali della professione. I giornalisti hanno il dovere di pubblicare le notizie segrete d’interesse pubblico di cui vengano a conoscenza. Non a caso Cerasa aggiunge che l’innominato “ha fatto anche di peggio… un atto incredibile: pubblicare le intercettazioni di Renzi con il padre”. Nel mondo del Foglio ciò sarebbe peggio di un reato (inesistente). Perché “quelle conversazioni non potevano essere usate dai pm. Andavano stralciate e sono finite su un giornale. È il fango quotidiano bellezza!”. Peccato che le conversazioni Tiziano-Matteo Renzi siano state trascritte dai Carabinieri e depositate dai pm nel fascicolo a disposizione dei difensori. Nessuno stralcio, anche perché Renzi non era parlamentare né premier nel 2017. La conversazione col padre indagato riguardava l’incontro di Tiziano col coindagato Romeo. Come fa un giornalista a dire che non andava pubblicata? Infatti Cerasa lo dice. Tra i miei principi c’è sempre stato quello di non querelare i giornalisti. Stavolta querelerò il direttore del Foglio perché in fondo sento di non violare quel principio.
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