L’intervista

Il professor Paolo Liberati: “Un fisco diseguale spingerà a ridurre la spesa pubblica”

Professore a Roma Tre - "Ormai ogni revisione del sistema diventa il pretesto per una sanatoria"

4 Marzo 2024

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Ancora più disuguaglianze tra contribuenti con lo stesso livello di reddito. E una promessa, la flat tax per tutti, che se attuata rischia di sfociare in un calo del gettito, rendendo inevitabile tagliare i servizi. Paolo Liberati, ordinario di Scienza delle Finanze a Roma Tre, immagina così le conseguenze di lungo periodo della delega fiscale del governo Meloni.

Che idea di sistema fiscale ne esce?

Il ddl individua obiettivi come la crescita economica e la natalità, mentre sembra dimenticare che lo scopo principale del prelievo è finanziare la spesa pubblica. Invece che stabilire di quanto gettito avremo bisogno in futuro per garantire quel finanziamento, si fa passare la narrazione che la spesa per prestazioni sociali dovrà per forza ridursi perché mancano risorse. Ma in parallelo si continuano a concedere regimi di favore ad alcune categorie.

Per esempio?

Regime forfetario per gli autonomi, cedolare secca sugli affitti, flat tax incrementale, imposta sostitutiva su redditi da capitale e plusvalenze. Anche questa delega – come gli interventi dei governi precedenti – non affronta la frammentazione e la amplifica: estende la cedolare, punta a un’imposta sostitutiva anche su 13esime, premi e straordinari dei dipendenti.

Perché la frammentazione è un problema?

Non è più rispettato il principio dell’equità orizzontale: a parità di capacità contributiva si paga un’imposta diversa a seconda della fonte da cui il reddito deriva. L’Irpef viene versata per oltre l’80% da dipendenti e pensionati, perché gli altri redditi godono spesso di trattamenti più favorevoli che escono dalla progressività. Così il sistema tributario perde coerenza interna e diventa il risultato dei rapporti di forza tra la politica e singole categorie di contribuenti.

Come orizzonte di lungo periodo un’aliquota piatta per tutti…

Sarebbe un ulteriore elemento di frammentazione. Mi immagino che, se mai avverrà, produrrà minori introiti Irpef. Ma Irpef e Iva forniscono il 60% del gettito.

Anche l’Iva sarà rivista.

Si discute dell’introduzione di un’aliquota zero per beni di prima necessità, ma fare redistribuzione agendo su quell’imposta non ha senso: sono più efficaci i trasferimenti monetari ai meno abbienti. È un altro segnale dell’indisponibilità a intervenire attraverso la spesa pubblica.

Il “graduale superamento” dell’Irap, che finanzia il fabbisogno sanitario, va nella stessa direzione?

Si pensa di sostituirla con una sovraimposta Ires. Tenendo conto anche del progetto dell’autonomia differenziata, il rischio è che in sanità siano ridotti anche i servizi essenziali, aumentino le liste di attesa e si debba ricorrere massicciamente al settore privato.

Cosa pensa del concordato preventivo?

Autonomi e fisco si accorderanno su un reddito stimato su cui saranno calcolate le imposte per i due anni successivi e sui guadagni superiori a quella soglia ci sarà un’aliquota marginale pari a zero. Se venisse spiegato così, forse molti avrebbero qualcosa da ridire.

Prima della delega, con la manovra 2023 sono arrivati i condoni.

È una sconfitta. Sembra che qualsiasi revisione del sistema diventi il pretesto per una sanatoria. E nel frattempo non si affrontano le ragioni per cui non si riesce ad accertare e riscuotere.

Nel ddl si conferma però l’intenzione di consentire l’incrocio delle banche dati per la lotta all’evasione.

Condivisibile. Quando il fisco potrà controllare capillarmente ogni contribuente cadrà ogni giustificazione per trattamenti di favore presentati come strumenti per far emergere il nero.

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