“Declino senile”

Biden può tenere la valigetta nucleare?

Niente intervista al Super Bowl - Dopo il rapporto del giudice Hur, preoccupati i Dem e pure i media rivali. Dai codici atomici alle gaffe: il presidente è ancora abile?

11 Febbraio 2024

I Democratici sono preoccupati per l’esito delle Presidenziali 2024? Sì, molto. I Democratici hanno un’alternativa a Joe Biden? No, non ce l’hanno. Il rapporto dello special counsel Robert Hur esplode nel mezzo della campagna elettorale e solleva dubbi e domande. Il documento scagiona Biden, che per anni ha tenuto nel garage della sua casa in Delaware e in un ufficio di Washington documenti sensibili dei tempi in cui era vicepresidente. Non ci sono prove sufficienti per incriminarlo, spiega il rapporto, perché Biden, 81 anni, sarebbe “un uomo pieno di buone intenzioni, anziano, con una cattiva memoria”. Non ricorda episodi salienti della sua vita: quando è stato vicepresidente, quando è morto per cancro il figlio Beau. Possibile, è la conclusione dello special counsel, che quei documenti se li sia solo dimenticati.

Declino cognitivo: i codici nucleari sono al sicuro?

Si tratta di giudizi devastanti, che nessun documento ufficiale ha mai riportato nei confronti di un presidente in carica. Quello che Hur sostiene è che il declino cognitivo di Biden sia talmente marcato da renderlo ingiudicabile. Sulla vicenda si gettano i Repubblicani, che non aspettavano occasione migliore. Una deputata di New York, Claudia Tenney, invoca l’applicazione del 25° emendamento e chiede la rimozione di Biden “per incapacità”. E ci pensa il governatore della Florida Ron DeSantis a tirar fuori la questione più spinosa, quella del nuclear football, la valigetta con i codici nucleari che il presidente porta con sé. “Non è in grado di reggere un processo, può gestire i codici nucleari?”, si chiede DeSantis. La questione, per la maggioranza degli americani, non è ovviamente quella dei codici nucleari. Biden non è un autocrate, ha attorno a sé un gruppo di collaboratori, non c’è un Dottor Stranamore che minacci di far esplodere il mondo. Il tema è più generale. Biden avrà, al momento del voto, 82 anni. Ne avrebbe 86, nel caso portasse a termine un secondo mandato. Può un uomo così anziano, già chiaramente segnato, sostenere altri quattro anni alla Casa Bianca? Anche i media democratici come il New York Times lanciano la domanda. La risposta degli americani è impietosa. Un sondaggio Nbc News mostra che il 76% degli elettori dubita che Biden abbia “i requisiti mentali e la forma fisica” per un altro mandato. Le sue gaffe cominciano del resto a essere troppe. Biden ha confuso Emmanuel Macron con François Mitterrand, definito “presidente della Germania”. Ha anche spiegato di aver incontrato nel 2021 Helmut Kohl (era Angela Merkel, Kohl è morto nel 2017). Sempre grazie a Biden, Abdel Fattah Al-Sisi, presidente egiziano, si è miracolosamente trasformato in presidente del Messico. E come dimenticare quando, a un convegno, il presidente ha chiesto “Jackie, dove sei?”, con riferimento alla deputata Jackie Walorski, morta in un incidente stradale qualche mese prima.

Gaffe, “cordone sanitario” dei suoi: niente Super Bowl

La cosa è peraltro chiara anche al cerchio più ristretto dei collaboratori di Biden. Un tempo l’atteggiamento era Let Joe be Joe, “lascia che Joe sia Joe”, con tutta la spontaneità di cui il democratico era capace nei suoi rapporti con l’esterno. Quell’epoca si è definitivamente chiusa. Quando deve salire sull’Air One, Biden compie sempre il percorso più breve. Meglio evitare le domande dei giornalisti. Meglio evitare pericolosi inciampi. Quanto alle interviste, soprattutto quelle ai grandi network, non se ne parla. Stasera la Cbs trasmetterà la partita del Super Bowl. È l’evento Tv più seguito dell’anno, tradizionalmente preceduto da un’intervista al presidente. Si tratta di un’occasione di visibilità straordinaria. Biden ha però declinato l’invito. Meglio non rischiare altre figuracce.

Il problema per i Democratici è a questo punto come se ne esce. E se ne esce, paradossalmente, ancora con Joe Biden. Non c’è infatti al momento alcuna possibilità che Biden venga rimpiazzato. Le primarie sono in corso. Biden non ha rivali. Nessuno, nel giro di poche settimane può raccogliere milioni di dollari e mettere in piedi una struttura in grado di sfidarlo. Ci sarebbe un’altra possibilità. Il presidente potrebbe essere invitato a fare un passo indietro dal suo stesso partito prima della Convention di Chicago. Anche questa è fantascienza. I Democratici ne uscirebbero politicamente devastati. Significherebbe ammettere che hanno tenuto alla Casa Bianca un signore anziano, con problemi mentali, e che lo hanno anche ricandidato.

I Dem senza alternativa e “Joe” non fa passi indietro

Biden è del resto sicuro di poter sconfiggere Trump e non farà mai e poi mai quel passo indietro. Senza contare il caos che la scelta di un sostituto scatenerebbe alla Convention. Centristi contro progressisti. Supporter di Biden inferociti contro gli accoltellatori di Biden. Per nominare chi, poi? Kamala Harris è più impopolare di Biden. Pete Buttigieg raccoglie i voti della sola borghesia bianca. Gavin Newsom, il governatore della California, non ha mai affrontato una campagna su base nazionale. Quanto a Michelle Obama, l’icona adorata e rispettata dei Democratici, non ha mai fatto campagna elettorale, non ha mai ricoperto un incarico pubblico e lo ha ripetuto decine di volte. “Non entrerò mai in politica”. Non c’è alternativa a Biden. A meno di eventi clamorosi – per esempio un’improvvisa indisposizione, ma questo attiene alle svolte del destino e non a scelte guidate – sarà Biden il nome in lizza il 5 novembre. I Democratici lo sanno e questa è insieme ragione di sollievo e di preoccupazione. Sollievo perché leva di mezzo la necessità di compiere scelte alternative. Preoccupazione perché non c’è democratico che non sappia una cosa: che Biden è debole e che la riconquista della Casa Bianca sarà impresa dannatamente complicata.

Lo ha detto Bakari Sellers, stratega democratico: “Biden era anziano prima del rapporto, è anziano dopo. Lo sappiamo tutti”. Come a dire, la questione dell’età non è nuova e quello che gli americani dovranno fare il 5 novembre non è tanto esprimersi sull’età di Biden, quanto sull’alternativa Biden/Trump. La speranza dei Democratici – una speranza tenue, tinta di incognite e paure – è soprattutto una: che gli americani, tra un presidente con la memoria corta e un presidente che produce caos, scelgano il primo.

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