Legge 194

Aborto, il Tar Piemonte a favore dei Pro Vita? “No, perché la stanza di ascolto ancora non esiste”

Botta e risposta - Le associazioni cattoliche hanno accolto con entusiasmo il respingimento, da parte del Tribunale, del ricorso presentato da SeNonOraQuando? e dalla Cgil contro la convenzione con la Città della Salute. La replica delle ricorrenti: “Non riconoscere il carattere di urgenza è dovuto al fatto che quel luogo è ancora inagibile”

Di Laura Onofri (Presidente SeNonOraQuando? Torino) ed Elena Ferro (Segretaria CGIL Torino)
17 Gennaio 2024

Il Tar ha deciso di discutere, nel merito, il nostro ricorso avverso la Determina Dirigenziale, relativa alla convenzione tra l’Azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino e l’associazione Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita G. Foradini di Rivoli, convenzione che avrebbe dovuto istituire la cosiddetta “stanza” di ascolto per le donne che richiedono l’Interruzione di gravidanza.

La propaganda della Regione sullo stato dell’applicazione della Legge 194/80 a Torino e in Piemonte non si ferma nemmeno davanti a un’ordinanza che mette nero su bianco la realtà delle cose: la stanza, annunciata ormai da mesi, non è affatto operativa, di fatto non esiste. Le ragioni sono evidenti: non è operativa e i locali ad essa adibiti sono inagibili. Inoltre, cosa ben più rilevante ma che viene sottaciuta e che è emersa con chiarezza nel corso dell’udienza, la Città della Salute non ha ratificato la suddetta Convenzione.

È importante sottolineare che il ricorso da noi presentato chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della convenzione. Non riconoscere il carattere di urgenza da parte del Tar è dovuto al fatto che non esiste il periculum in mora perché la stanza non è operativa e nemmeno in preparazione.

Pertanto sul merito del nostro ricorso il Tar deciderà nelle prossime udienze e dovrà affrontare un altro punto fondamentale: quello delle risorse e delle modalità di attribuzione delle stesse. Infatti la formazione dei volontari non è conclusa, ma le risorse per il progetto “nuove culle” sono state stanziate senza che per la loro attribuzione sia stata prevista una gara di evidenza pubblica.

La legge 194 è chiara: sono i consultori familiari che devono assistere la donna in stato di gravidanza, informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante, contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza.

Sono i consultori che devono essere potenziati con risorse economiche e di personale adeguatamente formato, come chiediamo da anni. Quali garanzie possono dare dei volontari che, non si capisce a quale titolo e con quale formazione, dovrebbero svolgere attività di informazione alle donne che richiedono la Ivg?

Ebbene, proprio da questo punto di vista la decisione del Tar conforta chi come noi ha ritenuto quella decisione lesiva dei diritti delle donne e in contrasto con la Legge 194. Il Tribunale avrebbe potuto liquidare la questione ed emettere non un’ordinanza ma una sentenza. Invece decide di avere legittimità e dunque di procedere alla discussione di merito, un elemento questo che rinforza la nostra posizione.

La prossima udienza, che auspichiamo sia al più presto, ci permetterà di argomentare per esteso le nostre preoccupazioni circa ciò che consideriamo una “grave intromissione di associazioni private nella libera scelta delle donne”.

Nel frattempo ogni iniziativa possibile sarà messa in campo per impedire ulteriori limitazioni del diritto delle donne alla libertà di scelta e alla propria autodeterminazione.

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