Mes, le bufale di Meloni: “il fax” esibito da Giorgia? Non è un fax

L’accusa ieri, ma La Farnesina usa un sistema di posta elettronica leggermente criptato

LEGGI – Meloni, una “draghetta” doubleface: una foto aiuta la stabilità “Negate che il governo Conte abbia alla chetichella dato l’assenso alla riforma del Mes: ho portato qui un bel fax in cui Luigi Di Maio firma l’autorizzazione alla riforma del Mes”. Giorgia Meloni, nei due giorni passati in Parlamento per le comunicazioni prima del […]

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LEGGI – Meloni, una “draghetta” doubleface: una foto aiuta la stabilità

“Negate che il governo Conte abbia alla chetichella dato l’assenso alla riforma del Mes: ho portato qui un bel fax in cui Luigi Di Maio firma l’autorizzazione alla riforma del Mes”. Giorgia Meloni, nei due giorni passati in Parlamento per le comunicazioni prima del Consiglio europeo, ha messo in campo tutta la sua vis polemica per cercare di neutralizzare il più possibile l’inevitabile sì nel voto parlamentare per la ratifica del Trattato. La premier riuscirà a rosicchiare qualche altra settimana (grazie anche all’auto-ostruzionismo della sua maggioranza), ma non oltre il prossimo gennaio. A quel punto, ci sarà il momento della verità, in cui FdI dovrà dire sì (e magari la Lega dirà di no). Allora, l’importante è non attribuirsi la responsabilità di questa scelta. Così sono due giorni che si discute dei passaggi del governo Conte, tra fine 2020 e inizio 2021, ma nessuno ha messo in discussione il cosiddetto fax sbandierato dalla premier, con enfasi teatrale. Eppure, il fax è strumento obsoleto che non si usa praticamente da nessuna parte ormai da anni. E di certo non è tra quelli utilizzati per le comunicazioni interne della Farnesina. Infatti, per l’interscambio documentale all’interno del ministero degli Esteri si usa il sistema “Pit Dir”. Ovvero i documenti inviati sono messaggi di posta elettronica leggermente criptata. Un dettaglio? Una bugia innocua, per eccesso di semplificazione? Fino a un certo punto. Perché è la classica esemplificazione di come lo show possa del tutto sostituire la realtà, trasformandola all’occorrenza.

Ieri sera, intanto, Luigi Di Maio a Piazzapulita ha raccontato la sua versione dei fatti, mostrando a sua volta un documento della Farnesina, datato 10 dicembre 2020. Dal quale si evince che non c’è stato alcun colpo di scena sulla riforma del Mes, nulla di nascosto, era tutto previsto. Nel file si specifica, infatti, che c’era stato un accordo in Eurogruppo il 30 novembre 2019 e che la firma sui documenti sarebbe stata apposta dai rappresentanti permanenti dei vari Paesi presso la Ue.

Ecco, dunque, la cronistoria. Il 30 novembre 2020, l’Eurogruppo, presente l’allora ministro dell’Economia e attuale sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, diede disco verde alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Il 9 dicembre, quando l’allora premier Conte tenne le sue comunicazioni in Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo chiamato a ratificare l’accordo raggiunto dall’Eurogruppo, venne approvata una risoluzione di maggioranza – allora composta da M5S, Pd e Iv – che dava mandato al governo per il via libera alla revisione del Mes. Il 10 dicembre 2020, nel documento della Farnesina si legge che, “a seguito dell’intesa raggiunta dall’Eurogruppo lo scorso 30 novembre” e che avrebbe avuto “formale luce verde” l’indomani, la firma “sarà apposta dai Rappresentanti permanenti presso l’Unione europea dei Paesi parte degli accordi, a margine del Coreper II del prossimo 27 gennaio”.

Come poi fece l’ambasciatore Maurizio Massari, allora Rappresentante permanente presso la Ue, giusto un giorno dopo le dimissioni di Conte.

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