Il presidente di Confindustria Bonomi non ha la laurea. Ma vuole la presidenza della Università Luiss

Il capo in uscita di Confindustria non ha il titolo universitario come scrivono giornali e istituzioni (mai smentiti) e sogna l’ateneo privato romano nonostante la legge

Laurea non c’è. Sigh! Anzi “sig.”, l’abbreviazione più detestata dal potere, che predilige quantomeno la qualifica basica di “dott.”.

“Sig.” come signore e “dott.” come dottore, ovviamente. Di mezzo c’è il solito, fatidico titolo universitario, da incorniciare e poi appendere. L’Italia, e non solo, è gravida di potenti, consiglieri e galoppini che si fanno passare per laureati. Stavolta a farsi irretire da questa atavica vanità accademica è addirittura Carlo Bonomi, il presidente di Confindustria che l’altro giorno ha parlato nell’ultima assemblea del suo mandato, iniziato nel 2020.

A Bonomi, in questi anni al vertice degli industriali, è stata accreditata una generica laurea in economia e commercio, a partire dal suo profilo di Wikipedia. Il Corriere della Sera, per dire, l’ha scritto pure il 30 luglio scorso, dentro a un pezzo sull’“allarme crescita” lanciato da Confindustria. Sul sito della Bocconi, la prestigiosa università meneghina, Bonomi è invece appellato come “dott.” all’interno del consiglio d’amministrazione dell’ateneo: venne nominato nel 2018 quale presidente di Assolombarda.

Ebbene, Bonomi non ha mai smentito la notizia di avere una laurea. Eppure forse avrebbe dovuto farlo. Ché l’attuale capo di Confindustria non è dottore. Non ha mai completato gli studi universitari. A metterlo nero su bianco sono i verbali di due assemblee della Fiera Milano Spa, redatti e sottoscritti dal notaio Mario Notari. Bonomi, infatti, è anche presidente del cda di Fiera Milano Spa dall’aprile del 2020, quando era stato già designato per la guida di Confindustria. E dalla società quotata in Borsa incassa 107mila euro all’anno più altri 45mila, sempre annui, riconosciutigli per mansioni che solitamente non rientrano tra quelle del presidente. Cioè: “Curare e implementare, anche a livello internazione, le relazioni esterne istituzionali”.

Eccoli, dunque, i due verbali che attestano il buco nero accademico di Bonomi. Il primo è dell’assemblea ordinaria di Fiera Milano Spa, “tenutasi in data 28 aprile 2021”. L’allegato C del documento è dedicato alle domande degli azionisti arrivate via mail. Domanda numero 4, secca: “Il Presidente di Fiera Milano in cosa è laureato?”. Risposta della società, altrettanto secca che però suona come un ossimoro fantozziano: “Il Dottor Bonomi non possiede alcun titolo di laurea”. Resta Dottore, con la maiuscola, ma senza titolo. Fantastico.

Un anno dopo, l’assemblea di Fiera Milano Spa è sempre ad aprile, il giorno 22. Stavolta la domanda, formulata dall’azionista Tommaso Marino (lo stesso del 2021), è la numero 1: “Leggo a pag. 79 della Relazione Finanziaria 2021, che, indirettamente, il ‘Dottor Carlo Bonomi’ avrebbe una laurea. Ma proprio qualche tempo fa qui mi fu risposto qui (sic!) che ne fosse sprovvisto. E questo a parte quello che io penso e cioè che ciò dimostra come quando una persona sia capace, la laurea non serva, tant’è che il dott. Bonomi ha raggiunto i vertici di Confindustria pur essendo privo di laurea. Gliel’hanno data di recente, honoris causa?”. La risposta è la stessa dell’anno precedente, con la differenza che Bonomi viene appellato come “Presidente”, non più come “Dottor”: “Come già indicato lo scorso anno, il Presidente Bonomi non è laureato”. Pratica chiusa. Amen.

In realtà, il problema di Bonomi dottore o signore non è secondario, per il futuro dello stesso presidente, che nel 2024 finirà il suo mandato in Confidustria. Detta in maniera volgare la questione è semplice: Bonomi vuole un’altra poltrona per rimanere a Roma. Definito come imprenditore del settore biomedico, questo cremonese classe 1966 è arrivato prima al vertice di Assolombarda indi a quello di Confindustria avendo in sostanza il 4,5 per cento di un’azienda che distribuisce apparecchi “elettromedicali”, la Synopo. Insomma è un professionista che accumula incarichi. Non a caso, all’inizio del 2022, ha provato invano – con il sostegno dell’amico Paolo Scaroni, oggi presidente del Milan e dell’Enel – a farsi eleggere presidente della Lega di Serie A di calcio. Senza dimenticare che in Confindustria circola da tempo l’indiscrezione di una proroga, improbabile a dire il vero, del suo mandato fino al 2026. La politica poi: Bonomi è entrato sia nel totonomi del governo Draghi sia in quello Meloni.

Una personalità che quindi si fa berlusconianamente concava e convessa a seconda delle fasi e delle opportunità. Come dimostra finanche la sua clamorosa giravolta contro il Superbonus. Detto questo, adesso il progetto di Bonomi è quello di arrivare a sedersi sulla poltrona di presidente del cda della Luiss, l’università confindustriale. Per una consuetudine consolidatasi nei decenni i capi uscenti di Viale dell’Astronomia hanno traslocato lì. Da Guido Carli e Luigi Abete fino all’ultimo, Vincenzo Boccia. Tutti fregiati dall’alloro accademico, però. Del resto, guidare la Luiss senza una laurea è come guidare un’auto senza la patente. Ma Bonomi vuole il posto a tutti i costi, dimenticando che anche la legge non consente questa nomina. Il decreto legge numero 13 del 24 febbraio scorso, quello per l’attuazione del Pnrr, al comma 9 dell’articolo 26 introduce quale requisito per la carica di presidente di un’università il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea. Bonomi però non si rassegna e insisterà fino in fondo. La Luiss è in rivolta e la storia è appena all’inizio. Siamo solo alla prima puntata.

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Laurea non c’è. Sigh! Anzi “sig.”, l’abbreviazione più detestata dal potere, che predilige quantomeno la qualifica basica di “dott.”.

“Sig.” come signore e “dott.” come dottore, ovviamente. Di mezzo c’è il solito, fatidico titolo universitario, da incorniciare e poi appendere. L’Italia, e non solo, è gravida di potenti, consiglieri e galoppini che si fanno passare per laureati. Stavolta a farsi irretire da questa atavica vanità accademica è addirittura Carlo Bonomi, il presidente di Confindustria che l’altro giorno ha parlato nell’ultima assemblea del suo mandato, iniziato nel 2020.

A Bonomi, in questi anni al vertice degli industriali, è stata accreditata una generica laurea in economia e commercio, a partire dal suo profilo di Wikipedia. Il Corriere della Sera, per dire, l’ha scritto pure il 30 luglio scorso, dentro a un pezzo sull’“allarme crescita” lanciato da Confindustria. Sul sito della Bocconi, la prestigiosa università meneghina, Bonomi è invece appellato come “dott.” all’interno del consiglio d’amministrazione dell’ateneo: venne nominato nel 2018 quale presidente di Assolombarda.

Ebbene, Bonomi non ha mai smentito la notizia di avere una laurea. Eppure forse avrebbe dovuto farlo. Ché l’attuale capo di Confindustria non è dottore. Non ha mai completato gli studi universitari. A metterlo nero su bianco sono i verbali di due assemblee della Fiera Milano Spa, redatti e sottoscritti dal notaio Mario Notari. Bonomi, infatti, è anche presidente del cda di Fiera Milano Spa dall’aprile del 2020, quando era stato già designato per la guida di Confindustria. E dalla società quotata in Borsa incassa 107mila euro all’anno più altri 45mila, sempre annui, riconosciutigli per mansioni che solitamente non rientrano tra quelle del presidente. Cioè: “Curare e implementare, anche a livello internazione, le relazioni esterne istituzionali”.

Eccoli, dunque, i due verbali che attestano il buco nero accademico di Bonomi. Il primo è dell’assemblea ordinaria di Fiera Milano Spa, “tenutasi in data 28 aprile 2021”. L’allegato C del documento è dedicato alle domande degli azionisti arrivate via mail. Domanda numero 4, secca: “Il Presidente di Fiera Milano in cosa è laureato?”. Risposta della società, altrettanto secca che però suona come un ossimoro fantozziano: “Il Dottor Bonomi non possiede alcun titolo di laurea”. Resta Dottore, con la maiuscola, ma senza titolo. Fantastico.

Un anno dopo, l’assemblea di Fiera Milano Spa è sempre ad aprile, il giorno 22. Stavolta la domanda, formulata dall’azionista Tommaso Marino (lo stesso del 2021), è la numero 1: “Leggo a pag. 79 della Relazione Finanziaria 2021, che, indirettamente, il ‘Dottor Carlo Bonomi’ avrebbe una laurea. Ma proprio qualche tempo fa qui mi fu risposto qui (sic!) che ne fosse sprovvisto. E questo a parte quello che io penso e cioè che ciò dimostra come quando una persona sia capace, la laurea non serva, tant’è che il dott. Bonomi ha raggiunto i vertici di Confindustria pur essendo privo di laurea. Gliel’hanno data di recente, honoris causa?”. La risposta è la stessa dell’anno precedente, con la differenza che Bonomi viene appellato come “Presidente”, non più come “Dottor”: “Come già indicato lo scorso anno, il Presidente Bonomi non è laureato”. Pratica chiusa. Amen.

In realtà, il problema di Bonomi dottore o signore non è secondario, per il futuro dello stesso presidente, che nel 2024 finirà il suo mandato in Confidustria. Detta in maniera volgare la questione è semplice: Bonomi vuole un’altra poltrona per rimanere a Roma. Definito come imprenditore del settore biomedico, questo cremonese classe 1966 è arrivato prima al vertice di Assolombarda indi a quello di Confindustria avendo in sostanza il 4,5 per cento di un’azienda che distribuisce apparecchi “elettromedicali”, la Synopo. Insomma è un professionista che accumula incarichi. Non a caso, all’inizio del 2022, ha provato invano – con il sostegno dell’amico Paolo Scaroni, oggi presidente del Milan e dell’Enel – a farsi eleggere presidente della Lega di Serie A di calcio. Senza dimenticare che in Confindustria circola da tempo l’indiscrezione di una proroga, improbabile a dire il vero, del suo mandato fino al 2026. La politica poi: Bonomi è entrato sia nel totonomi del governo Draghi sia in quello Meloni.

Una personalità che quindi si fa berlusconianamente concava e convessa a seconda delle fasi e delle opportunità. Come dimostra finanche la sua clamorosa giravolta contro il Superbonus. Detto questo, adesso il progetto di Bonomi è quello di arrivare a sedersi sulla poltrona di presidente del cda della Luiss, l’università confindustriale. Per una consuetudine consolidatasi nei decenni i capi uscenti di Viale dell’Astronomia hanno traslocato lì. Da Guido Carli e Luigi Abete fino all’ultimo, Vincenzo Boccia. Tutti fregiati dall’alloro accademico, però. Del resto, guidare la Luiss senza una laurea è come guidare un’auto senza la patente. Ma Bonomi vuole il posto a tutti i costi, dimenticando che anche la legge non consente questa nomina. Il decreto legge numero 13 del 24 febbraio scorso, quello per l’attuazione del Pnrr, al comma 9 dell’articolo 26 introduce quale requisito per la carica di presidente di un’università il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea. Bonomi però non si rassegna e insisterà fino in fondo. La Luiss è in rivolta e la storia è appena all’inizio. Siamo solo alla prima puntata.