(in) Giustizia

Nordio: “Ora processi più veloci”. Ma con tre leggi li allunga ancora

Ministro-paradosso - Il Guardasigilli ripromette sentenze rapide. Né idee né norme per ridurre i tempi

4 Settembre 2023

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“La prima cosa da fare è accelerare i processi, rendere la giustizia più efficiente e rapida“, “L’urgenza è velocizzare, i ritardi ci costano due punti di Pil”. Così diceva Carlo Nordio nei giorni del suo arrivo al governo, prendendo lo stesso impegno di tutti i predecessori: ridurre i tempi infiniti dei giudizi italiani. Una promessa ripetuta ieri al forum di Cernobbio, ricordando che “gli investimenti stranieri sono vulnerati da questa lentezza”. Eppure, a quasi un anno dall’insediamento, del nobile proposito non c’è traccia nei provvedimenti di legge annunciati (tanti) o approvati (pochissimi) dal ministro e dalla maggioranza. Nulla per scoraggiare i ricorsi strumentali degli avvocati, potenziare i riti alternativi e le risoluzioni delle controversie fuori dal processo, snellire il sistema delle notifiche. Anzi, nel penale si apparecchiano almeno tre misure destinate a ingolfare la macchina: l’introduzione di nuovi reati, il ritorno della prescrizione dopo il primo grado, la moltiplicazione dei giudici che dovranno decidere sulla custodia in carcere. E nel civile? Al netto dell’entrata in vigore della riforma Cartabia (realizzata dal governo precedente) l’impatto di Nordio è stato nullo. Tanto che il ministro delegato al Pnrr, Raffaele Fitto, oggi volerà a Bruxelles per trattare con la Commissione europea lo “sconto” richiesto dal governo sull’obiettivo di ridurre l’arretrato del 90% entro la metà del 2026.

D’altra parte, su questo tema la distanza tra parole e fatti è stata evidente da subito. Dopo aver detto di voler sveltire i processi con una depenalizzazione (cioè tagliando la quantità di reati previsti), il Guardasigilli esordisce inventandosi un reato nuovo: nel primo decreto, sull’onda emotiva di un rave party sgomberato a Modena, spunta il “reato di rave” (“Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi”). A inizio dicembre, poi, Nordio espone le linee programmatiche in Parlamento. E l’urgenza di velocizzare sembra già scomparsa, in favore di obiettivi più “sensibili” dal punto di vista politico: l’ex pm si scaglia contro le intercettazioni, l’obbligatorietà dell’azione penale, la custodia cautelare, gli avvisi di garanzia. La crociata contro le intercettazioni, in particolare, monopolizzerà il dibattito nei mesi successivi, mentre dell’efficienza dei processi non parla più nessuno. Nel frattempo, tra le poche norme approvate nel 2022 spicca un favore ai colletti bianchi: con un emendamento al decreto Rave si reintroducono i benefici penitenziari (aboliti dalla legge Spazzacorrotti) per i detenuti per corruzione e altri gravi reati contro la pubblica amministrazione.

Ma anche nel 2023 l’impostazione non cambia. Sul piano legislativo, nei primi mesi Nordio si fa notare solo per la creazione di un altro nuovo reato, stavolta contro gli scafisti, inserito nel dl Cutro. Per vedere un intervento di rilievo bisogna attendere metà giugno, quando il Guardasigilli presenta il ddl sulla giustizia penale dedicato a Silvio Berlusconi. E anche qui la presunta “urgenza” di stringere i tempi lascia spazio a priorità più ideologiche: il testo cancella l’abuso d’ufficio (unico esempio di depenalizzazione visto finora), depotenzia il traffico d’influenze, limita la pubblicazione delle intercettazioni e impedisce ai pm di appellare le sentenze di proscioglimento in una serie di casi; inoltre azzoppa le misure cautelari, prevedendo che i sospettati di reati non violenti (ad esempio la corruzione) debbano essere avvisati cinque giorni prima dell’arresto per sottoporsi a interrogatorio preventivo. Sempre in materia cautelare, poi, c’è una norma che va in direzione opposta all’efficienza: per decidere sulla richiesta di custodia in carcere non basterà più un solo gip, ma ne serviranno tre. Tutti e tre, in questo modo, diventeranno incompatibili a occuparsi delle fasi successive, con effetti devastanti soprattutto nei piccoli tribunali. Consapevole del problema, il ministro ha proposto di far entrare in vigore la norma tra tre anni, prevedendo un aumento di 250 posti del ruolo organico della magistratura. Soluzione utopica, perché aumentare i posti sulla carta non significa affatto riuscire a coprirli: come ha detto in un’intervista al Fatto il presidente dell’Anm (il sindacato dei magistrati) Giuseppe Santalucia, è probabile che “i nuovi assunti non basterebbero nemmeno a colmare i vuoti esistenti” (in alcuni distretti le carenze d’organico sfiorano il 25%).

Più che per gli interventi, però, il ministro finora ha fatto parlare di sè soprattutto per i moltissimi annunci: dalla volontà di separare le carriere di giudici e pm a quella di tagliare l’uso dei trojan, dall’idea di abolire l’imputazione coatta alla suggestione di riformare il concorso esterno in associazione mafiosa. Tutte questioni che non impattano in alcun modo sull’efficienza della giustizia. Idem per le proposte di legge partorite dalla maggioranza, ad esempio quella in materia di prescrizione, che prevede di far tornare a correre il termine anche dopo il primo grado di giudizio, cancellando il blocco introdotto dalla riforma Bonafede. Un formidabile incentivo alle impugnazioni pretestuose e alle tattiche dilatorie, su cui però Nordio si è già detto d’accordo. Allo stesso tempo, in Parlamento giace un ddl di Forza Italia sul legittimo impedimento che garantisce il “diritto alla fuga dal processo” a ogni imputato: basterà che il suo legale produca un certificato medico (anche per un raffreddore) o dimostri di avere un qualsiasi altro “impegno professionale” in contemporanea all’udienza. Altro che velocizzare: una norma del genere rischierebbe di far rinviare i processi all’infinito, con effetti “intollerabili” sull’intero sistema, ha avvertito il presidente dell’Anm. Ma visti i precedenti, non è da escludere che Nordio sponsorizzi anche quella.

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