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Dai vitalizi al Cnel alle Province, è tutta una Restaurazione

23 Agosto 2023

Ritornano i vitalizi anche per i condannati al Senato. Matteo Salvini, spalleggiato dall’opposizione, promette che riavremo le elezioni nelle Province. Il Cnel, ente inutile per eccellenza, lotta per diventare dopo decenni indispensabile: sarà il comitato presieduto da Renato Brunetta a dire cosa fare sul salario minimo.

Salterà presto pure un pezzo di legge Severino approvata a furor di popolo nel 2012 per tenere i condannati fuori dalla politica. Gli italiani, disertando in massa il referendum per abrogarla, hanno già fatto sapere come la pensano. Ma il governo ha inserito le modifiche nel disegno di legge delega sulla riforma degli Enti locali. Se va bene verrà tolta solo la sospensione per 18 mesi prevista per gli amministratori di comuni, province e regioni dopo una condanna in primo o secondo grado. Se va male scomparirà pure il divieto a candidarsi previsto per chi ha ricevuto un verdetto definitivo.

Intanto è evaporato per decreto il limite di 240mila euro di stipendio per i manager pubblici che si occuperanno dell’eterno progetto per il Ponte di Messina, mentre il compenso dei capigruppo alla Camera è stato aumentato di 1.200 euro al mese. Curiosamente però i rappresentanti di FdI, M5S, Pd, Azione e Verdi ora annunciano che non incasseranno il bonus (i primi due gruppi erano a favore con FI e Lega, mentre gli altri si erano astenuti) lasciando così aperta la porta a un interrogativo: se non volevano i soldi non era meglio votare contro? Il tutto mentre dalle colonne del Corriere, giornale della borghesia milanese, Angelo Panebianco omaggia Piero Fassino per aver difeso il ruolo di parlamentare da retribuire adeguatamente (l’ex segretario del Pd aveva sventolato in aula la sua busta paga da 5.000 euro mensili dimenticandosene altri 8.000, ma non importa) e se la prende con il taglio dei rappresentanti del popolo, peraltro ratificato dal popolo con un referendum.

Ecco, se ci pensate un attimo vi renderete conto che tutti questi accadimenti (a cui ne vanno sommati molti altri, tra cui una serie di decisioni della Corte costituzionale e della magistratura) hanno un minimo denominatore comune: la restaurazione. Certo, alcuni dei provvedimenti presi o annunciati hanno anche un senso. Sospendere un sindaco condannato in primo grado per un reato lieve è, per esempio, probabilmente eccessivo. Ma è l’insieme che colpisce. È come se all’improvviso l’Italia volesse tornare indietro di 30 anni. È come se ci trovassimo immersi in una sorta di Congresso di Vienna permanente, fermamente intenzionato a riportarci all’antico. Un Congresso al quale non partecipano solo i partiti. Intorno al tavolo delle trattative si affollano poteri dello Stato, lobby, editori di giornali, industriali e finanzieri. Tutti pronti a rivendicare i bei tempi andati. Concetti come valore dell’esempio (se chiedi ai cittadini di tirare la cinghia devi farlo anche tu); sobrietà nei comportamenti di chi ha in mano la cosa pubblica; eguaglianza effettiva di tutti davanti alla legge; diritto al dissenso vengono fatti passare per slogan sovversivi. La maggioranza degli elettori li condivide ancora (per amore della democrazia e non per invidia delle élite), ma a differenza del recente passato ha rinunciato a farlo sapere.

Ha vinto il Tina (there is no alternative) e oggi sembra che la responsabilità non sia di chi con i suoi pessimi comportamenti e le sue pessime scelte ha creato i nostri problemi, ma di chi li ha denunciati. È lo spirito del tempo. È la restaurazione. Durerà a lungo. Almeno fino a un nuovo Quarantotto.

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