Milano, il rapper della Barona e quei testi dedicati al boss Calajò. Con messaggi per il pm: “Hai rovinato le persone e questo non si fa”

26 Giugno 2023

È nato nel 1998, 25 anni. Buona parte passati tra i palazzacci della Barona, quartiere a sud di Milano, dove il Pd alla scorse elezioni ha vinto a mani basse. In testa un eroe, Nazzareno Calajò detto Nazza, anni di galera alle spalle, boss da tre soldi bucati ma con grande seguito armato e contatti di peso come l’ndranghetista Salvatore Barbaro e il killer di Cosa nostra Antonio Sinagra. Il 25enne in arte (Young) Rame, rapper in buona ascesa viste le collaborazioni con colleghi affermati come Marrakech, e che ora, dopo che l’antimafia i Calajò – padre, figlio e nipote – ras della Barona, li ha arrestati e mandati a Opera, per traffico di droga e non solo, ha scodellato due brani-apologia per la loro banda criminale. Titoli e sommari danno l’idea: L’Anziano (Calajò, ndr), Verità per Nazza e Fine pena mai, Libertà per i Kalash, soprannome dei Calajò che ricorda anche una certo fucile di fabbricazione sovietica con un discreto numero di estimatori tra la malavita organizzata. Senza scordare la canzone Dentro al bar, con video girato all’interno del bar di via Tre castelli per decenni l’ufficio criminale di Nazza. Brani ascoltati da centinaia di ragazzini non solo della Barona. Testi che pur con Calajò in carcere fanno per lui proseliti.

E pensare che nel 1998, quando Rame veniva alla luce, lungo viale Faenza alla Barona il vecchio Nazza, allora 19enne, si vestiva da John Wayne animando una sanguinosa sparatoria tra il suo gruppo e la banda degli slavi del Corvetto. A dargli manforte allora, il suo fedelissimo Massimo Mazzanti detto “Massimino spara spara” e Loris Grancini, oggi ai domiciliari per tentato omicidio e capo dei Viking della Juve. E di calcio anche il Nazza si intende, avendo progettato la scalata affaristica delle curve di Inter e Milan. Un dato questo che il Fatto e il Fatto.it da settimane sta raccontando, mettendo insieme verbali e intercettazioni inedite che riguardano anche due fatti di sangue clamorosi, ancora irrisolti e per i quali i Calajò non risultano indagati: il tentato omicidio di Enzo Anghinelli, 12 aprile 2019 e l’omicidio del capo della curva interista Vittorio Boiocchi, 29 ottobre 2022. I testi di Rame recentemente sono finiti anche sul tavolo della Direzione distrettuale antimafia e di Gianluca Prisco e Francesco De Tommasi, i pm che indagano i “Kalash” per alcuni passaggi che, spiegano gli inquirenti, sembrano vere e proprie minacce nei confronti dei magistrati. Ma del resto il cantante dopo aver spiegato nel brano che “l’anziano sta chiuso ad Opera anche se è innocente. Ha fatto il bene per la zona, per la sua gente (…). Nei Novanta aveva Lancia Delta Kalash, uzi, bombe a mano”, ne ha anche per quel “giornalista che ancora scrive di malavita” e scrive “cazzate per fare lo scoop”. Mentre il passaggio valutato come indirizzato ai magistrati è contenuto nelle ultime tre strofe di Fine pena mai, libertà per i Kalash. Qui il rapper dopo il riferimento al decreto di fermo del 17 aprile scorso: “Ottocento pagine (sono appena 709, ndr), i nomi sui fascicoli. Chiusura dell’indagine, le microspie nei vicoli”, immaginando poi “un mondo senza giudici, condanne, Pm e Dda” manda un messaggio. Eccolo: “Per te che non hai identità, hai rovinato le persone e questo non si fa. Nella prossima vita spero che tu sia in grado di farti carico delle tue responsabilità”.

Il giovane rapper spiega in rima: “L’anziano mi ha insegnato come farne molti (Clic clack). M’ha detto: ‘Spacca ‘sti pagliacci, noi siamo i più forti’ (…). L’anziano mi ha insegnato un’altra educazione, ad avere i nervi saldi durante l’azione, come smontare un ferro (pistola, ndr), come smontare un uomo”. Perché Nazza Calajò è “un vero leader (…). È come un dio, ma non è Dio, quindi non perdona (…). Lo vedi in zona con giacca e scarpa di Armani. La gente non vuole sbagliare con l’anziano. Dalle mani alle pistole, è la Sicilia di Milano”. Sempre qui alla Barona, sempre al bar di via Tre castelli a incontrare narcos di peso come il siciliano Carlo Zacco, perché al bar, fraseggia Rame, “trovi tutto quello che vuoi (…). C’è lo zio col cannone (…). Vedi le leggende dentro al bar (…). Non fare lo scemo dentro al bar”. Forse però il giovane Rame di quelle ottocento pagine avrebbe dovute leggerne almeno qualcuna prima di scrivere i suoi brani. Magari quelle in cui, registrato da un’ambientale del Ros, Nazza nella realtà se la prende con “Luca e Misha (…). Gli sparo in testa a tutti e due, loro lo sanno che sono cosi! In un secondo boom boom gli sparo e sono morti, perché i morti vengono con me, già stavo prendendo un coltello lo macello qua in casa!”. E verso tale Patrik, stessa ambientale agli atti: “Stasera prendo a Patrik da dietro e gli sparo in pancia, lui è il primo che uccido, se non si leva dai coglioni gli sparo in faccia, non è uno scherzo”. Ancora rispetto a Vittorio Boiocchi. “Lo prendiamo, lo sequestriamo, lo portiamo all’orto e lo sotterriamo”. Eccolo il vero Nazza Calajò, boss da tre soldi bucati, ma con un gruppo di fuoco letale che è ancora in buona parta a piede libero. Per il giovane Rame, che giustamente vuole raccontare il suo quartiere, invece diciamola così per ora: forse solo un peccato di gioventù.

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