Inchiesta Morandi

Esclusivo – Inchiesta Morandi, le intercettazioni | Autostrade, l’assalto dei Benetton per “arrivare a Conte” e 5 Stelle

Le nuove intercettazioni - Nel 2020 le pressioni di Castellucci & C. per far saltare la revoca: “Andiamo da Di Maio col cappello in mano”. I contatti con la Lega e il ruolo di Delrio

24 Giugno 2023

L’assalto al premier Giuseppe Conte e ai ministri 5S. Gli abboccamenti con la Lega e con il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti dell’allora amministratore delegato di Atlantia e della controllata Aspi Giovanni Castellucci, nell’immediatezza del crollo del Ponte Morandi. Il lavoro di lobbying nel centrodestra, con Gianni Letta, e nel centrosinistra, con l’entourage di Matteo Renzi e di Iv. Il ruolo attivo degli ex ministri Graziano Delrio e Vittorio Grilli nella trattativa che ha consentito di sgombrare il tavolo dalla revoca della concessione, sostituita con l’ingresso della Cassa depositi e prestiti in Aspi e oltre 8 miliardi di euro liquidati ad Atlantia. C’è tutto questo nelle ultime intercettazioni inedite agli atti del processo del Ponte Morandi – e raccontate nel libro Il crollo (Ponte alle Grazie) – che il Fatto oggi può anticipare.

Un’altra parte di queste conversazioni non le leggeremo mai: andranno distrutte, grazie a una delle tante leggi-bavaglio di questi anni. Quella targata Andrea Orlando che, con il proposito di tutelare i soggetti non indagati, impedisce così all’opinione pubblica italiana di sapere cosa si sono detti i più alti dirigenti di Atlantia con membri di governo ed ex ministri, e di ricostruire i retroscena della trattativa tra Aspi e Cdp. Per alcuni avvocati degli imputati di Genova, che sostengono di non aver potuto accedere al materiale, è anche una palese violazione del diritto alla difesa: “Alla sbarra ci sono soldati semplici, mentre i generali si accordavano con i vertici dello Stato”. Con la riforma Nordio, per la cronaca, non sarebbe possibile conoscere nulla di tutto ciò che leggerete.

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“La questua da Di Maio” I grillini sono la bestia nera dei Benetton, definiti in alcune conversazioni “scemi” o “cretini”. Per la prima volta, i lobbisti di Atlantia sono senza referenti. Castellucci è quello che ci vede più lungo: “Le paci mica si fanno con gli amici, si fanno con i nemici”. È il 17 novembre del 2018. L’Ad di Aspi, già indagato per i morti di Genova, è al telefono con Ermanno Boffa, marito di Sabrina Benetton: “Io (la pace, ndr) l’ho fatta con Di Pietro, mica con Prodi. Ammesso che fosse un amico, perché gli amici ti aiutano…”. Il riferimento è alla convenzione autostradale del 2007, che contiene la clausola capestro che tornerà utile dopo il collasso del Morandi: anche in caso di responsabilità della concessionaria, lo Stato sarebbe costretto a ripagare ad Aspi 23 miliardi. “Bisogna andare da Di Maio con il cappello in mano”, dice Castellucci. “E lui deve vederla come una grande vittoria”, concorda Boffa. “Ma lui deve vincerla”.

I contatti con la Lega È il 16 agosto 2018, appena 48 ore dalla strage. Castellucci scrive su WhatsApp ad Amedeo Gagliardi, direttore legale di Aspi: “Visca ha parlato con Giorgetti che è assolutamente per un tavolo. Mi o ti ̀farà sapere. (…) Giorgetti credo vedrà Toti a breve. Ipotesi incontro con Giorgetti e Toti insieme. Io, Visca e Giampellegrini (Toti) ci vediamo comunque il 28. Valuta se non sia utile vedere Toti (e Rixi?) per anticipare proposte e averli dalla nostra parte. È chiaro che Toti ha bisogno di risolvere il problema del collegamento ed è consapevole che Aspi è fondamentale”. I riferimenti di Castellucci, annota la procura, sono “contatti di altissimo livello”: Paolo Visca, allora capo di gabinetto di Matteo Salvini; Giancarlo Giorgetti; Giovanni Toti; Pietro Paolo Giampellegrini, capo di gabinetto di Toti; Edoardo Rixi, sottosegretario al Mit, oggi viceministro.

Toti e gli spot La mossa successiva di Castellucci è di offrire i capitali di Atlantia per salvare la disastrata Banca Carige. In cambio degli “annessi e connessi”: ovvero evitare la revoca. “Stiamo proseguendo sulla pista, abbiamo visto Garavaglia (sottosegretario leghista, ndr)”, lo informa il 31 ottobre Pietro Modiano, commissario della banca. “Ne parlava con Salvini, che ne parlava a Di Maio: o mettete i soldi pubblici o lasciate i Benetton a mettere i soldi”. Il perno della trattativa su Carige è Toti, a cui Castellucci chiede di fare da “ambasciatore” con la Lega sul tema delle concessioni. “L’unico canale può essere Conte”, ragiona Castellucci il 3 novembre. “Conte, o la Presidenza del Consiglio… Giorgetti”, dice Toti. “Io con Conte ovviamente ci parlerò”. In un’altra occasione Toti e Castellucci discutono della promozione pubblicitaria istituzionale che la Regione Liguria acquista dagli aeroporti di Atlantia: “Mi ha mandato un messaggio il tuo commerciale – dice Toti il 6 febbraio 2019 – stiamo raccogliendo le foto per la campagna”. Castellucci: “Bello, bello, bello… Quindi che ci mettete? Cinque Terre? Portofino? (…) Ti han fatto un buon prezzo? Se ti avanza qualcosa meglio, verifico le condizioni e ti faccio sapere”.

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“Andiamo da Delrio” Castellucci si dimette a settembre 2019. Un copione molto simile a quello di Carige sarà replicato mesi più tardi con la trattativa Alitalia, dove Castellucci si accrediterà come mediatore. “Sta facendo il consulente ombra del ministro Patuanelli”, dice di lui il nuovo Ad di Atlantia, Carlo Bertazzo, successore di Castellucci. “Castellucci mi dava informazioni, non era affatto mio consulente – spiega oggi Patuanelli, contattato dal Fatto – sapevo benissimo che quella trattativa non sarebbe andata da nessuna parte. Ad Atlantia interessava solo alleggerire la propria posizione sul Ponte Morandi”.

Ma alla fine, al premier, Atlantia sembra arrivare davvero. È il 15 gennaio 2020. “Boffa mi incoraggia, dice che la revoca non la fanno”, dice Gianni Mion, manager dei Benetton. “C’è Delrio adesso che si sta agitando… te lo ricordi l’ex ministro?”, risponde Fabio Cerchiai, presidente di Atlantia. Mion: “Bè, come no, deve agitarsi, e che cazzo fa?”. Cerchiai: “Infatti sto organizzando per andarlo a trovare…”.
L’AUDIO IN ESCLUSIVA

Lo scenario è cambiato. Governo Conte II, il Pd è subentrato alla Lega in maggioranza. I manager Atlantia hanno un buon ricordo di Delrio: da ministro ha regalato ad Aspi quattro anni di concessione, in cambio della costruzione della Gronda, accordo poi stracciato dal successore Toninelli. Delrio non ha un ruolo nel Conte II, ma è garante del programma: “Una rivisitazione delle concessioni ci trova d’accordo”, disse il 29 agosto 2019. Rivisitazione, in casa Atlantia, suona meglio di revoca. E la società sembra puntare su Delrio per ammansire la ministra Paola De Micheli , definita “una stupida”, “una poveretta”.

“Arriviamo a Conte” Il 16 gennaio 2020, l’avvocato Sergio Erede, consulente legale dei Benetton, chiama Mion: “Sai che avevamo tentato quel contatto con Conte, tramite Alpa?”. Il riferimento è all’avvocato Guido Alpa, mentore di Conte. “Allora – prosegue Erede – Alpa ha richiamato oggi, e ha detto che ha parlato con lui… Lui gli ha detto che si rende perfettamente conto del disastro economico che conseguirebbe a un contenzioso”. Mion: “Bene, è una buona notizia”. Erede: “È disponibile a un incontro, con noi però, non con la parte”. Mion riferisce la novità all’Ad di Atlantia Bertazzo: “Sono stati chiamati dal partner del primo ministro, ha capito benissimo che non può correre il rischio di un disastro di queste dimensioni. L’unica cosa che chiede è che lo aiutiamo a trovare la sponda per i suoi… diciamo sostenitori del partito… stasera o domani Erede lo incontra”.
L’AUDIO IN ESCLUSIVA


Bertazzo: “Si muovono con l’ex ministro”. Chi sia l’ex ministro i due non lo specificano. Va detto che Delrio non è l’unico ex ministro a cui Atlantia guarda con favore. Nella trattativa per la cessione di Aspi a Cdp spunta anche Vittorio Grilli, ex titolare dell’Economia nel governo Monti: “È la persona che ci ha aiutato a ristabilire i rapporti con il ministero dell’Economia”, dice Erede. Dopo gli abboccamenti con Alpa, Mion incontra Di Maio. Non è dato sapere se questa fosse la “sponda nel partito” a cui avrebbe fatto riferimento il premier. Conte, contattato dal Fatto, rievoca così quei giorni: “Sulla mancata revoca hanno inciso i rischi giuridici ed economici troppo alti per lo Stato e quindi una valutazione della tutela dell’interesse nazionale. Ho messo tutta la mia forza e il mio coraggio nella vicenda di Autostrade, ma il vero problema è stato solo uno: governi precedenti avevano costruito una concessione con clausole troppo vantaggiose per i privati. L’unica cosa che potevamo fare era tenere duro, come abbiamo fatto, per imporre un risarcimento elevato e rimediare ai danni del passato. Non ho permesso a nessuno di interferire. Non nego che ci siano state resistenze in una parte della maggioranza, a partire dalle prese di posizione di Italia Viva e Renzi”.

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