Alluvione, a Ravenna gli interventi sui fiumi mai completati

23 casse d’espansione previste, solo 12 realizzate

Servono per mettere in sicurezza i Comuni interessati dall’attraversamento del fiume Senio, nel Ravennate. Castel Bolognese, Cotignola, Lugo, Fusignano e Alfonsine. Vale a dire alcuni tra i paesi più colpiti dall’alluvione che ha devastato la Romagna. Ma delle due casse di espansione previste, in 15 anni ne è stata realizzata solo una, nella frazione faentina di Tebano. Un’opera peraltro non ancora collegata al fiume, perché prima è necessario terminare la seconda. Tre lustri e ancora non si è arrivati a mettere la parola fine alla costruzione di questi bacini di contenimento in cui far defluire le acque in caso di piena.

A Faenza, altra cittadina del Ravennate devastata dall’alluvione, invece le casse di espansione sono state fatte. Peccato, come spiega Vittorio Bardi di Legambiente, “che avrebbero dovute essere realizzate più a monte della città, verso la collina”. E a ciò si somma il fatto che per anni il Comune ha rilasciato l’autorizzazione a costruire anche a ridosso del fiume Lamone, uno dei corsi d’acqua esondati. “Praticamente è stato occupato ogni spazio libero, nell’ambito di un piano regolatore che ha permesso di edificare molto – prosegue Bardi –. Per troppo tempo l’impostazione degli amministratori locali è stata quella di dare il via libera a nuove costruzioni, anche per incamerare gli oneri di urbanizzazione”.

Il punto è che in un territorio fragile come è l’Emilia-Romagna, molto esposta al rischio di alluvioni, non parliamo di eccezioni. Tra il 2015 e il 2022 la Regione ha ricevuto e assegnato oltre 190 milioni di euro per la realizzazione di 23 casse di espansione su tutto il territorio. Ebbene, di queste ne funzionano solo 12. Altre due – e tra queste c’è anche quella che interessa il fiume Senio, dove si sta procedendo a un esproprio – non sono pienamente a regime. Le altre nove sono ferme ai vari stati di avanzamento dei lavori, come la diga che deve servire il torrente Baganza, nel Parmense: è al 30%. La Regione conferma. Ma replica: non siamo in ritardo, tutte le opere sono in fase di progettazione o in fase di realizzazione. Poi, però, c’è il nodo finanziamenti. “Le opere idrauliche sono finanziate o dalla Protezione civile o dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – dice Irene Priolo, vice presidente della Regione –. Quest’anno avremo dal Mase 13 milioni di euro, contro i 22 ricevuti l’anno scorso. Finanziamenti irrisori, a fronte di una grande complessità anche per quanto riguarda il un lungo iter autorizzativo. Per il torrente Lavino sull’Appennino bolognese siamo già facendo la gara per un primo lotto esecutivo”. Eppure i bacini di contenimento sono essenziali. “Vanno anticipati – osserva Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale –, come interventi di manutenzione di tutte le infrastrutture degli alvei primari e secondari che possano consentire la massima diluizione dell’acqua”.

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Servono per mettere in sicurezza i Comuni interessati dall’attraversamento del fiume Senio, nel Ravennate. Castel Bolognese, Cotignola, Lugo, Fusignano e Alfonsine. Vale a dire alcuni tra i paesi più colpiti dall’alluvione che ha devastato la Romagna. Ma delle due casse di espansione previste, in 15 anni ne è stata realizzata solo una, nella frazione faentina di Tebano. Un’opera peraltro non ancora collegata al fiume, perché prima è necessario terminare la seconda. Tre lustri e ancora non si è arrivati a mettere la parola fine alla costruzione di questi bacini di contenimento in cui far defluire le acque in caso di piena.

A Faenza, altra cittadina del Ravennate devastata dall’alluvione, invece le casse di espansione sono state fatte. Peccato, come spiega Vittorio Bardi di Legambiente, “che avrebbero dovute essere realizzate più a monte della città, verso la collina”. E a ciò si somma il fatto che per anni il Comune ha rilasciato l’autorizzazione a costruire anche a ridosso del fiume Lamone, uno dei corsi d’acqua esondati. “Praticamente è stato occupato ogni spazio libero, nell’ambito di un piano regolatore che ha permesso di edificare molto – prosegue Bardi –. Per troppo tempo l’impostazione degli amministratori locali è stata quella di dare il via libera a nuove costruzioni, anche per incamerare gli oneri di urbanizzazione”.

Il punto è che in un territorio fragile come è l’Emilia-Romagna, molto esposta al rischio di alluvioni, non parliamo di eccezioni. Tra il 2015 e il 2022 la Regione ha ricevuto e assegnato oltre 190 milioni di euro per la realizzazione di 23 casse di espansione su tutto il territorio. Ebbene, di queste ne funzionano solo 12. Altre due – e tra queste c’è anche quella che interessa il fiume Senio, dove si sta procedendo a un esproprio – non sono pienamente a regime. Le altre nove sono ferme ai vari stati di avanzamento dei lavori, come la diga che deve servire il torrente Baganza, nel Parmense: è al 30%. La Regione conferma. Ma replica: non siamo in ritardo, tutte le opere sono in fase di progettazione o in fase di realizzazione. Poi, però, c’è il nodo finanziamenti. “Le opere idrauliche sono finanziate o dalla Protezione civile o dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – dice Irene Priolo, vice presidente della Regione –. Quest’anno avremo dal Mase 13 milioni di euro, contro i 22 ricevuti l’anno scorso. Finanziamenti irrisori, a fronte di una grande complessità anche per quanto riguarda il un lungo iter autorizzativo. Per il torrente Lavino sull’Appennino bolognese siamo già facendo la gara per un primo lotto esecutivo”. Eppure i bacini di contenimento sono essenziali. “Vanno anticipati – osserva Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale –, come interventi di manutenzione di tutte le infrastrutture degli alvei primari e secondari che possano consentire la massima diluizione dell’acqua”.