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Covid, le chat in Regione Lombardia. “È Wuhan. Ma Fontana vuol nascondere i veri contagi”

L’inchiesta di Bergamo: le carte - 7 marzo 2020. I dirigenti: “Per Salvini il Pirellone deve stare zitto. Meglio la dittatura cinese”. E Gallera “non dà i dati ai sindaci”

Di Alessandro Mantovani, Davide Milosa e Maddalena Oliva Icons/ascolta
3 Marzo 2023

Sono passate due settimane dalla scoperta del “paziente 1”. I dieci comuni del Lodigiano, nel frattempo, sono diventati assieme a Vo’ Euganeo la prima zona rossa d’Italia. L’ospedale di Alzano è stato chiuso e subito dopo riaperto, mentre nella provincia di Bergamo i casi continuano a raddoppiare di giorno in giorno, di ora in ora. Si stava imparando a scandire vite, spostamenti e affetti, dal succedersi veloce dei Dpcm dell’era Conte. È il 7 marzo 2020 quando, da una riunione-fiume del Cts, trapela la notizia della chiusura di tutta la Lombardia: le stazioni dei treni vengono prese d’assalto. In quello stesso giorno, la funzionaria della Direzione generale Welfare di Regione Lombardia, Aida Andreassi – oggi direttore sanitario della Fondazione IRCCS San Gerardo – scambia, allarmata, alcuni messaggi con il consigliere di Italia Viva Niccolò Carretta, originario di Seriate. A quanto risulta al Fatto, Andreassi scrive: “Ho parlato con Fontana, dice che c’è una indicazione di tenere tutto nascosto. La dittatura cinese è meglio. Il presidente mi ha detto che non si può dire la verità. Gli intensivisti vogliono uscire con messaggi devastanti alla popolazione. Gli conviene che sia lui o lo sputtaneranno”.

In quelle ore SarsCoV2 corre veloce nelle province lombarde. E questo fin dal 26 febbraio, ovvero dalle prime riservatissime stime dell’epidemiologo Stefano Merler della Fondazione Kessler. Numeri poi rivelatisi sottostimati, visto che in Lombardia la quota dei mille casi si raggiungerà in 8 giorni e non in 72, come previsto. A Roma il Cts, in una nota riservata al governo e datata 2 marzo, aveva chiesto, inascoltato, di istituire una zona rossa per Nembro e Alzano. Mentre dal Pirellone Gallera ancora ripeteva: “Nonostante i numeri importanti, nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno”.

L’indicazione per tutti è rassicurare e nascondere. Ne discutono il 26 febbraio – tre giorni dopo la chiusura-riapertura dell’ospedale di Alzano – il direttore di Areu Alberto Zoli e il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala. Si tratta di una delle centinaia di chat agli atti della Procura di Bergamo, nell’indagine sulla gestione della prima ondata pandemica, e per cui, tra gli altri, sono indagati per epidemia e omicidio colposi anche i massimi vertici lombardi Fontana e Gallera. Zoli scrive a Sala: “Siamo quasi a tarallucci e vino (….). Gallera non vuole dare dati giusti, ma ormai siamo a 305 positivi”. E a chi non li avrebbe dati? Per quanto ricostruito dal Fatto, l’ex assessore avrebbe ordinato alle Ats di non comunicarli ai sindaci. In qualità di autorità sanitaria locale, i primi cittadini potevano ordinare le chiusure, al pari di governo e Regione: se solo avessero avuto tutti i dati a disposizione… Che la situazione fosse tragica c’erano non solo le testimonianze di quanti morivano aspettando invano un’ambulanza, dei posti letto, caschi Cpap e bombole di ossigeno introvabili, dei medici di base e ospedalieri che combattevano a mani nude. In Regione era chiaro. A testimoniarlo, un report riservato della società regionale E Polis che l’assessore al Bilancio di allora, Davide Caparini, gira a Gallera, il 29 febbraio. Caparini spiega che “stanno lavorando a una simulazione”, e che anche l’Iss ne sta elaborando una, ma “dubito condividano se i dati sono quelli”. Il giorno prima, il 28, Fontana aveva scritto al governo per informarlo dell’indice R0 ormai a 2 in tutta la Lombardia e, nonostante questo, per confermare le disposizioni allora vigenti. Fa di più Gallera che, a colloquio con i colleghi di Forza Italia, sempre il 28 scrive: “Noi siamo per la conferma della zona rossa con qualche mitigazione”. Merler aggiorna l’R0: nella Bergamasca raggiunge la soglia catastrofica di 3. Il 3 marzo Andreassi si sfoga sempre con Carretta: “Siamo come a Wuhan. L’andamento è pazzesco. Mi ha appena chiamato Zangrillo, è andato a Lodi. (…) Lo sborone medico del Berluska che quasi si mette a piangere. Mi ha detto: era come un girone dell’Inferno”. E ancora: “Il governo ritiene che dire zona rossa significhi che siamo in guerra. Quando i medici decidono chi potrà avere un respiratore ed entrare in intensiva e chi no, è guerra o cosa?”. In quei drammatici giorni, per come ricostruito dal Fatto, Andreassi riferisce di come i medici intensivisti si siano messi a piangere con Fontana. “Gli hanno detto che stanno decimando la popolazione. Ho saputo che Salvini non vuole che la Regione prenda posizione. Vuole mettere in difficoltà il governo. Gente di m… ne ho conosciuta tanta, ma come lui mai. Il presidente è ostacolato da Confindustria e immagino da Salvini”.

Interrogato poi dai pm sulla mancata zona rossa, il presidente Fontana si limiterà a rimpallare la responsabilità su Roma: l’istituzione della zona rossa era competenza esclusiva del governo. Peccato non fosse vero.

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