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Benedetto XVI capopartito a sua insaputa: la destra clericale e la fake news sullo scontro di civiltà

2 Gennaio 2023

I teocon e gli atei devoti, prima. L’attuale destra clericale, poi. Nonostante la sua dimensione intellettuale da teologo distanziasse di gran lunga quella politica in senso stretto (l’esatto contrario, per certi versi, di san Giovanni Paolo II), Benedetto XVI nei suoi tre lustri e passa da papa regnante (2005-2013) e da papa emerito (2013-2022) è stato l’ispiratore, a sua insaputa o contro la sua volontà, di un rinnovato e sanguigno pensiero clericale di destra in nome della dottrina.

In origine furono appunto i cosiddetti teocon e atei devoti, tra i quali vanno ricordati l’ex presidente del Senato Marcello Pera, l’ex ministro Gaetano Quagliariello e Giuliano Ferrara, che trasformò il Foglio in Soglio (pontificio) tout court. Era il tentativo di conciliare liberalismo e valori non negoziabili (supportato in Italia dall’interventismo politico del cardinale Camillo Ruini), laddove il dialogo tra fede e ragione individuava il suo satanico nemico nel relativismo etico.

È finita, per fare un esempio, che quattro anni fa il povero Ratzinger è arrivato a sconfessare il crociato Pera, difendendo finanche il pensiero liberale europeo. È stato quando Pera ha scritto che “la cultura dei diritti è uno strumento diabolico per scardinare il cristianesimo”. A quel punto persino per l’Emerito è stato un po’ troppo: “Il liberalismo appare come una tappa verso la perdita della fede in Dio”. Ma fu la questione musulmana post-Torri Gemelle (2011) a esaltare i clericali di destra: il fatidico scontro di civiltà che annullava ogni ipotesi di dialogo con l’islam moderato, considerato inesistente. I neocrociati ratzingeriani raggiunsero il loro acme pubblicistico con il famoso discorso di Benedetto XVI all’Università di Ratisbona (Regensburg), dove Ratzinger era stato professore e vicedirettore. Era il 12 settembre 2006 e il papa agganciò il tema della violenza nell’Islam al dialogo tra l’imperatore “dotto” Manuele II Paleologo e “il persiano colto”.

I teocon vi ravvisarono un deciso e chiaro segnale per iniziare una nuova guerra santa. In realtà finsero di non leggere l’aggettivo “inaccettabile” che Raztinger inserì nel passaggio cruciale, a favore di un vero dialogo con l’islam: “Egli (Manuele II Paleologo, ndr), in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo ‘Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava’. L’imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole”.

Ed è su questa base ideologicamente aggressiva che negli anni successivi si sono innestati gli altri temi dei clericali di destra (in primis Giorgia Meloni e Matteo Salvini) stavolta in funzione anti-bergoliana: teoria gender, omofobia, unioni civili, eutanasia, migranti, filotrumpismo, finanche le simpatie no vax. Come ha ribadito più volte Salvini: “Benedetto XVI (non Francesco, ndr) è il mio papa”.

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