Euro-mazzette

La polizia belga: “Rabat dietro le nomine di Cozzolino e Kaili”

Le carte dell’inchiesta - Informativa. Le ingerenze: dai voti sulle risoluzioni al premio Sacharov, al dem “in commissione Pegasus”. Tutto deciso dal Marocco

Di Martina Castigliani, Antonio Massari, Giuseppe Pipitone e Gianni Rosini
18 Dicembre 2022

Non hanno influito solo sulle decisioni del Parlamento Ue relative al Marocco. Secondo gli investigatori della procura federale di Bruxelles le ingerenze di Rabat avrebbero riguardato anche altro. Persino le nomine dei membri delle commissioni dell’Eurocamera, che si occupavano di dossier delicati per il Paese maghrebino. Come quella creata per indagare sull’uso di Pegasus, lo spyware che – secondo alcune inchieste giornalistiche – è stato usato anche dagli 007 marocchini per spiare gli attivisti per i diritti umani. E, addirittura, il presidente francese Emmanuel Macron. Chi è che siede nella commissione che deve indagare sull’uso di Pegasus? L’eurodeputato Andrea Cozzolino. Finora mai indagato o interrogato, Cozzolino è stato sospeso dal Pd dopo che il suo nome è stato citato nell’inchiesta della procura di Bruxelles. “L’adesione di Cozzolino alla commissione parlamentare speciale sul programma Pegasus a gennaio 2022 fu pianificata visto il coinvolgimento pubblico del Marocco nel dossier”, sostengono gli investigatori della polizia giudiziaria belga, in un’informativa agli atti dell’indagine del giudice istruttore Michel Claise.

Un documento del 29 luglio scorso, in cui gli inquirenti ipotizzano che persino l’elezione di Eva Kaili alla vicepresidenza dell’Europarlamento “è stata sostenuta da Panzeri e dalla sua squadra”. La politica greca è finita agli arresti insieme al compagno, Francesco Giorgi, ex assistente parlamentare di Panzeri. Sono questi i protagonisti dell’indagine belga. Un’inchiesta su “una rete che lavora per conto del Marocco, ma anche del Qatar, sviluppando una attività di ingerenza all’interno delle istituzioni europee attraverso la corruzione di individui installati in posti chiave nel mondo istituzionale, principalmente all’interno del Pe”. In particolare per l’accusa “la politica del gruppo parlamentare S&D sarebbe influenzata dal Marocco eo distintamente dal Qatar”. Un’influenza che ha “interferito sulle decisioni dell’Europarlamento in favore del Marocco a più riprese”. Che tipo di decisioni? Gli investigatori parlano di “numerosi testi di risoluzioni votate”, ma pure di “diverse dichiarazioni della delegazione per il Maghreb”, cioè quella guidata da Antonio Panzeri per otto anni, dal 2009 al 2017. Ma non solo: Rabat sarebbe intervenuta per “l’alterazione del rapporto annuale del Pe sulla politica estera e della sicurezza comune”. E persino nella nomina “dei candidati per il premio Sakharov per la libertà d’espressione”. E in effetti analizzando la lista presentata da diversi gruppi politici si nota come nel 2021 il Gruppo della Sinistra avesse proposto Sultana Khaya, l’attivista per i diritti umani del Saharawi e per l’indipendenza del Sahara occidentale. Per far entrare il suo nome nel terzetto dei finalisti sarebbe dovuto arrivare l’ok delle commissioni degli Affari Esteri e dello Sviluppo.

Nella prima siedono politici citati nell’inchiesta, che hanno visto perquisire gli uffici dei propri assistenti: l’europarlamentare socialista belga, Maria Arena e – come sostituta – la dem Alessandra Moretti. Entrambe non sono indagate. Come non indagato risulta, fino a oggi, Cozzolino, pure lui membro sostituto della commissione Esteri. Sultana Khaya, in ogni caso, non passerà mai la selezione per entrare tra i tre finalisti.

Intanto la procura di Bruxelles sta continuando a portare avanti le indagini. Dalle analisi dei pc trovati negli uffici degli assistenti parlamentari emergerebbero anomalie su alcune nomine. Ma pure una sorta di ruolo-regia di Giorgi, che dava indicazioni agli altri collaboratori. Parallelamente continuano ad andare avanti gli accertamenti della procura di Milano sui protagonisti italiani di questa storia. Dopo i mandati d’arresto europei per Maria Colleoni e Silvia Panzeri, rispettivamente moglie e figlia dell’ex europarlamentare, la Finanza ha messo gli occhi su 7 conti correnti riconducibili alla famiglia: ci sarebbero movimenti di denaro poco compatibili con le entrate ufficiali dei Panzeri. Non tanto per la quantità di denaro, ma anche per la tipologia di movimenti, a volte anche esteri. In questo senso gli investigatori hanno messo nel mirino un conto della Lift bank, un istituto brasiliano.

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