Il racconto

Stupratori, violenti e deboli: così gli dei ci hanno trasmesso il patriarcato

Antica Grecia - Zeus era un violentatore seriale, eppure Era se la prendeva spesso con le vittime del marito. Le vittime di Apollo subirono una trasformazione. Medusa fu oltraggiata per tre volte, ma il suo nome ricorda il suo ruolo di protettrice. Un viaggio attraverso i miti, all'origine del maschilismo

Di Marilù Oliva*
14 Novembre 2022

Marilù Oliva ha appena dato alle stampe “I divini dell’Olimpo. Quattro incontri con gli dèi” (Solferino), nel quale i miti vengono riletti in chiave moderna: personalità che coprono l’intera gamma dei sentimenti umani (l’amore, il desiderio, la collera, l’amicizia, l’offesa, il dolore). Ma anche storie di abusi, debolezze e manifestazioni di potere, così come di grandi donne (e grandi dee) li hanno contrastati. Abbiamo chiesto all’autrice di ricordarci l’antica origine del maschilismo.


La Grecia antica, quella in cui si intrecciarono le meravigliose storie che hanno formato il mito, era patriarcale, sarebbe sciocco negarlo. Le donne servivano in primis per procreare, tutt’al più per seguire la casa, compiacere lo sposo, tessere al telaio (meglio se sapevano anche cantare) e, in tempi di guerra, le prigioniere più belle venivano scelte come concubine. Se erano anche principesse i guerrieri godevano di più, sapendo di poter sottomettere una donna non solo nemica ma anche di alto rango. E gli dei non erano da meno. Facevano il bello e cattivo tempo e non esitavano a sfoggiare le loro debolezze, le loro passioni, le loro rabbie, i loro istinti impellenti. Si consideravano superiori a noi umani, in quanto depositari di un’eterna giovinezza che lambiva l’immortalità, erano più alti, più belli, più sfolgoranti. Ma non sapevano essere diplomatici come noi. Né tantomeno avveduti. Non erano in grado di gestire la tristezza e i sentimenti difficili. Quando provavano un desiderio divenivano incontinenti. Dovevano soddisfarlo subito e non si preoccupavano di ciò che questo comportava. E le donne erano le prime a rimetterci. Diverse vicende ci raccontano di quante ingiustizie abbiano patito, sopportando spesso in silenzio e solitudine.

Alcune di loro le conosciamo.

Apollo s’invaghì di Cassandra, per conquistarla le donò l’arte profetica e, quando lei rifiutò di concedersi alle sue brame, le sputò sulle labbra condannandola a restare per sempre inascoltata. Dafne dovette essere tramutata in albero per sfuggire all’inseguimento di questo dio ostinato e proprio lei, che incarnava la forza del movimento, fu destinata per sempre all’immobilità di un vegetale. Zeus puntava le sue prede, donne o giovincelli che fossero, e si trasformava in qualunque cosa per possederle. Divenne cigno con Leda, Toro con Europa, aquila con Ganimede, pioggia dorata con Danae. E questi sono solo alcuni nomi.

Fatto sta che il grande signore dell’Olimpo era uno stupratore seriale. Il resto del suo tempo lo trascorreva a cercare di giustificarsi con la moglie Era, sempre inviperita perché aveva più corna di un palco di cervo e, per inciso, Era spesso se la prendeva con le amanti di suo marito, anziché con lui. Come fece con Io, che tormentò con un tafano dopo che Zeus l’aveva trasformata in mucca. Quante donne, anche oggi, si accaniscono con l’amante del compagno/marito/fidanzato anziché col diretto interessato? Perché la sorellanza è ancora una chimera. Di solidarietà non si parlava certo e già allora le donne sprecavano tempo ed energie per competere in stupide gare di bellezza: la vicenda del pomo d’oro docet. Tre dee a litigare per una mela sopra alla quale Eris, la divinità della discordia, aveva furbamente scritto “alla più bella”, proprio perché Eris conosceva le sue polle e voleva provocare un putiferio. Non si trattava di dee qualunque, ma di Era, la più potente in assoluto, la divina consorte del re degli olimpi, poi Atena, che deteneva lo scettro sulla saggezza e sull’arte della guerra. Cosa fregava a loro di ottenere anche la bellezza? E invece le donne inciampano sempre lì, ieri come oggi, che noia. La terza era Afrodite, lei sì che aveva qualche ragione a pretendere che le venisse assegnato il frutto della discordia, rispecchiava e superava i canoni di bellezza imposti dall’epoca, impiegava quasi tutto il suo tempo a rifulgere del proprio splendore. E non dimentichiamo che era nata dal membro evirato di un dio primordiale corrispondente al cielo stellato, Urano. Almeno Eva era stata creata da una costola (e anche qui notiamo che siamo sempre “una derivazione di”, “una parte di”, ma sapere che tuo padre è un pene, per quanto sacro, non deve essere il massimo).

Ma torniamo alle violenze. Persefone fu dapprima abusata da suo padre Zeus, quando era poco più che una bambina, e appena divenuta ragazza venne rapita dallo zio Ade, che prima di commettere il misfatto aveva chiesto il permesso proprio a suo fratello Zeus, il quale ovviamente glielo aveva accordato! Anzi, probabilmente Zeus pensò che Ade fosse stato un galantuomo a rapire la nipote, senza zomparle direttamente addosso a tradimento come faceva lui con le sue vittime. Invece Ade aveva commesso un atto gravissimo. Aveva sradicato questa ragazza dalla sua realtà, l’aveva condotta nel regno degli Inferi costringendola ad adattarsi all’oscurità dell’oltretomba e a rinunciare alla luce del sole. Questo almeno per sei mesi all’anno, perché la mamma di Persefone, Demetra, mosse mari e monti per riavere la figlia. Per protesta bloccò le messi, gridò ovunque il suo dolore, scatenò una tale ribellione che Zeus fu costretta a concederle sua figlia per metà dell’anno.

Sono infinite le storie di sopruso che le ragazze dovettero subire e voglio ricordare tra tutte Medusa, tre volte oltraggiata. Perché gli dei non amano quelle come lei. E nemmeno le dee hanno molta simpatia. Medusa era una bellissima fanciulla ed è curiosa questa dicotomia dell’antica Grecia – giunta un po’ però anche fino ad oggi – per cui da un lato ti viene fatto capire che è molto meglio se nasci bella perché avrai molte più chances, ma dall’altro ti deve essere chiaro fin da subito che il tuo fascino potrebbe causarti un sacco di guai.

Medusa subì il primo atto brutale quando Poseidone la violentò nel tempio di Atena. La seconda umiliazione fu quando Atena se la prese con lei perché il suo santuario era stato profanato. Le impose così serpi al posto dei capelli e le fece crescere zanne di cinghiale sul volto. Da quel giorno il suo sguardo pietrificò chi lo incrociasse e ciò la condannò a un duplice destino: sarebbe vissuta relegata in una solitudine senza scampo e molti guerrieri avrebbero cercato di ucciderla. Il luogo in cui era nascosta era cupo e desolato, nessuno ebbe più una parola gentile per lei, divenuta lo spauracchio di cantori e ascoltatori. La terza violenza avvenne contro la sua vita e il suo corpo: fu uccisa e decapitata da Perseo, che nemmeno la conosceva.

Il suo nome si traduce in “protettrice”, “custode”, perché deriva dal verbo greco μέδω che significa, per l’appunto, “proteggo”. Medusa tutelò i suoi segreti, i suoi sensi di colpa, protesse persino quegli dei che non la amavano, perché mai si ribellò.

Lei, invece, non fu mai protetta da nessuno.


*Marilù Oliva è scrittrice, saggista e docente di lettere. Prima di approdare all’ambito mitologico, ha scritto romanzi di successo thriller e noir. Per Solferino ha pubblicato il bestseller “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (2020)”, “Biancaneve nel Novecento” (2021) e “L’Eneide di Didone” (2022). A sfondo mitologico è il romanzo per ragazzi “Il viaggio mitico” (De Agostini 2022), scritto con suo figlio Matteo. Ha co-curato per Zanichelli un’antologia sui “Promessi Sposi” e realizzato due antologie patrocinate da Telefono Rosa, nell’ambito del suo lavoro sulle questioni di genere. Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero. www.mariluoliva.net

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