L’INTERVISTA

David Quammen: “Con il virus sarà pareggio ma non diremo addio Covid”

L’autore di “Spillover” - A tre anni dalla pandemia, riannoda il filo con cui ha inseguito le origini di SARS-CoV-2, i vaccini, Trump e il nuovo Big One

Di Maddalena Oliva
12 Novembre 2022

È anche lui, come tutti, grato a Zoom. Il suo ultimo libro, Senza respiro, è nato così, sulla piattaforma social, durante le prime fasi della pandemia, quando la circolazione delle persone era fortemente limitata per evitare che SARS-CoV-2 si diffondesse ancor di più e ancor più rapidamente. Videochiamate e conference-call con 95 scienziati ed esperti di tutto il mondo, chiuso nel suo studio in Montana, con La peste di Camus a fargli compagnia. “Senza attraversare a piedi la giungla seguendo valorosi biologi, senza visitare laboratori, arrampicarmi in cima a dirupi, salire su tetti o strisciare dentro grotte; senza poter osservare i ricercatori fare la posta ai gorilla con fucili tranquillanti o prelevare sangue ai pipistrelli”. Stavolta il brivido ha assunto una forma diversa per “Mister Spillover”, lo scrittore divenuto famoso in tutto il mondo per aver “predetto” la pandemia. David Quammen risponde alle domande del Fatto dalla Corea, in attesa di un volo per Singapore. E prima di arrivare in Italia per presentare il suo ultimo lavoro. Lo rivediamo dopo due anni e sei milioni e mezzo di morti che rispondono a quella teoria del caos per cui “il battito delle grigie ali di un pipistrello in una caverna nel Sud della Cina può seminare lutti a Times Square”.

Quammen, anche lei poco tempo fa si è ammalato di Covid. Possiamo finalmente dire che è diventata un’influenza stagionale e la pandemia un’epidemia?

Come chiamare il Covid oggi è solo una scelta semantica, perché se anche la pandemia fosse finita – come è per alcuni – la “fase endemica” non è ancora stata definita. Quel che conta è che il peggio sia passato. Ma il virus non è scomparso, la malattia non è scomparsa e in tanti continuano a morire. Il virus non è meno nocivo, e probabilmente non lo diventerà mai. Chi dice che è inevitabile che SARS-CoV-2 perda piano piano virulenza non ne comprende l’evoluzione. Sarà con noi per sempre e potrebbe, come non potrebbe, continuare a uccidere.

Omicron e Centaurus sono le ultime varianti conosciute: cosa le caratterizza?

Omicron presenta un gran numero di mutazioni che la distinguono dalle precedenti varianti, e ha dimostrato di essere notevolmente più trasmissibile ma non più virulenta. Ha anche una spiccata capacità di mutare ed evolversi, generando un’ampia serie di sottovarianti: ecco perché è sotto costante monitoraggio. “Centaurus” – così casualmente battezzata per un nomignolo che le ha dato su Twitter un balordo che pensava di aver trovato un nome geniale – è proprio una di queste sottovarianti di Omicron.

Sembrano comunque meno aggressive rispetto al ceppo originario di Wuhan. Perché? Potrebbe dipendere dal vaccino?

Il fatto che tanti ormai si siano vaccinati ha senza dubbio ridotto i casi gravi. Le persone vaccinate possono ancora contagiarsi e avvertire sintomi, ma in genere in forma molto meno grave. Questo però non equivale a dire che le varianti più recenti siano o no meno virulente: anche se le due questioni sono intrecciate, è difficile stabilire in che misura.

A distanza di quasi tre anni, possiamo dirlo: non eravamo preparati.

Tre cose sono andate storte: si è verificato uno spillover di un virus animale in uno o più esseri umani; questo spillover ha portato a una piccola catena di infezioni da persona a persona, un focolaio, nella città di Wuhan, prima che gli scienziati e i funzionari della sanità pubblica se ne rendessero conto; l’assenza di vigilanza e di tempestività ha permesso all’epidemia di diffondersi da Wuhan a tutto il mondo, attraverso il trasporto rapido di persone infette. Ed ecco la pandemia.

Lei per Senza respiro ha intervistato moltissimi scienziati. Che idea si è fatto delle dibattutissime origini del virus?

Gli scienziati più qualificati concordano nel ritenere che il SARS-CoV-2 sia un virus naturale, selvatico, frutto dell’evoluzione darwiniana e originato nei pipistrelli, probabilmente in quelli “ferro di cavallo” della Cina meridionale. Alcune delle caratteristiche, questo virus, le ha acquisite attraverso la ricombinazione con altri coronavirus di pipistrelli o di pangolini o di cani procione, e probabilmente si è trasmesso all’uomo per mezzo di un contatto diretto con il suo animale ospite, o con un animale intermedio.

L’origine naturale del virus non è ancora stata identificata in modo definitivo. Lei non crede all’ipotesi della fuga dal laboratorio?

Esiste una piccola possibilità. Ma non è confermata da alcuna prova: è un’ipotesi più sensazionale, perché amiamo le storie oscure e sinistre, specie la stampa e i social. E tra gli scienziati che caldeggiano questa tesi nessuno che io sappia è un virologo evolutivo molecolare.

Lei sostiene che la pandemia sia stata il risultato di un “doppio incidente”.

A parlarmene è stato lo scienziato Roger Frutos. Il primo incidente, secondo lui, si è verificato quando un virus naturale proveniente probabilmente da un pipistrello è passato in uno o più esseri umani. Il secondo si è avuto quando il virus si è diffuso ampiamente da uomo a uomo. È stato nel gennaio 2020, quando folle enormi di persone, alcune infette, si sono riversate a Wuhan per la Festa di Primavera, poco prima del Capodanno cinese.

SARS-CoV-2 è stato tutt’altro che una “bomba”, uno “tsunami” improvviso.

A dicembre 2019 e gennaio 2020, il mondo è stato colpito da nulla che gli scienziati non avessero previsto negli ultimi vent’anni: una pandemia causata da un nuovo coronavirus, proveniente con buona probabilità da un pipistrello. I non scienziati purtroppo soffrono sempre di un deficit di attenzione verso la scienza. Ma nel 2020 è risultato particolarmente infausto.

Quali sono i Paesi che hanno gestito meglio la pandemia?

Quelli che avevano il vantaggio di essere più isolati, di avere un solido sistema sanitario pubblico e un governo nazionale forte, un ricordo di passate sfide epidemiche e uno spirito pubblico propenso a interessarsi al benessere degli altri. Singapore, Corea del Sud, Giappone, Cina, Islanda e Nuova Zelanda. Ma anche questi Paesi, o almeno alcuni, hanno subìto poi le loro ondate. Perché? Perché, come mi ha detto Tony Fauci, si tratta di un virus particolarmente “nefasto e insidioso”.

Che ci ha lasciati “senza respiro”…

Ha letteralmente tolto il respiro a chi si è contagiato, aggredendo e infiammando le cellule delle vie respiratorie, e ha richiesto agli scienziati uno sforzo frenetico e senza tregua per comprendere il virus e per creare vaccini e farmaci antivirali in grado di combatterlo.

Senza vaccino, che mondo avremmo oggi?

Una versione moderna e agghiacciante del mondo trecentesco! Perderemmo, a intervalli regolari, ampie fasce di popolazione a causa di pandemie di vaiolo, morbillo, poliomielite, febbre gialla, difterite e altre malattie infettive. Sarebbe forse pure peggio del 1300. A differenza della peste bubbonica, le nuove infezioni avrebbero il vantaggio di divampare in città molto più grandi e affollate, e di spostarsi in aereo per trovare nuove vittime.

La comunità scientifica è stata all’altezza della pandemia?

A volte l’opinione pubblica è confusa e frustrata perché la scienza non è un corpo di verità fisso e immutabile, arriva a una comprensione del mondo sempre più accurata ma mai definitiva. Non è però compito degli scienziati raccontare questa storia complessa di ipotesi, ricerca di prove, avanzamenti graduali e provvisori. Fare ricerche e analisi è già abbastanza difficile.

Quindi secondo lei gli scienziati non hanno commesso errori?

Tutti commettiamo errori. Gli scienziati sono esseri umani. Gli errori più dannosi nella saga del Covid-19 sono stati commessi dai politici, come quel buffone narcisista che era presidente del mio Paese quando è scoppiata la pandemia, Donald Trump.

Il nuovo governo in Italia ha deciso di comunicare i dati dei contagi con un bollettino settimanale e non più giornaliero. Pensa sia una scelta corretta data la fase?

Credo sia bene offrire il maggior numero possibile di informazioni sullo stato delle infezioni man mano che si verificano. Detto questo, non intendo criticare l’attuale governo o il precedente sulla gestione del Covid. Spetta agli italiani giudicare.

Pensa che la libertà di esprimere le proprie idee, anche critiche, in questi anni sia sempre stata rispettata?

Chi aveva dubbi e perplessità, da una parte o dall’altra, si è fatto ascoltare. Viviamo in una cacofonia moderna di voci disparate. Le uniche voci all’interno del dibattito scientifico che mi sembra siano state emarginate sono quelle che lo hanno fatto da sole, presentando prove non rigorose a sostegno delle loro tesi.

Un “messaggio in bottiglia” per il futuro.

Forse dovremmo tutti rileggere La peste di Camus. Ci mostra, con suprema maestria letteraria, che gli esseri umani posti di fronte a una terribile pestilenza saranno quel che sono sempre: diversi tra loro. Alcuni eroici, forti e altruisti, altri codardi, pavidi e abietti.

Diremo addio al Covid?

Non diremo addio al Covid, proprio come non possiamo dire addio alla morte o alle tasse. Probabilmente si giungerà al pareggio, il che significa che con il virus ingaggeremo comunque una guerra “a bassa intensità”. Impareremo a conviverci e a controllarne la minaccia, specie se avremo fiducia nella scienza e ci cureremo gli uni degli altri, ma probabilmente non la elimineremo mai. E non ce ne dimenticheremo finché non saremo distratti da qualcosa di peggio.

Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra

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