Nordisti

Letta vuol perdere, Meloni vince: si va verso un Draghi-2?

29 Luglio 2022

A guardare i sondaggi, e le scelte di Enrico Letta, sembra una partita già decisa: alle elezioni del 25 settembre il primo partito sarà Fratelli d’Italia e la coalizione vincente sarà quella della destra, con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che dovranno passare lo scettro di leader a Giorgia Meloni, la quale ha rimesso nel simbolo del suo partito la fiamma tricolore che si sprigiona dalla bara della fascista Repubblica Sociale alleata dei nazisti. A sinistra, un competitor in grado di vincere non c’è: non esiste un nuovo Ulivo che riunisca tutti gli oppositori della destra. Il Pd ha rinunciato a fare un fronte comune, basato su punti programmatici chiari e condivisi, con il M5S di Giuseppe Conte. Forse era ormai impossibile, viste le scelte di Letta per il programma centrista di Mario Draghi e il suo impegno ad aumentare la spesa militare. Forse era addirittura controproducente, vista la difficoltà, anzi l’impossibilità, di sommare i voti d’establishment di una parte dell’elettorato del Pd con i voti anti-establishment che i 5 Stelle dovrebbero andare a recuperare dal grande bacino dell’astensione. Dunque Pd e M5S hanno separato le loro strade e andranno divisi alle elezioni. Il risultato potrebbe essere catastrofico: se non troveranno almeno forme di desistenza nei collegi uninominali, il centrodestra a guida Meloni potrebbe ottenere i due terzi dei seggi in Parlamento e cambiare la Costituzione repubblicana senza neppure passare dal referendum popolare; potrebbe tentare di eleggere un suo presidente della Repubblica, con un Berlusconi indagato per i suoi rapporti con Cosa Nostra e per le stragi di mafia che potrà cercare di nuovo d’installarsi al Quirinale, o almeno alla presidenza del Senato come seconda carica dello Stato.

Dalla campagna elettorale comunque usciranno un Pd e un Movimento 5 Stelle diversi da quelli attuali. Il Pd sarà costretto, per tenere insieme il centro e tutti i suoi centrini, ad abbandonare quel poco che gli era rimasto di programma sociale e di sinistra. Si troverà in balia di un’area politica con più leader che voti, dove gli Ego peseranno più dei consensi che riusciranno a conquistare. Carlo Calenda, Matteo Renzi, Emma Bonino, Mariastella Gelmini, Renato Brunetta, Giovanni Toti, Luigi Di Maio, Giuseppe Sala, Letizia Moratti: ma che bella compagnia! Non servirà a battere la destra, ma in compenso inquinerà (definitivamente?) il centrosinistra a guida Pd, imponendogli un programma di destra nelle questioni sociali e di greenwashing in quelle ambientali. La chiamano “Agenda Draghi”, ma è il programma di restaurazione dell’establishment.

La speranza di questo schieramento politico-narcisista, che sopravvaluta tanto le sue capacità strategiche quanto il suo peso elettorale, è di trovare comunque anche nel prossimo Parlamento una maggioranza che sostenga Draghi forever, dando vita a un nuovo, improbabile governissimo guidato da un Draghi riluttante. Non hanno capito che quel governissimo non è la soluzione, ma la causa dei loro problemi, è la formula politica che ha fatto crescere la destra che li sconfiggerà e con cui l’establishment alla fine dovrà venire a patti. Fanno festa, anche a sinistra, per aver messo ai margini i 5 Stelle, senza capire che ora correranno il rischio di dover fare i conti con Alba Dorata.

Il M5S nei prossimi mesi si gioca tutto. Di fronte ha la possibilità di diventare residuale e avviarsi alla dissoluzione, pagando seccamente gli errori commessi. Oppure di tornare a raccogliere i voti dei delusi, degli scontenti, di chi non si sente rappresentato né dalla destra di Meloni né dalla “sinistra” dell’establishment. L’area del non voto è vastissima. Sarà in grado Conte (magari con Alessandro Di Battista) di ridare una speranza a chi non ha rappresentanza né sociale né politica?

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