Scandalo

Università, ministro Messa denunciò i suoi studenti per coprire i suoi favoritismi a Milano

Raccomandazioni & Bicocca - Anziché spiegare la sua posizione ai magistrati, l’allora rettrice della Bicocca denunciò per “oltraggio” la docente che aveva segnalato le sue pressioni per dare "un calcio nel sedere" a tre studentesse a lei vicine

10 Luglio 2022

Ha fatto finta per giorni di non ricordare la storia dei favoritismi. Eppure per difendersi dalle accuse ha contrattaccato con una serie di denunce surreali. Una a chi l’accusava per “oltraggio”. L’altra addirittura contro gli studenti. Riserva nuovi colpi di scena la storia rivelata dal Fatto delle presunte pressioni di Maria Cristina Messa, all’epoca rettrice della Bicocca e oggi ministro dell’Università, per far promuovere “studentesse a lei vicine che non riunivano i requisiti minimi per ottenere il titolo”. Qualcosa si smuove, tra l’Usb che invoca dimissioni, il vicepresidente della Camera Rampelli che interroga il ministro della Giustizia e sette senatori che interpellano direttamente Draghi. Nel frattempo è uscita allo scoperto l’avvocato Samantha Ravezzi, ideatrice e docente del master internazionale in diritti umani della Bicocca che nel 2018 denunciò quelle pressioni. Al Fatto Ravezzi ha raccontato le rappresaglie subite: il deferimento all’ordine degli avvocati poi finito in nulla e l’estromissione dall’insegnamento. Le più pesanti però le ha scoperte solo mercoledì scorso, quando finalmente ha potuto visionare il fascicolo cui non aveva potuto accedere prima per un errore di notifica del Tribunale che le ha impedito di opporsi per tempo all’archiviazione decisa l’anno scorso; cosa che ha fatto il giorno stesso depositando un reclamo che potrebbe riaprire le indagini.

All’interno del fascicolo trova una sorpresa: la copia di una denuncia a suo carico di cui nulla sapeva. Ravezzi scopre così che dopo di lei alla Procura di Milano bussò proprio Maria Cristina Messa, non per chiarire la sua posizione ma per denunciare chi l’accusava di “oltraggio a pubblico ufficiale”. L’esposto è del 13 settembre 2018, di quattro mesi successivo al suo. Messa l’accusa di aver riportato in comunicazioni ufficiali “continue e pressanti, intimidatorie Pec dai toni offensivi e denigratori verso la sottoscritta e l’amministrazione”. Tra queste, cita svariate comunicazioni in cui l’avvocato Ravezzi effettivamente chiede il rilascio dei titoli legali che gli studenti attendono ormai da otto mesi e nel farlo “insiste nell’accusare la sottoscritta di aver abusato della propria posizione di Rettore per fare pressioni sul comitato ai fini del rilascio del titolo ad alcune consoli”.

La docente lo faceva in forza di documenti interni, e scambi di mail con la direttrice del master Silvia Buzzelli, che il 19 marzo 2018 Messa convocò “con urgenza” nel suo ufficio proprio per chiedere alla sottoposta di “attivarsi per le tre studentesse”. Ai magistrati chiede dunque di perseguirla anche per “rivelazione di segreti d’ufficio”, biglietto da visita singolare per un ministro che promette “trasparenza” nei suoi propositi di riforma e dichiara di voler “trattenere i giovani e attrarre gli stranieri”. La sua contro-denuncia, poi archiviata, racconta il contrario.

Adesso Messa non nega più di conoscere le “favorite”, né il suo interessamento per loro e a Radio24 risponde “Il mio lavoro è ascoltare tutti gli studenti, incluse queste tre studentesse”. Non dice però che ne denunciò in blocco dieci all’autorità giudiziaria, altro gesto inatteso da un rettore. Perché questo fece: oltre alla docente, Messa chiese di perseguire anche chi quel corso da 5mila euro lo aveva frequentato e superato, ma aveva osato poi criticarla sulle bacheche web della Bicocca per la poca trasparenza nella gestione di titoli legali che non arrivavano mai, nonostante i solleciti. Proteste certo alimentate anche dal concomitante sospetto che fossero in qualche modo “ostaggio” delle interferenze del vertice di Bicocca volte a concedere una proroga alle “favorite” perché recuperassero frequenze ed esami.

Nella foga di scrollarsi di dosso le accuse, Messa accredita una campagna diffamatoria ordita da studenti che probabilmente neppure conosce, tanto da sfiorare un grottesco incidente diplomatico. Denuncia ad esempio Nora Aida Espino Aguirre, che nella vita fa il giudice penale in Messico, Juan Carlos Paz Mena, giudice dell’Ecuador e Sigifredo López Tobón, un ex deputato colombiano assurto a eroe nazionale per essere l’unico sopravvissuto al massacro delle Farc del 2007. Messa vuol convincere i pm che quest’uomo, rimasto 7 anni in balia di guerriglieri, intese diffamarla quando, da Cali, lamentò pubblicamente che la Bicocca stava impiegando un anno per emettere il suo titolo di laurea. Solo l’archiviazione ha impedito a tutti loro – e ad altri otto tra avvocati, giudici e funzionari delle Nazioni Unite – di sapere che a Milano qualcuno li additava come “diffamatori”: un rettore che confondeva le sue relazioni col merito, la sua posizione con l’arbitrio, il diritto di critica con l’oltraggio. Ma oggi fa il ministro.

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