Matite irriverenti

Chi visse sperando: il senso degli invitati single per i matrimoni (altrui)

E vissero felici... chi? - Ogni volta è la stessa storia: si parte dalla scelta folle dell'abito (è pur sempre giugno e ci sono 40 gradi), si continua con le 85 portate in 14 ore circa, si finisce con l'adocchiare quel tizio che sembra tanto figo. Ma proprio mentre credi che la giornata, tutto sommato, sia salvabile, ecco che arriva al tavolo la prozia...

Di Amalia Caratozzolo
13 Giugno 2022

Ma è una mia impressione… o c’è stato un incremento importante di matrimoni, post Covid?

Non fanno tutti che sposarsi e figliare, figliare e sposarsi. Il che, intendiamoci, a me va benissimo finché la protagonista non sono io. È vero, i bambini sono la cosa più bella del mondo (dopo i gatti), ma perché sposarsi? E soprattutto… perché mai sposarsi a giugno, a Roma, con 45 gradi all’ombra (80 percepiti)??? Esattamente nel periodo dell’anno in cui per toccare il volante non puoi fare a meno dei guantoni da forno. Ma io mi domando, nessuno mostra un po’ di clemenza per noi poveri invitati? Comunque… alla fine il matrimonio è una festa come un’altra e quindi me la faccio prendere bene e inizio a entrare nell’ottica che sarò presente quel giorno. Almeno per me, scatta proprio opera di convincimento del tipo “Ce la posso fare a farcela”. Insomma manco Carrie di Sex and the city, a cui scoppia un’allergia feroce all’abito da sposa, proprio quando sta QUASI per congiungersi all’amato e agognato Big.

Lo stress a cui è sottoposta una novella sposa, non posso neppure immaginarlo… ma anche per gli invitati (soprattutto single) la questione può essere piuttosto estenuante.

Intanto perché, per i single invitati a un matrimonio, le aspettative di rimorchio sono altissime, e invece il disastro tragicomico è dietro l’angolo! Voi per caso conoscete coppie che si sono conosciute a un matrimonio, e tra cui è scoppiato l’amore? Coppie che, a loro volta, si sono poi sposate? Creature leggendarie… io personalmente non ne ho mai vista una, tranne che nei libri di mitologia.

Ma torniamo allo stress pre-matrimonio. Non si tratta soltanto di quella giornata, ma soprattutto riguarda tutto ciò che precede la cerimonia, tipo:

Che cazzo mi metto?

E così inizi a svuotare l’armadio provando tutti i vestiti eleganti. E quando dico tutti, intendo proprio TUTTI. Con tanto di file Excel con la crono-storia di questo e quell’altro abito, completa di dettagli come taglia, stoffa, e rigorosamente con foto allegata. Successivamente condividi il file con tutte le tue amiche e con tua madre, la quale ti boccerà qualunque proposta e tu avrai passato un inutile pomeriggio e svuotare il tuo armadio. Ora è quasi ora di cena… non hai niente da mangiare e il supermercato ha già chiuso, e quindi trascorrerai le successive dodici ore a rimettere a posto, a digiuno per giunta. Il giorno dopo, comprerai due vestiti online di cui farai il reso perché troppo suora, troppo sexy, troppo colorato, no bianco, no nero. “Vestire di bianco a un matrimonio non sia MAI nella vita e manco nella morte”! Così diceva sempre mia nonna Peppina.

Alla fine deciderai di indossare lo stesso vestito che hai messo al matrimonio di tuo cugino di settimo grado che si è sposato a Canicattì. Finisce sempre così, ma l’acquisto compulsivo delirante pre-matrimonio è d’obbligo. Menomale che si possono fare i resi!

Adesso che ho l’abito perfetto, posso tirare un sospiro di sollievo e iniziare la fase di AUTOSABOTAGGIO: di solito comincia qualche giorno prima della fatidica data. Proprio così. Lo step auto-sabotaggio sta al single invitato al matrimonio, come la marmellata sta ai toast. Mi spiego meglio: ora che il vestito è ok ed è stato persino approvato da “La Matre”, non ho niente di meglio da fare che premere compulsivamente un brufolo che non c’è, con tale accanimento da causarmi una ferita che in breve si estenderà su mezza fronte. Perfetto! Adesso non solo ho il vestito giusto, sono anche munita del terzo occhio!

E dopo la massacrante preparazione di cui sopra, finalmente eccoci al giorno delle nozze.

Roma è una città molto grande, le distanze sono davvero notevoli, e quindi questo stra-benedetto matrimonio durerà più di quattordici ore tra cerimonia e cena, stile matrimonio indiano (con tanto di terzo occhio, appunto). Ma la cerimonia è appena finita, ci prepariamo per la cena, e io sono ancora piena di buone speranze, ignara di cosa mi aspetta. Dopo due ore di macchina finalmente raggiungiamo il ristornante in mezzo alle montagne, che manco Shining. Per fortuna le mie compagne di tavolo sono due amiche/sorelle storiche e altri amici che tardano ad arrivare. Iniziamo a sederci e a goderci la festa quando arriva una tizia vestita da uovo di Pasqua, che rivolgendosi a noi ha il coraggio di pronunciare testuali parole: “Aspettate i vostri mariti?”. In un attimo assumiamo le sembianze di un quadro cubista e Dora, con un tempismo impeccabile risponde: “ZITELLE”. A questo punto cala il gelo, con tanto di stalattiti, e l’uovo di Pasqua si allontana sorridendo a denti stretti. Finalmente arrivano gli altri compagni di tavolo e iniziamo a mangiare.

Nel momento dell’antipasto sei ancora piuttosto lucido e in forma, e allora scatta il monitoraggio: scovare tra gli invitati un tizio carino, single, che non sia psicopatico e abbia almeno mezzo neurone. L’impresa appare piuttosto complessa: la maggior parte degli invitati sono sposati e abbrutiti dalla vita, oppure single improponibili. Passano altre sei ore e nel frattempo ti sei mangiato circa duecento portate tra primo, secondo, terzo, quarto, quinto e un’ampia scelta di dolciumi. Hai bevuto litri di vino e così, grazie ai fumi dell’alcol e pure del cibo, intercetti uno in mezzo alla folla che sembra proprio un tipo fico… il giorno dopo apprenderai che era macrocefalo e pure sprovvisto del mezzo neurone, ma in quel momento ti sembra perfetto: di certo nascerà l’ammore! In fondo tutti raccontano di coppie che si sono conosciute a un matrimonio… forse esistono davvero queste creature leggendarie. Il tizio si alza dal tavolo e sembra venire proprio verso di me: è il mio giorno fortunato, penso. Educatamente mi chiede se può sedersi con me per un brindisi. E così iniziamo a chiacchierare e a brindare, e a ogni brindisi lui si mostra ai miei occhi sempre più bello e interessante.

È fatta!

E invece, breve storia tragicomica: proprio quando lui finalmente ti sta per baciare, quando tutti sono distratti e impegnati nelle danze… arriva al tavolo la tua prozia di duecentoquarant’anni in cerca dell’acqua per prendere la sua pinnula (pillola in dialetto messinese). Jingle Just a perfect day di Lou Reed.

A questo punto, mi sa che non resta che aspettare il prossimo matrimonio… almeno il vestito ce l’ho già!

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