L’intervista capovolta - Andrea Di Consoli

“Io, peone per finta: oggi voto, ma l’unico obiettivo è il 2023”

Il fanta-racconto dello scrittore

24 Gennaio 2022

Il Grande Elettore è il nuovo milite ignoto del Palazzo. E’ il fante mandato a morire sulla montagna, il corpo dietro al quale il potere si mimetizza e si accorda. Il Grande Elettore non ricopre nessun ruolo nella partita del Quirinale. Politicamente non esiste.
E qui ne avrete prova*.

Avevo immaginato che il mio prestigio dopo l’elezione a Montecitorio sarebbe aumentato. Tra gli amici, i familiari, i clienti del mio studio avere un onorevole col quale passeggiare non è cosa di tutti i giorni. Invece mi sono subito ricreduto: questo Palazzo è divenuto il luogo della massima, perenne e definitiva mortificazione.

Lei si sente peone dentro.

Ero un avido lettore di giornali e, prima di accettare la candidatura ed essere essere eletto, non tralasciavo neanche la più minuta delle cronache parlamentari. Avevo idea che i peones fossero i deputati semplici che pagavano la loro inesperienze. Ora invece posso dire che il peone resta peone anche in famiglia, anche con gli amici.

Peone per sempre?

Sì, c’è una sorta di somatizzazione, come se gli altri capissero che tu non contavi niente prima e neppure adesso. Non conti a Montecitorio e nemmeno nel tuo condominio. Magari sarà una suggestione, il complesso di chi sente ogni alito, ma trovo solo occhi che mi squadrano. In definitiva posso dire che è stata un’esperienza un po’ scioccante? Sembro pazzo, non faccio una buona impressione.

Appare in preda a una severa depressione.

Perché volente o no gli amici chiedono sempre un aiuto, un’indicazione. Son cose che si fanno, che sembrano scontate. La vita è fatta di queste cose: il concorso, l’appalto, la cognata che deve operarsi, il posto in ospedale. Tante cosucce, che so… Quando capiscono che non sei in grado di aprire neanche le porticine, allora è finita. Ti senti peone dentro.

Oggi lei voterà il nuovo presidente della Repubblica.

È la giornata più brutta in assoluto. Come sa, adesso sono iscritto al gruppo Misto. Spero che questo incubo finisca presto. Fosse per me già oggi con la prima votazione.

In effetti il Misto è il gruppo dei sospesi, la nuvoletta di coloro che stanno tra la terra e il cielo.

Siamo con un piede dentro e uno già fuori. Non vogliamo essere dimenticati dal potere. È il luogo della supplica.

Voterete chiunque vi dia garanzie che la legislatura non termina qui.

Noi siamo consapevoli che l’esperienza politica si è compiuta. Ma uscirne con ordine, con un po’ di tranquillità non è una richiesta del tutto campata in aria.

Avreste votato anche Berlusconi pur di non andare a casa.

Ho ricevuto anch’io la sua telefonata. Devo dire che sono stato felicemente sorpreso. Poi però dobbiamo capire.

Lei ha delle urgenze.

Tutti abbiamo urgenze. Le dico solo questo: prima di essere eletto fatturavo col mio studio 50 mila euro all’anno. Non avevo un euro di debiti. Adesso col triplo dell’entrate ho aperto un fido in banca dal quale non riesco più a sottrarmi.

Ha comprato almeno casa qui a Roma?

Sì, e mia moglie non vorrebbe tornarsene in provincia. Ma come si fa. Non comprende che il tenore di vita non può essere mantenuto e in tutta sincerità neppure questa casa.

Lei non ha proprio speranze di restare in Parlamento?

Nessuna.

Quindi il voto per il presidente della Repubblica è l’ultima carta da spendere.

Si concluda regolarmente la legislatura. Noi siamo contenti anche così.

Lei è un Grande Elettore.

Non l’ha capito che non sono nessuno? Che non conto niente? Anzi, che non esisto? Il presidente della Repubblica viene scelto ed eletto da sei persone, non di più. Gli altri guardano. Il Parlamento si fa Ornamento. È tutta una finta.

*Andrea Di Consoli, scrittore e critico letterario, è nato in quel Sud che esprime molti dei parlamentari oggi chiamati alla prova del Quirinale. Ha raccolto le ambizioni e le frustrazioni di molti di essi e in questo colloquio le ha liberamente e fantasticamente interpretate.

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