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Chicco e la famiglia-tipo: madre bugiarda, padre picchiatello

La campagna natalizia - Il brand di prodotti per bambini, che al suo interno ha un progetto a sostegno della genitorialità, scivola su una serie di stereotipi da Medioevo. Per cui il  papà diventa un “utile alleato” capace (persino!) di giocare con i propri figli quando la madre non c'è

30 Dicembre 2021

C’è un po’ di confusione sotto il cielo di Artsana. O meglio, di una delle aziende che del gruppo fa parte, la Chicco. Tutti la conosciamo, i suoi prodotti invadono (o hanno invaso) le nostre case a ogni nascita, da quando – nel 1958 – l’ex operaio comasco Pietro Catelli decide di dedicare a suo figlio Enrico (detto “Chicco”) un marchio di prodotti per l’infanzia. Dove c’è un bambino, recitava un vecchio slogan. Tra giocattoli e passeggini, cuocipappa e seggiolini auto, alzi la mano chi non è mai entrato in contatto con un carillon Chicco.

E però questa volta la musica suona leggermente stonata. In un’epoca in cui le aziende – anche solo in virtù del marketing – stanno molto attente alle questioni di genere, i social media manager di Artsana hanno diffuso subito prima di Natale alcune card decisamente discutibili. In ognuna è presente un elemento della famiglia (allargata): lo zio, i nonni, l’amica, la figlia della vicina e, ovviamente, la mamma e il papà. Ed è qui che casca l’asino, anzi, lo stereotipo.

Riportiamo alla lettera:

Cavaliere senza macchia e senza paura, non teme notti insonni e pannolini sporchi.

Personaggio che sa rendersi utile;

Segni particolari: alleato perfetto per giocare con tu* figli* quando non ci sei;

Sa stupirti risolvendo i problemi con soluzioni semplici e creative;

Sempre disponibile per ogni lavoretto casalingo;

E’ il tuo alleato contro la frenesia, non solo quella natalizia.

Ora, se da un lato l’introduzione dell’asterisco è segno di attenzione all’identità di genere (o al marketing), le frasi che descrivono la figura paterna sembrano essere state recapitate direttamente dal Medioevo. L’alleato perfetto per giocare con i figli quando la madre non c’è? E quando la madre c’è se ne può stare tranquillamente seduto in poltrona a leggere il giornale? È disponibile per i lavoretti casalinghi? E magari costa meno di un idraulico

Le questioni sono due: o i pubblicitari si sono puliti la coscienza con gli asterischi ma sono stati traditi dallo spirito patriarcale dell’azienda, oppure considerano gli uomini decisamente degli idioti. Del resto “Stupisce risolvendo i problemi con soluzioni semplici” sembrerebbe andare in questa direzione. In entrambi i casi, diciamo che la figura paterna ne esce abbastanza a pezzi.

Anche perché, in confronto, la mamma appare come la “solita” supereroina.

Anche qui riportiamo testualmente:

Da sempre il Natale è stato associato alla parola “Babbo”, oggi lo dedichiamo alla persona che lo rende altrettanto speciale.

Personaggio dalle mille risorse;

Segni particolari: conosce le tecniche segrete per impacchettare ogni cosa (anche all’ultimo minuto);

Compra il dolce della vigilia spacciandolo per suo;

Alle 00.01 esulta per aver superato anche questa festività.

Uno sa rendersi utile ma – poverino – è un po’ picchiatello, l’altra ha mille risorse ma è una grande bugiarda (come si fa a spacciare per proprio il dolce della vigilia, signora mia!).

Inutile riportare qui i commenti alle due card, divisi tra donne che denunciano il ritorno delle ancelle e donne che corrono per impacchettare gli ultimi regali.

Eppure, andando a spulciare la mission aziendale, si potrebbe pensare che si sia trattato solo di uno svarione pre-natalizio.

Chicco ha una campagna, che si chiama #mammaE (lavoratrice, sottinteso) ed è ben spiegata: “Tutte le bambine crescono sognando in grande, ma da grandi viene detto loro di sognare in piccolo. Alle donne viene chiesto troppo spesso di fare una scelta: quella tra essere mamme o inseguire la loro strada. Ma perché dovrebbero rinunciare a una parte di sé?”. Da qui il meritevole sostegno alla neo-genitorialità anche all’interno dell’azienda e immagini, come quella di Elisa Di Francisca fresca di medaglia olimpica, accompagnate dal frasi del tipo “Niente le ha impedito di brillare come sportiva e di affrontare allo stesso tempo le sfide della maternità”.

Ecco, allora il punto è un altro. Cambiare prospettiva. Smetterla di considerare il padre come un “utile alleato” che non teme i pannolini sporchi o le notti insonni; e magari lanciare una campagna per insegnare alle nuove generazioni (tanto care al brand) che in casa chiunque collabora, che i genitori hanno pari diritti e pari doveri e che, addirittura, il padre può giocare con i propri figli, dopo aver lavato i piatti, persino quando la madre è seduta in poltrona a leggere il giornale. Signori di Chicco, fidatevi: è una soluzione semplice e neanche troppo creativa.

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