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Monti e l’informazione. C’è già il “suo” dosaggio (molto meno) democratico

1 Dicembre 2021

Chiedo scusa se parlo di Mario Monti – un Mario Draghi di dieci anni fa – ma, occupandosi questa rubrichina di leggende, narrazioni e media, direi che la recente uscita del senatore Monti sull’informazione che va “dosata” merita qualche appunto in margine (ne ha parlato benissimo, unendo molti puntini, Tommaso Rodano, ieri, su questo giornale). Dunque troppa democrazia, troppa libertà di stampa, abbiamo subìto tante restrizioni, perché non subirne un’altra? Che male c’è? “Trovare modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione” è una frase che dovrebbe mettere qualche brivido nelle brave persone. C’è anche quell’altro verbo, “dosare”, che ribadisce bene il concetto, cioè dovrebbe esserci un rubinetto, quello dell’informazione, e il governo (secondo il senatore Monti) dovrebbe aprire e chiudere a piacere, “come nell’informazione di guerra”. Seguono precisazioni e correzioni di tiro, ma si sa, le parole dal sen fuggite sono le più sincere.

Si lanci dunque il giusto allarme: l’informazione che si “somministra” a dosaggio merita un no fermo, sicuro, come si dice senza flessioni. Un soave “non diciamo cazzate”. Ma a parte questo, esistono già abbondanti sentori di un’informazione di guerra. Il nemico è brutto, sporco, cattivo, si macchia di orrendi delitti, si copre di ridicolo, è un cretino, è stupido, eccetera eccetera. Il nome, “no-vax” già lo descrive spregevole, e siccome l’informazione di guerra non deve guardare troppo per il sottile, diventa “no-vax” chiunque abbia una posizione anche vaghissimamente critica sulla gestione della pandemia, anche plurivaccinati convinti. Insomma, l’informazione di guerra evocata da Monti radicalizza il confronto e divide, individua il nemico e lo ridicolizza. Così abbiamo, praticamente a reti unificate, una specie di reductio a imbecillum di una parte della popolazione. Si intervista il cretino, quello che dice che il Covid è un raffreddore, quello del 5g, del complotto planetario, dell’“io mangio molta verdura”, il millenarista, lo squilibrato generico. Insomma, il catalogo è questo: sono tutti matti, e bon, ecco una perfetta – a volte un po’ ridicola – informazione di guerra, dove il filosofo critico vale il guru che si cura con il muschio, tutti nemici uguali.

Si dirà che la pandemia ha cambiato certi parametri, eccetera eccetera. Certo, come no. Ma il meccanismo dell’informazione di guerra si applica anche in altri ambiti, basti pensare alla reductio a delinquentem che si è fatta, per esempio, dei percettori di Reddito di Cittadinanza. Per loro, tutti i giorni un titolo su casi specifici di malviventi (quello con la Ferrari, quello con tre case, quello che vive ai Caraibi) e la riprovazione etica costante, il pubblico ludibrio. Le modalità si somigliano molto, in effetti, e viene da pensare che quel “dosaggio” nell’informazione evocato dal senatore Monti sia già abbondantemente in atto, non “dall’alto”, come dice e vorrebbe lui, più probabilmente da molte direzioni convergenti.

Si sa poi che un “dosaggio” tira l’altro, come le ciliegie, e quel che si applica per la pandemia (niente centro storico alle manifestazioni, per dirne una) poi si applica a tutti. La Cgil regionale dell’Emilia Romagna, per citare un caso, non potrà manifestare in piazza Maggiore a Bologna per un no della Prefettura. Non si capisce se per leso shopping o per paura di contagi, le cose si confondono, la notizia merita un trafiletto minuscolo, poche righe. Insomma, come direbbe il senatore Monti, un dosaggio minimo.

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