La “scuola d’estate” chiude d’estate. Niente classi a luglio e agosto

Di Virginia Della Sala e Francesco Ferasin
16 Giugno 2021

Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha parlato per mesi del Piano Estate per costruire “un ponte tra quest’anno e il prossimo”. Le famiglie e il mondo della scuola sono stati caricati di grosse aspettative. Nei fatti, però, più che un ponte, sembra di essere di fronte al salto del fosso con gli istituti che (dai progetti presentati e di cui il Fatto ha chiesto conto) pare siano concentrati più su primavera-autunno-Natale e perfino 2022.

Se molti istituti inizieranno infatti i corsi della “scuola estiva” già a giugno, come invita a fare il bando del ministero, in pochi finiranno a settembre, prima del suono della campanella. E moltissimi li concentreranno a inizio e fine estate, saltando completamente luglio e agosto.

Si tratta di una dinamica legittima: nonostante Bianchi continui a difendere il progetto dicendo che 6mila scuole hanno aderito, dei 510 milioni che sono stati stanziati, 320 sono dei Pon (Piani operativi nazionali) e quindi la loro spesa non è vincolata alla bella stagione. Inoltre, sono stati stanziati in favore di meno della metà delle scuole che hanno fatto domanda.

Partiamo da Rozzano, in provincia di Milano. Qui, ad esempio, una scuola primaria ha impostato tutto sulla Storia Infinita di Michael Ende “sul fatto – si legge nel programma – che è il momento di mettersi in gioco e ripartire per superare il nulla e il vuoto creato dalla pandemia, esattamente come il Nulla che stava distruggendo il regno di Fantasia”. Il modulo sui robot si svolgerà a giugno, poi ci sarà quello sullo sport dal 26 agosto al 1º settembre. Il resto è programmato per settembre: un laboratorio di lingua (da settembre), uno di “balli di strada” (sempre da settembre), uno di musica (settembre) e ancora arte, francese, robot, coding (sempre da settembre). Infine: attività di conoscenza e valorizzazione del territorio di Rozzano che si svolgerà addirittura “nel prossimo anno scolastico”.

“Noi partiamo subito, ma completeremo i moduli anche a settembre e nei mesi a venire”, spiega Paolo Farina, preside del Centro provinciale per l’istruzione degli adulti del comprensorio Barletta-Andria-Trani, mentre l’istituto comprensivo “Orsogna” di Chieti pensa di inserire i corsi previsti dal Piano durante l’anno scolastico: “In base alle richieste dei genitori, se non si farà tutto entro l’estate, amplieremo l’offerta formativa durante l’anno”, dice la dirigente Anna Maria Sirolli.

Le attività saranno svolte per la maggior parte all’aperto: didattica con sport, musica, arte, fotografia, teatro e cucina. In generale, le idee non mancano. Rosalba Rotondo, ad esempio, dirige il comprensivo “Ilaria Alpi – Carlo Levi” di Napoli, e ha anche fondato un’orchestra e un laboratorio di sartoria, dove gli studenti potranno unire la pratica coi saperi tradizionali. E poi ancora: green therapy, photo therapy e cinema all’aperto. “Porteremo i ragazzi nei luoghi dove hanno girato i grandi film come Parto da te, Avventura a Capri. Così conosceranno la loro città attraverso i film degli anni Settanta”, spiega.

Quasi 15 mesi, metà in classe e metà a distanza, hanno penalizzato soprattutto le materie legate all’arte e alla musica, discipline nelle quali i cinque sensi dovrebbero sempre essere in presenza. “Per recuperare le lezioni perse, abbiamo proposto dei moduli che comprendano la musica e il coro”, dice Viviana Mangano, dirigente reggente dell’Istituto a indirizzo musicale di Bella, in provincia di Potenza.

Margherita Ricciardi, preside dell’istituto “Muttoni” di Vicenza, ha già previsto che “la compagnia della Piccionaia si occuperà dei corsi di teatro, mentre la Società del Quartetto organizzerà dei corsi di percussioni e introduzione all’Opera”. Sul sito, alla voce “Piano Scuola” è coperto un periodo che va dal 12 al 25 giugno. Anche il piano estate della primaria “Battisti” di Mestre ha come limite temporale il 25 giugno.

Qualche altro dirigente, nei luoghi con un alto tasso di immigrazione, ha poi pensato di aiutare gli stranieri con l’italiano. Petronilla Romano, preside del “Bovio Colletta” di Napoli, spiega che la sua scuola ha organizzato dei corsi di recupero linguistico. Oltre al recupero sociale, alcuni istituti puntano anche a riscattare le zone abbandonate della città: “Vorremmo recuperare i giardini dei due plessi che abbiamo, dove poter svolgere attività all’aperto – spiega sempre Romano – e vorremmo trasformarli in orti urbani”. Integrazioni tra giugno e ottobre del 2021 ci spiegano invece dal Centro provinciale d’istruzione per adulti “A. Olivetti” di Torino. Che si porta addirittura avanti: “Gli altri saranno da giugno e luglio del 2022”.

A leggerli su carta, si tratta di tutti corsi molto utili per i ragazzi. Peccato, però, che siano stati organizzati in tutta fretta e tra mille peripezie. Il preavviso, lamentano alcuni presidi, è stato minimo. “La graduatoria è uscita qualche giorno fa e noi finiamo gli esami il 30 giugno – spiega la dirigente di Chieti, Sirolli –. Poi ci sono i collegi dei docenti e le sessioni di valutazione: la scuola non chiude mai. I tempi sono troppo ristretti: queste sono iniziative utili, ma in prospettiva del prossimo anno scolastico”. Inoltre, dopo un anno in didattica a distanza con mail a tutte le ore, gli insegnanti hanno forse meno voglia dei loro studenti di tornare a scuola in estate.

Secondo un primo sondaggio effettuato da alcune sigle sindacali, al progetto estivo aderirà solo il 20 per cento degli insegnanti italiani, complice forse anche un guadagno non troppo allettante: 35 euro lordi all’ora per un docente, 14,50 per un assistente amministrativo e 12,50 per un collaboratore scolastico (circa 7 euro netti all’ora). “Gli esperti esterni selezionati – ci spiega una preside – prenderebbero invece circa 80 euro l’ora”. I contratti per chi partecipa, poi, sono di collaborazione: il “ponte formativo” non viene calcolato come attività scolastica. E questo vuol dire che le ore non saranno spendibili al fine delle graduatorie. Un riconoscimento che gli insegnanti precari avrebbero apprezzato.

C’è infine il nodo che riguarda i presidi: non solo hanno dovuto ricorrere a esperti esterni e hanno dovuto spesso insegnare agli amministrativi come muoversi per partecipare ai bandi e presentare i progetti, ma su di loro resterà la responsabilità dei ragazzi nel corso di tutto il periodo di attività. Di conseguenza, tantissimi hanno preferito evitare. Altri, invece, non hanno potuto farli.

Per i fondi Pon, al ministero sono arrivate 5.888 candidature: 5.162 da scuole statali (8.054 totali in Italia). Alla fine, il ministero ne ha autorizzate 3.675 tra le statali, meno dunque della metà, mentre quasi il 60 per cento delle risorse sono state destinate alle regioni del Sud, quindi Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, dove sono stati approvati tutti i progetti (anche perché i fondi Pon traggono parte della loro quota dai Fesr, che sono i Fondi per lo sviluppo regionale basati proprio sul Sud). I 150 milioni specifici, invece, sono stati distribuiti agli istituti in base al numero di alunni, per una media di circa 18 mila euro a scuola. Altri 40 milioni sono in arrivo, ma bisognerà vedere che cosa avranno intenzione di farne.

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