Brescia

Fanghi tossici venduti come concime per i campi, 15 indagati in azienda di Brescia: “Ogni tanto penso ai bambini che mangiano questo mais”

L’azienda wte - Cibo avvelenato? I dipendenti ridevano: “Siamo senza pudore”

Di Urbano Croce
27 Maggio 2021

Tra il 1º gennaio 2018 e il 31 maggio 2019 hanno venduto 150mila tonnellate di gessi di defecazione spacciati per fertilizzanti. Eppure non erano mai stati trattati: erano rifiuti, venduti per oltre 12 milioni di euro e poi utilizzati in terreni agricoli del nord Italia.

Nel mirino della Procura di Brescia sono finiti i vertici della Wte srl, azienda con tre impianti di trattamento rifiuti nel Bresciano ora posti sotto sequestro. Gli indagati sono 15. La Procura aveva chiesto l’arresto in carcere per sei e i domiciliari per due. Il gip ha però rigettato le richieste sostenendo che dopo una perquisizione dei carabinieri forestali nell’agosto 2019, “non vi è prova inequivocabile che il metodo organico e coerente del traffico illecito di rifiuti che era attuato in modo pedissequo nell’arco temporale 1 gennaio 2018-6 agosto 2019, in epoca successiva e fino alla data odierna sia stato perpetuato con eguale valenza delittuosa”.

Per gli inquirenti in carcere sarebbe dovuto andare anche Antonio Carucci, laureato in Scienze geologiche e assunto in Wte a partire dal settembre 2017. È l’uomo che il 31 maggio 2019 in una telefonata intercettata e ora agli atti dell’inchiesta al suo interlocutore dice: “Io ogni tanto ci penso, cioè, chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuto sui fanghi”. Chi c’è dall’altra parte del telefono risponde: “Non è vero che non avete fatto male a nessuno, perché l’ambiente l’avete disintegrato voi”. Per il gip “Carucci anche per le sue competenze tecniche, non ignorava il grave pregiudizio per l’ambiente e la salute umana cagionato dallo sversamento degli pseudogessi di Wte. Però, lungi dal rimeditare la sua condotta e vergognarsene, ne faceva argomento per battute sarcastiche con i suoi interlocutori al telefono”. Come quando, in merito ai fanghi non trattati, una collega gli dice al telefono: “Lo facciamo per il bene dell’azienda” e lui replica ridendo: “Siamo talmente aziendalisti da non avere più pudore”.

È lo stesso dipendente dell’azienda bresciana che secondo le indagini “si spendeva anche in prima persona per contattare, con insistenza, i singoli agricoltori più diffidenti per persuaderli ad accettare lo spandimento dei fittizi gessi di defecazione di Wte srl sui propri terreni”.

La Wte srl è una realtà da anni al centro di polemiche e contestazioni di residenti a Calcinato e Quinzano d’Oglio e ambientalisti anche e soprattutto per via degli odori derivanti dalla produzione dei finti gessi di defecazione “L’odore è putrefatto di gas che ti fa bruciare la gola e piangere gli occhi. Purtroppo se ti entra in casa impregna i vestiti e bisogna aspettare un po’ di tempo prima che vada via” racconta un residente il 19 ottobre 2018 sentito dagli inquirenti. “Dormiamo e ci svegliamo come se fossimo in una fogna” scrivevano gli abitanti di Calcinatello il 16 aprile 2015. Nell’ordinanza del Gip si legge che “a partire dal 2011 e fino ad aprile 2020 si susseguivano numerosissimi e costanti segnalazioni all’Arpa e in Procura da parte della cittadinanza esasperata per l’acredine, l’inesauribilità e la persistenza degli effluvi, fonte di inaccettabile disagio”.

La scelta di non trattare i fanghi di depurazione per chi indaga era una “frutto di una consapevole strategia aziendale ideata dal titolare della Wte Giuseppe Giustacchini al fine di ottenere una serie di indebiti vantaggi, riassumibili in un unico obiettivo: Riduzione al minimo dei costi sostenuti per il trattamento, in modo tale da massimizzare il profitto derivante dall’accettazione di un quantitativo più cospicuo di fanghi da parte dei vari fornitori”.

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