Mario Vattani. L’ambasciatore fascio-rock e il silenzio dei partiti

20 Maggio 2021

Caro Direttore, il tono riabilitativo, marcato da una grande foto a mezzo busto riproducente un beffardo Mario Vattani sullo sfondo del Colosseo, unitamente a un approccio del tutto distaccato rispetto alla gravità della nomina del predetto, dichiaratamente fascista per idee pubblicamente manifestate e per gesta compiute, a rappresentante dell’Italia democratica e antifascista presso un Governo estero, pongono clamorosamente l’articolo del 7 maggio scorso, a firma di Marco Franchi tal titolo “Dal fasciorock a Singapore – Vattani jr sarà ambasciatore”, in netto contrasto con la tradizionale linea antifascista e la condanna delle caste di ogni genere, apprezzate da molti lettori me compreso, sempre seguite dal giornale da lei diretto. I lettori attenti si ricordano infatti degli articoli appassionati pubblicati dal Fatto in passato, specialmente per lo scandaloso concerto-raduno fascista del 2011 organizzato da CasaPound nel quale Mario Vattani si era esibito cantando canzoni dal peggiore tenore nostalgico infarcite di gravissime offese nei riguardi di partigiani e di patrioti antifascisti. L’unica spiegazione è che si volesse compiacere la dinastia dei Vattani, tuttora influente (…).

Calogero Di Gesù, ex ambasciatore

Gentile ambasciatore, quando Emilio Lussu incontrò a Parigi lo scrittore Pitigrilli, sospettato di essere un informatore dell’Ovra (ed era vero) e responsabile della retata fascista contro Giustizia e Libertà a Torino, lo apostrofò così: “Fatti in là fellone, perché davanti a uomini come te le pistole sparano da sole”. Le cito questo episodio per dirle che nel giornalismo, come nella vita, quasi sempre pure “i fatti sparano da soli”, senza bisogno di commenti o persino di invettive. Così è avvenuto anche in quell’articolo che conteneva tutto quanto era necessario per indignarsi e reagire verso la nomina di un fascista conclamato a rappresentante dell’Italia all’estero. Ecco perché mi sento di risponderle che le critiche espresse nella sua lunga lettera sono sicuramente ingiuste verso il collega. Il problema, semmai, è il silenzio calato sulla notizia: soprattutto da parte della sinistra e di quel M5S che esprime il ministro degli Esteri. E sarebbe anche importante sapere, infine, se quella nomina sia avvenuta con l’accondiscendenza dell’allora segretaria generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, oggi assurta alla guida dei servizi segreti. Una realtà, quella della nostra intelligence, più volte inquinata da deviazioni criminali e fasciste che ebbero un ruolo decisivo nelle stragismo dell’eversione nera. Auguriamoci, dunque, che la dottoressa Belloni sappia vigilare adesso meglio di quanto ha fatto alla Farnesina riguardo al “camerata” Vattani.

Ettore Boffano, ex condirettore del Fatto

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