“La cupola delle toghe”

“Scaricammo De Magistris solo con l’ok del Quirinale”

Il libro - Le rivelazioni di Palamara, il magistrato radiato: “La scelta sull’ex pm di Catanzaro condivisa con D’Ambrosio” (morto nel 2012)

26 Gennaio 2021

Il “sistema”. Lo chiama così, Luca Palamara, intervistato dal direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti. Il riferimento è a quella fetta di magistratura che da decenni gestisce il potere, che gioca le sue mosse all’interno e ne riverbera i riflessi all’esterno, che in più di un’occasione Palamara definisce una “cupola”. Da oggi in libreria, il volume edito da Rizzoli – Il Sistema – potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana – getterà altra benzina sul già aspro dibattito che infiamma la magistratura.

Molti i dettagli inediti – Palamara ricevuto per esempio dal premier Berlusconi a Palazzo Grazioli – che toccano le stagioni dei governi di centrodestra e centrosinistra. L’ex pm non perde occasione per spiegare che il potere correntizio – ma non solo – che ha gestito e frequentato per circa 15 anni ha usato due pesi e due misure: mano pesante con la destra targata B., leggera con il centrosinistra. Come nel 2006, quando c’era Romano Prodi al governo e Luigi de Magistris, pm a Catanzaro, creava imbarazzi alla maggioranza con le sue inchieste. La storia è nota: a De Magistris furono avocate le inchieste, fu punito disciplinarmente, e i pm di Salerno che indagarono sulla sua vicenda – Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, con il procuratore capo Luigi Apicella – subirono dal Csm la stessa sorte. “De Magistris – chiede Sallusti – andava fermato?” . “Diciamo – risponde Palamara – che la decisione è di provare ad arginarlo, il ‘sistema’non può permettersi una cosa del genere (…)”. “Detto più chiaramente – continua Sallusti – voi lo scaricate e il presidente Napolitano approva?” “Lo scarichiamo – risponde Palamara – e condividiamo questa scelta con il Quirinale tramite il compianto Loris D’Ambrosio (che è scomparso, non può smentire né confermare, ndr), il mio riferimento al Colle…”. Poi aggiunge: “Ci furono pressioni politiche per scaricare De Magistris perché quell’inchiesta andava a colpire un governo di sinistra? Il governo era di sinistra, il mio sistema di riferimento anche, lascio a voi le conclusioni”. E sul gip Clementina Forleo, che all’epoca a Milano si occupava del caso Unipol e finì sotto procedimento disciplinare, Palamara dice: “Io capisco che non abbiamo scelta (…) va rimossa”.

In altri passaggi racconta – anche in questo caso si tratta della sua versione – i retroscena della nomina di Giuseppe Lo Voi alla procura di Palermo, per la quale concorreva anche Guido Lo Forte. Tutto comincia nel 2012 quando Lo Forte è in corsa per la procura generale. Palamara racconta di aver elaborato con l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e l’ex procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, la seguente strategia: convincere Lo Forte a ritirare la candidatura per spianare la strada a Scarpinato, garantendogli che alla tornata successiva sarebbe diventato capo a Palermo. “Da casa di Fuzio chiamo Lo Forte, gli assicuro la tenuta di questo patto, legittimato dalla presenza di Pignatone, che era suo amico. Dopo averci parlato gli passo prima Pignatone e poi Fuzio”. Poi nel 2014, quando Lo Forte è vicino a diventare capo, Palamara appoggia Lo Voi. E quando Lo Forte vince il ricorso al Tar, e Lo Voi ricorre al consiglio di Stato, “Pignatone – sostiene Palamara – mi rivela di (…) temere che il Consiglio di Stato possa dare ragione a Lo Forte. La pratica finisce in quarta sezione, presieduta da Riccardo Virgilio (sarà poi arrestato per altre vicende proprio dalla procura guidata da Pignatone, ndr) che nei racconti di Pignatone è a lui legato da rapporti di amicizia. I due si incontrano una mattina presso la mia abitazione. Dopo aver lasciato sul tavolo i cornetti (…) mi allontano per preparare il caffé. Li vedo parlare in maniera fitta e riservata. Quando torno a tavola la discussione riprende su tematiche di carattere generale. (…). Poche settimane dopo arriva la sentenza di Virgilio, favorevole a Lo Voi”. Abbiamo chiesto a Pignatone se intendesse smentire o precisare qualcosa ma ha preferito non commentare. Tra i passaggi più controversi, quello sul disciplinare che colpì il pm di Napoli Henry John Woodcock (condannato e poi assolto): “Il 5 luglio 2018 – ne ho traccia – (…) Cascini mi vuole incontrare per annunciare che su Woodcock il Csm si deve fermare. Ci incontriamo (…) mi parla di un’intercettazione tra Legnini, vice presidente del Csm e quindi arbitro della contesa, e l‘ex onorevole Cirino Pomicino, in cui Legnini parla molto male del pm napoletano, in possesso dello stesso Woodcock, che è intenzionato a renderla pubblica per dimostrare che il Csm ha un pregiudizio nei suoi confronti. (…) Mi consulto con Pignatone che mi conferma tutto”. Il disciplinare fu rinviato al successivo Csm. Cascini – peraltro tra i consiglieri che condannarono Woodcock – spiega al Fatto: “Tutto inventato. Non ho mai detto nulla del genere né saputo nulla al riguardo”.

Ti potrebbero interessare

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione