Criptovalute

Covid-19, Paypal e finanza: nuovo record per i Bitcoin

7 Gennaio 2021

Parlare di Bitcoin è come scrivere ogni volta su un foglio bianco. Non c’è una storia lineare precedente, se non quella che riguarda la nascita e i primi passi della moneta virtuale: il suo valore sale e scende da decenni con una velocità ineguagliabile. Nessun titolo ha questo tipo di oscillazione. Per anni può moltiplicare il suo valore (anche del 1.000%), per altrettanti può tornare quasi a zero. Oggi, dopo un paio di anni di “pausa”, queste montagne russe hanno portato i bitcoin a toccare quota 35.842 dollari. Un nuovo record. La banca d’affari JP Morgan ha previsto che la criptovaluta possa toccare i 146mila dollari nel lungo termine.

Il rally è iniziato a ottobre, quando il circuito di pagamenti online Paypal ha annunciato che da quest’anno sarebbe “entrato nel mercato delle criptovalute”: significa non solo che le criptomonete potranno essere utilizzate per fare acquisti su Paypal, ma anche che i procedimenti di cambio e scambio diventeranno più semplici e meno tortuosi degli attuali, che hanno diversi intermediari e canali poco mainstream. A spingere la società guidata da Jack Dorsey a prendere questa decisione (Paypal è stata la prima ad abbandonare la Libra Association, il progetto della moneta digitale di Facebook) anche il rilascio, da parte del Dipartimento dei Servizi Finanziari di New York, di una Bitlicense, ovvero del permesso per scambiare e tenere nel portafoglio elettronico anche valute digitali.

In pochi giorni, il valore è passato dai 9mila ai 12mila dollari di ottobre, ai 15mila di metà novembre, ai 20mila circa di dicembre fino a quelli attuali. Secondo alcuni analisti, un altro motivo del balzo è dovuto all’euforia che l’andamento ha generato sui mercati finanziari, alle prese con la recessione causata dalla pandemia. Con i beni rifugio come i rendimenti dei bond vicini allo zero – è la teoria –, molti investitori scommettono su asset più rischiosi nella speranza di guadagni facili. E il bitcoin resta uno degli asset più rischiosi sui mercati dei capitali con un valore di mercato di 362 miliardi di dollari rispetto agli 11.900 miliardi dell’oro. Come se non bastasse, due settimane fa, Coinbase, una delle maggiori piattaforme di scambio di criptovalute, ha depositato in via riservata alla Sec (la Consob americana) la documentazione per lo sbarco in Borsa in quello che sarebbe il primo test ufficiale a Wall Street per le valute digitali. Secondo le ultime rilevazioni, Coinbase varrebbe almeno otto miliardi di dollari.

Slegati da qualsiasi asset materiale, i bitcoin restano comunque pura speculazione per tutti coloro a cui poco interessa il progetto originario (e rivoluzionario) della moneta sicura, che non ha bisogno di banche e che si “auto-certifica” grazie a una rete basata sugli utenti (la cosiddetta blockchain). Sui siti di trading online si possono comprare e vendere criptomonete con estrema semplicità ormai da anni, da quando la corsa all’oro virtuale ha visto il suo primo boom, nel 2017 e da quando anche le regole fiscali hanno stabilito la tassazione sulle plusvalenze. Le piattaforme si sono dovute anche adeguare alle direttive sull’antiriciclaggio.

Nonostante questo, però, nel tempo si sono moltiplicate sia le truffe (ce ne sono migliaia all’ordine del giorno) sia gli appelli per il ricorso dei bitcoin da parte delle mafie. La tracciabilità delle movimentazioni, per quanto non impossibile, è estremamente complicata. Nella presentazione di un rapporto sulle infiltrazioni in Toscana, il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, qualche settimana fa ha dedicato attenzione anche a questo fenomeno: “Non dobbiamo trascurare il mondo della valuta virtuale, dei bitcoin – ha detto parlando anche dell’aumento dei rischi durante questa pandemia –. I finanzieri e tecnici informatici che lavorano per le mafie sono già avanti: gran parte del riciclaggio passa attraverso questi canali e noi su questo siamo abbastanza in ritardo”.

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