L’intervista

“Senza pubblico divento loffio. Dopo l’album, sogno altri live”

Luciano Ligabue - In uscita venerdì coi dischi “77+7”: 77 suoi singoli e 7 inediti. “È il mio numero fortunato”

2 Dicembre 2020

“Si chiamava Bonaccini”. Non quello… “Il vecchietto che vendeva le ‘bruscolate’, i semi di zucca fuori dal cinema”.

Lei, Ligabue, era piccolissimo.

La prima volta avevo un anno, i miei genitori videro che stavo buono. Così papà ci tornò spesso con me. Le chiamava ‘serate da uomini’.

Cosa andavate a vedere?

A Correggio c’erano due cinema. Ogni sera un film diverso. Mi piacevano i western, papà li chiamava ‘le sceriffate’. Il mio idolo era Giuliano Gemma, mi pareva buono, confidavo che le sue vittime si rialzassero incolumi. Clint Eastwood era più complesso. Le bucce dei semi cospargevano la sala. Che fossero pellicole di serie A o B, I magnifici 7 o gli storici come Nerone, mio padre li definiva tutti ‘baggianate’. Lo diceva a Bonaccini e voleva il mio consenso. Però tornavamo sempre. Mi regalarono un proiettore giocattolo. Non so se e quando girerò un altro film. Chissà.

Già allora quel numero creava magie attorno a lei. I magnifici 7.

Molto tempo dopo ricevetti le lettere di due numerologhe non collegate fra loro. Il 7 era la mia buona sorte: le lettere di nome e cognome, le iniziali LL che rovesciate fanno 77, il primo concerto nell’87, il debutto allo stadio nel ’97. Dovrei farmi nemiche le stelle?.

Dopodomani pubblica due dischi con titoli inequivocabili: la raccolta “77+7”, come i singoli in carriera e gli inediti, e l’album “7” con solo le nuove canzoni.

Nel lockdown, costretto allo stop dei live, per la prima volta ho gettato lo sguardo indietro su questi 30 anni facendo i conti col mio lavoro. Non è come analizzare se stessi, ma comunque duro. E ho visto che ho dato anche troppo, lanciandomi per superare i dubbi, i successi, le crisi, le separazioni. Sono tornate su le emozioni, che ho fissato anche nel libro autobiografico, È andata così, scritto con Cotto. Guardarmi dentro è stato un salvagente emotivo. Ho scoperto che i singoli della mia storia erano 77. Li abbiamo rimasterizzati con Fabrizio Barbacci.

Più le 7 canzoni tirate fuori dai cassetti.

Che avevano un alluce, un polpaccio o mezzo piede nella mia storia. Di Mi ci pulisco il cuore avevo solo il titolo sfacciato. La ragazza dei tuoi sogni era un demo, ma odiavo il testo originario. Si dice che mi pare attuale, visto che in Rete ognuno si permette di dire tutto. Tra l’altro questo pezzo è stato reinventato attorno al giro di basso registrato all’epoca. Ho scoperto solo in extremis che l’aveva suonato Luciano Ghezzi, il bassista dei miei ClanDestino. Me lo disse lui a cena, pochi giorni prima della sua morte improvvisa.

Poi c’è un nuovo duetto con Elisa.

Volente o nolente. Due voci che si rimbalzano desideri perché condannate a una distanza forzata. Sembra oggi, ma lo incidemmo 15 anni fa, nello stesso giorno de Gli ostacoli del cuore. Abbiamo tenuto la voce di Elisa di allora, con il suo poetico candore.

Torniamo al primo concerto. 1987, Correggio, Circolo Lombardo Radice.

Una domenica pomeriggio. Palco alto 40 cm, il soffitto due metri. Un paio di luci, un mixer ridicolo. Cento amici a vedermi, mio fratello Marco con gli occhi sgranati che diceva ‘mostro, esci dal corpo di Luciano’. Ero un altro lì sopra, improvvisamente. Eppure avevo già 27 anni. Claudio Maioli, il mio manager, fumatore accanito, accese direttamente il pacchetto. Trafficava intorno al tecnico come se ne capisse qualcosa. Gli dissi: dammi una storia così ogni sera, facciamo un patto di sangue.

All’esordio a San Siro il sangue scorse davvero.

Mi tagliai un dito alla prima pennata. La camicia bianca diventò rossa. Maioli voleva tirarmi giù, rifiutai. Gli dico ancora: pensavi mi avessero accoltellato? Invece all’Olimpico, nel 2002, venne giù un uragano. I cavi sotto il palco erano sommersi. Restai lì sopra.

Il 19 giugno 2021 c’è l’evento celebrativo a Campovolo. “I 30 anni in un nuovo giorno”. Era programmato nel 2020.

I centomila biglietti sono già venduti. Speriamo che il concerto si possa fare: deve essere una liberazione per tutti, a partire da me. Che se non ho la gente davanti divento loffio: ho bisogno di corpi, di sguardi. Gli show in streaming? Senza pubblico intorno tutto sembra più brutto. Come le partite con gli stadi vuoti.

Lei ha due figli: Lorenzo Lenny e Linda. Cosa tramanderà dell’Emilia che ha vissuto da ragazzo?

Lorenzo è un polistrumentista con un orecchio raffinato. Vuole dedicarsi alla produzione. Ha 22 anni, sua sorella 16. Vorrei ascoltassero le storie della provincia che sentivo raccontare al Bar Tobino, i narratori spontanei di ogni età che tenevano in vita le nostre radici tra nebbia, notti e zanzare.

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