Il Dossier - Multinazionali, immobili, investimenti

Chi c’è dietro il gruppo di Giorgia Meloni

Fratelli d’Italia - Legami con la Fondazione An e con i Conservatori europei finanziati da un oligarca. Il tesoriere di Fd’I: “Ecr è altra cosa”

Di Valeria Pacelli e Stefano Vergine
6 Novembre 2020

Donazioni da grandi multinazionali, un oligarca russo, un petroliere britannico con residenza a Dubai, un ex dipendente di Cambridge Analytica, e poi quasi 60 milioni di euro investiti in immobili e titoli. È la radiografia finanziaria della galassia europea di cui fa parte Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. Secondo l’ultima rilevazione di “Tecnè”, si tratta del terzo partito italiano dietro Lega e Pd, con il 17% dei consensi. Merito della retorica nazionalista della Meloni, nominata il 29 settembre scorso anche presidente dell’Ecr, il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei, di cui fanno parte anche lo spagnolo Vox e il Conservative Party del premier britannico Boris Johnson. Ed è proprio dall’Europa che arrivano i principali finanziamenti di cui beneficiano anche i meloniani entrati a far parte di Ecr a fine 2018.

18 mila euro Il denaro della società di Temerko

Quest’anno l’Ecr ha raccolto finora 85mila euro da privati (soldi incassati, è bene ripeterlo, dal partito dei conservatori europei e non da Fd’I). Un record assoluto, visto che gli altri partiti non hanno beneficiato di donazioni. Tra i finanziatori del partito europeo presieduto dalla Meloni ci sono alcuni nomi noti dell’economia, soprattutto britannica. Diciottomila euro sono arrivati ad esempio dalla Aquind Limited, società inglese che progetta di costruire un cavo sottomarino da 1,2 miliardi di sterline per connettere la rete elettrica britannica a quella francese. Aquind è diretta dall’oligarca Alexander Temerko, 54 anni, nato nell’ex Unione Sovietica e residente nel Regno Unito dal 2011. Come riportato dal Guardian, Temerko negli ultimi anni ha donato 1,3 milioni di sterline ai conservatori inglesi. Con quale obiettivo è difficile da dire. Lui si definisce infatti un oppositore di Putin e della Brexit, ma secondo un’inchiesta pubblicata l’anno scorso da Reuters è in realtà un sostenitore dell’uscita del Regno Unito dalla Ue e ha lavorato in passato per il ministero della Difesa russo. Altri 18mila euro sono arrivati quest’anno all’Ecr da Richard Upshall, britannico con residenza a Dubai, azionista di maggioranza di varie aziende tra cui il gruppo petrolifero Oes.

Tra i finanziatori c’è poi anche l’italiana Milano Business Consulting, società di consulenza costituita l’anno scorso da Luigi Mollese. Attraverso la sua società, Mollese, ex esponente di Futuro e Libertà, aveva donato all’Ecr altri 17.500 euro al partito presieduto dalla Meloni già nel 2019. Milano Business Consulting non ha risposto alle domande del Fatto sui motivi delle sue donazioni, né su eventuali lavori svolti per enti pubblici o aziende private a controllo pubblico.

Da praga L’azienda dell’ex ministro della Rep. Ceca

Nella lista dei maggiori finanziatori dell’Ecr c’è poi la CI Consult&Research, azienda basata a Praga e controllata da Ivan Langer, ex ministro dell’Interno della Repubblica Ceca nel governo di centro destra presieduto da Mirek Topolanek.

L’azienda ceca quest’anno ha donato in totale 36mila euro: 18mila euro al partito, direttamente, e altri 18mila alla New Direction, fondazione europea amministrata da vari esponenti dell’Ecr tra cui l’ex presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto, che riveste la carica di vice presidente. Nelle casse della fondazione New Direction sono arrivati circa 200mila euro negli ultimi due anni.

New direction e l’ex uomo di Cambridge Analytica

Tra questi ci sono i denari donati da due delle più grandi multinazionali al mondo: il gigante delle telecomunicazioni AT&T, e la British American Tobacco, uno dei più grandi produttori di sigarette. Nomi che contraddicono la retorica di Giorgia Meloni, sempre pronta a schierarsi a parole contro multinazionali e lobby varie. Nella lista dei finanziatori del partito europeo di cui fa parte Fd’I c’è poi un nome che rimanda direttamente all’internazionale sovranista: è quello della Voter Consultancy, società controllata dal britannico Thomas Borwick, che alla fine del 2019 ha donato 18mila euro all’Ecr. Esperto di comunicazione digitale, 33 anni, Borwick ha lavorato negli anni scorsi per Cambridge Analytica, la società fondata dall’ex consigliere di Donald Trump, Steve Bannon, e finita al centro dello scandalo per aver sfruttato i dati di 87 milioni di utenti di Facebook con l’obiettivo di influenzare le ultime elezioni americane a favore di Trump e il referendum sulla Brexit nel Regno Unito. Sulle donazioni a Ecr, il tesoriere di Fd’I, Roberto Mele, spiega: “Ecr è un altro partito, che ha una sua struttura organizzativa di cui non rispondiamo. I finanziamenti di Ecr, come impone la legge, non sono assolutamente utilizzati per eventi elettorali legati a Fd’I. Possono fare degli eventi ai quali partecipano anche i nostri parlamentari europei eletti con Fd’I e che aderiscono a Ecr. Ma sono eventi fatti da Ecr su territorio italiano, ungherese, polacco e così via”.

L’associazione i veri ricchi tra appartamenti e titoli

Se in Europa Ecr non disdegna le donazioni delle multinazionali, in Italia Fd’I vive per lo più grazie alle donazioni del 2 per mille e alle erogazioni liberali. Stando al bilancio 2019, il partito in quell’anno ha ricevuto 1,1 milioni di euro dal 2 per mille, e poco più di un milione dalle erogazioni liberali, cioè dalle donazioni degli stessi parlamentari e di qualche piccola impresa. Il patrimonio di Fd’I è scarno, meno di 1 milione di euro, fatto per lo più da liquidità depositata in banca. La vera ricchezza è custodita nelle casse di un ente molto vicino a Fd’I. Si tratta della Fondazione Alleanza Nazionale, nata nel 2011 e presieduta da Giuseppe Valentino, un ex senatore di An. Sebbene sia ufficialmente slegata dal partito della Meloni, la fondazione intrattiene legami politici ed economici con Fd’I.

Basti citare i nomi di alcuni membri del comitato esecutivo: i deputati di Fd’I Ignazio La Russa, Edmondo Cirielli, Francesco Lollobrigida (cognato della Meloni) e poi c’è anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e il forzista Maurizio Gasparri. “I rapporti istituzionali originano dal fatto che l’Assemblea della Fondazione An del 2014 ha concesso in uso a Fd’I il simbolo di Alleanza Nazionale”, spiega al Fatto il vicepresidente vicario della fondazione, Antonio Giordano. La fondazione ha un patrimonio di 59,6 milioni di euro, fatto soprattutto di titoli finanziari e di immobili. Nel 2019 gli investimenti iscritti bilancio valevano 24,6 milioni di euro, in aumento di quasi 5 milioni rispetto all’anno precedente. Soldi in buona parte usati per comprare titoli di Stato, si limita a spiegare Giordano senza aggiungere dettagli.

Gli affitti del partito: 4166 euro per la sede a Roma

Il resto del patrimonio è costituito da case. La Fondazione detiene due società, Italimmobili e Immobiliare Nuova Mancini, proprietarie di una serie di immobili sparsi su tutto il territorio nazionale e messe a bilancio per un valore di quasi 20 milioni di euro. Alcuni di questi immobili vengono affittati alle sedi di Fd’I, come quello in via della Scrofa, in pieno centro a Roma, per la quale il partito della Meloni paga un affitto mensile di 4.166 euro al mese. E poi ci sono alcuni appartamenti sparsi per l’Italia che invece vengono affittati a sedi locali del partito.

Ma quanto incassa in totale la Fondazione da Fratelli d’Italia in canoni d’affitto? A questa domanda Giordano si è limitato a rispondere che la fondazione non ha “rapporti di comodato gratuito con partiti politici”.

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