Riapertura

Scuola, altri fondi alle Regioni. L’incognita dei prof col certificato

Tre governatori: rinviamo

28 Agosto 2020

Ieri dal ministero dell’Istruzione è arrivata la rassicurazione per le Regioni: la ministra Azzolina ha firmato il decreto per la seconda tranche di fondi per il personale aggiuntivo che servirà alla scuola il 14 settembre. Un atto richiesto: molti Uffici regionali, infatti, aspettano di sapere su quanto potranno contare in totale prima di comunicare alle singole scuole sui territori di quanto personale in più potranno disporre. La gran parte, sentita dal Fatto, ha confermato di aver ricevuto circa il 50 per cento degli stanziamenti, molti come le Marche hanno coperto già le classi sdoppiate e le situazioni critiche soprattutto nella scuola primaria e dell’infanzia. Con l’arrivo delle integrazioni puntano a “sistemare” anche situazioni borderline o i bisogni in più per la sanificazione. Si procede un tassello alla volta. Dal primo settembre inizieranno le chiamate, i sindacati stimano 200mila cattedre che andranno riempite con i supplenti mentre, spiegano dal ministero, per le sole graduatorie provinciali sono arrivate 1,9 milioni di domande su 750mila posti. Insomma, è il sottotesto, non dovrebbero rimanere sedie vuote. Al massimo si rischia di riempirle dopo il 14 settembre, come d’altronde accade ogni anno da anni.

Uno degli allarmi lanciati ieri dalle Regioni è però arrivato dal Veneto dove la direttrice dell’ufficio scolastico regionale ha parlato di centinaia di richieste da parte del personale docente e non di non rientrare a scuola. “Il problema degli spazi, dei banchi e mille altri sono già alle spalle delle nostre scuole – ha detto – il tema del personale che non rientrerà invece è attuale”. Capire quanti lavoratori chiederanno di non rientrare è complesso e di certo prematuro. Ancor più lo è sapere a quanti di loro sarà concesso. In sintesi, i professori e il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) dovranno inoltrare la richiesta ai presidi, poi sarà il medico preposto a decidere se il lavoratore è nelle condizioni di lavorare, se dovrà lavorare con delle protezioni “rinforzate” o se dovrà esimersi dal lavorare completamente. Sarà un parere vincolante (ma anche una presa di responsabilità non indifferente) che potrebbe andare oltre quanto indicato dalle linee guida dell’Iss in via di approvazione, che sembrano identificare – ai fini della valutazione di un lavoratore come “fragile” – la presenza di almeno due patologie pregresse e finanche quanto previsto nel decreto Rilancio di aprile dove veniva posta l’attenzione su tutti i lavoratori oltre i 55 anni di età. “A questo punto – spiega Francesca Ruocco dalla Flc Cgil – quel che manca da capire è cosa accade al docente. Lavora da casa? E come?” Si tratta della stessa criticità evidenziata nel documento dell’Istituto superiore della Sanità e sollevata da diversi Uffici scolastici regionali: “È malattia? È esonero? Dovranno collegarsi da casa? Ancora non lo sappiamo” spiega una direttrice di un Usr. Dal ministero rassicurano che non c’è alcuna emergenza per i lavoratori fragili e che nelle prossime ore arriveranno tutte le indicazioni pratiche. Anche in questo caso per coprire eventuali assenze si ricorrera ai supplenti, per i quali è destinato il 10 %dei fondi aggiuntivi.

Intanto, Abruzzo, Umbria e Campania chiedono di spostare la riapertura delle scuole dopo il referendum. Possono farlo perché è un tema che rientra nella loro autonomia, ma certo sarebbe una decisione stranamente last minute: Sardegna, Puglia e Calabria hanno infatti annunciato subito dopo la decisione del 14 settembre (presa con ministero e Regioni) che avrebbero posticipato la riapertura, le altre invece avevano concordato. La Campania almeno è stata coerente, si era rifiutata di firmare l’accordo sulla data.

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