Pietre&Popolo - Un orrore nel Parco Ducale

Sassuolo, là dove c’era l’erba ora ci saranno 49 villette

Consumo di suolo - Italia Nostra sta tentando di bloccare il progetto di edilizia “di pregio” promosso dall’amministrazione di centrodestra

29 Giugno 2020

Capiremo in autunno se il disastro sanitario e politico della Lombardia a trazione leghista ha messo la parola fine agli scellerati progetti di autonomia differenziata. Ma il fatto è che la secessione delle ricche regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna intende sanzionare sul piano istituzionale una realtà culturale ed economica: l’omogeneità del progetto che guida lo sviluppo di queste tre aree del Paese. Tra i tanti indici che lo dimostrano, c’è il consumo di suolo: la cui classifica è da tempo guidata proprio da queste tre regioni (anche se va riconosciuto, con orrore, che i dati del 2019 hanno visto la Puglia scalzare l’Emilia Romagna dal terzo posto). Nemmeno il Covid ferma il trend: si continua a far girare la betoniera come se non ci fosse un domani. Cementificando anche là dove non solo la natura e l’ambiente, ma anche la storia e l’arte dovrebbero vietarlo radicalmente.

È quanto succede a Sassuolo, in provincia di Modena. Qua l’amministrazione di centro destra (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e qualche civica) è decisa a far costruire in tutta fretta ben 49 nuove villette. Alla faccia del recupero edilizio, direte voi. Ma non solo: il progetto prevede che esse sorgano nel Parco Ducale, cioè in quanto resta del celebre giardino della delizia degli Estensi, residenza di campagna dei duchi di Modena che fu realizzata ricorrendo al consiglio di artisti del calibro di Gian Lorenzo Bernini. Lo scenografo e ingegnere idraulico Gaspare Vigarani, con suo figlio Carlo, condusse nel parco le acque del vicino Canale di Modena, provenienti da quelle del Secchia: che così raggiunsero la peschiera e le fontane, realizzate in parte su disegno dello stesso Bernini. Un luogo da sogno, ormai assai mutilato e ristretto, che però ancora potrebbe risorgere, se solo Stato e Comune si accordassero per restaurare, recuperare, tutelare e aprire ai cittadini. Invece, ecco il cemento.

La sezione modenese di Italia Nostra, che si batte per evitare la deavastazione, denuncia che l’intervento è previsto “nell’area verde che si apre a ovest del duplice filare di pioppi cipressini, poco a sud della traversa di Via Indipendenza, entro i confini storici del Parco Ducale segnati dalle tracce ancora rinvenibili delle muraglie. … L’abbattimento dei pioppi in atto lungo la linea del previsto insediamento è stato inteso, nel commento risentito di molti cittadini di Sassuolo, come l’avvio dell’annunciato cantiere”.

Ma come è stato possibile arrivare a un simile scempio? Ciò che resta del Parco di Francesco I d’Este è soggetto a tutela paesaggistica fin dal 1976, quando la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali lo comprese in un più vasto ambito territoriale caratterizzato da due capisaldi visivi, il Palazzo Ducale e il Castello di Montegibbio, sui primi rilievi collinari. Eravamo però alla vigilia, in quello stesso 1976, dell’inconsulta delega alle regioni della tutela paesaggistica, in pratica così vanificata anche a Sassuolo: era l’avverarsi di quella “raffica regionalistica” che Concetto Marchesi (uno dei più tenaci padri dell’articolo 9 della Costituzione, quello che tutela paesaggio e patrimonio storico e artistico) aveva previsto fin dai tempi dell’Assemblea Costituente.

Regioni & cemento: ecco il nesso fatale. Solo con la legge Galasso del 1985 il ministero che vegliava sui Beni culturali recuperò in parte la competenza, e in uno dei primi decreti attuativi della stessa legge confermò a Sassuolo la tutela dettata dalla commissione provinciale, e anzi la estese nella collina. Tuttavia, il danno era fatto, e il Comune di Sassuolo ha covato nei decenni questa variante urbanistica che ora sta per diventare grigia realtà: un nucleo di edilizia “di pregio” (non certo case popolari costruite per necessità sociale) che viene a completare l’assedio dell’edificato a quello che potrebbe ancora essere un polmone di verde e di storia per tutti i cittadini di Sassuolo.

Ora la parola è alla Soprintendenza, che nonostante le varie oscillazioni nella storia recente della tutela, ha tutti gli strumenti per imporre al Comune uno stop, in nome di valori non negoziabili. Mai come durante la crisi del Covid è stato chiaro come la salute sia il diritto fondamentale cui sono subordinati tutti gli altri, compresi quelli sacrosanti delle libertà civili e personali. Ebbene, una lunga serie di sentenze della Corte Costituzionale ha chiarito che la protezione del paesaggio coincide con quella dell’ambiente, della biosfera ha detto la Corte, e dunque con quella della salute dei cittadini. E una sentenza del Consiglio di Stato (29 aprile 2014) ha sancito una volta per tutte il fatto che “il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato, e, quindi, deve essere anteposto alle esigenze urbanistico-edilizie”. Ovunque: anche a Sassuolo.

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