La Casa Medica di Corvetto: un esperimento riuscito (e perciò lasciato a se stesso)

La dottoressa “di prossimità”: “La giunta Sala ci ha abbandonati”

24 Giugno 2020

“La domanda che bisogna porsi è: quale obiettivo di salute hanno in mente i nostri amministratori?”. Nel periodo in cui Milano prova a rialzare gradualmente la testa dopo gli spaventosi numeri della pandemia da Covid-19, Mietta Venzi tenta invece di sollevare quesiti. Specialista in malattie dell’apparato respiratorio, medico di medicina generale, è una delle fondatrici della Casa Medica di Corvetto, periferico quartiere popolare di Milano, abitato da anziani e immigrati. Nel 2015, attraverso la Cooperativa Medici Milano Centro di cui fa parte, insieme con altri medici e supportati da un comitato di cittadini, ha partecipato e vinto un bando per la realizzazione di una struttura che accorpasse servizi primari per i cittadini. Esperienza nata per volontà dell’assessorato che faceva capo a Pierfrancesco Majorino, prima che diventasse eurodeputato del Pd. Un progetto ambizioso: destinare parte di una Rsa già esistente alla salute, il che significa medicina generale, specialistica e servizi sociali. Con tanto di dieci posti letto da mettere a disposizione del territorio come ospedale di continuità.

“All’inizio eravamo tutte donne – spiega la dottoressa Venzi –, oggi il rapporto è di tre donne e due colleghi uomini”. Ma se in Emilia Romagna le case della salute sono ormai una realtà consolidata e funzionante, Corvetto è rimasto un esperimento isolato e incompiuto. “Abbiamo quattro medici di famiglia, un pediatra di libera scelta sempre convenzionato, la guardia medica che esce su chiamata e un ambulatorio di pediatria aperto il sabato e la domenica”. E il resto? “Nulla. Dalla fine del 2015, quando Casa Medica è stata inaugurata, stiamo aspettando che il Comune ci mandi un assistente sociale, figura di riferimento e guida sul territorio”. E dire che gli assistenti sociali si trovano nella strada parallela a via dei Cinquecento e soprattutto che per Palazzo Marino si tratterebbe di una spesa minima: “Serve qualcuno che dia informazioni, risposte, che rappresenti un punto d’ascolto. Basterebbe uno stagista… Consideri che tutti i costi della struttura sono a carico dei medici, anche gli spazi ancora inutilizzati: in tutto abbiamo dieci grandi studi”. Perché neanche i posti letto sono ancora operativi, e questo durante l’epidemia ha costituito un grave handicap. “Nessuno ci ha chiesto nulla e non avremmo neanche potuto metterli a disposizione: sono ancora di pertinenza della Rsa”.

Casa Medica ha circa settemila pazienti ed è aperta sette ore al giorno, oltre all’ambulatorio pediatrico del fine settimana e alla guardia medica. “È un punto di riferimento per il quartiere, e all’inizio sembrava che lo fosse anche per l’amministrazione comunale – conclude Venzi, che la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha coinvolto proprio per discutere dei luoghi della cura da ‘reinventare’ -. Invece dal nuovo assessore non c’è stata alcuna manifestazione d’interesse”. Che invece adesso chiede relazioni sull’attività del centro, ma si perde nella burocrazia per un solo assistente sociale. Proprio nel periodo in cui il Paese ha scoperto l’importanza della medicina di prossimità, un’area come Corvetto già ce l’ha, ma non ne può usufruire a pieno.

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