L’intervista capovolta

“Giro in bici l’Italia fatta di cimiteri. E il dolore mi segue”

Federica Sciarelli - La conduttrice di Chi l’ha visto?

22 Giugno 2020

L’unica curiosità che ha mosso in questi giorni i giornali è stata appurare se Federica Sciarelli fosse o meno in partenza da Chi l’ha visto?, la trasmissione dell’Italia che sparisce per mano violenta o per scelta volontaria. Non parte, e la questione si è dunque chiusa. Invece no.

Il tuo è un programma tv che doveva essere compassionevole ed è divenuto di contropotere.

Sono così intima del dolore altrui da averlo fatto mio. Mi segue, mi accompagna, mi tinge le giornate e anche i pensieri. E scavo, scavo, scavo.

Non sono solo lacrime per i defunti o sparizione di sciagurati, di sventure familiari.

Ma scherzi? Riccardo Magherini aveva quarant’anni, pieno di vita, ed è morto dopo che un carabiniere gli è salito sopra.

Firenze, 2 marzo 2014. I testimoni raccontano di calci e pugni ripetuti all’addome e al volto, di ginocchia che gli segano la carotide, di una violenza inaudita nei confronti di un incensurato in preda ad una crisi di panico.

Per George Floyd si è mosso il mondo, per Magherini nemmeno un colpo di tosse delle istituzioni.

La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza d’appello che confermava le condanne in primo grado dei carabinieri.

E vogliamo parlare della vicenda Claps, di ciò che di orrendo è stato fatto in quel di Potenza?

La cosiddetta magistratura deferente.

Oppure passare per Arce, nel frusinate, e illustrare la caserma della tortura?

E il caso Vannini?

Non riesco a fermarmi.

Quanta reputazione i giudici perdono ogni volta che vai in onda?

Esiste una Italia degli ultimi a cui spesso è negata giustizia in ragione del censo, del ceto sociale.

Perciò hai chiesto di cambiare aria, e perciò tutti a chiederti: perché?

A me piace la bici e in estate in Sicilia con un gruppo di amici facciamo tragitti anche lunghi, un piccolo tour. La bici mi distende, mi rilassa.

E in bici cosa è accaduto?

Partiamo da Palermo e subito mi viene in mente Giusi Ventimiglia, una giovane donna scomparsa incredibilmente, dopo essere forse persino stata costretta a prostituirsi. Arriviamo a Isola delle Femmine e mi accorgo che è il posto di altre due possibili morti bianche, Stefano e Antonio Maiorana, padre e figlio.

Se somatizzi il dolore, poi divieni parte di esso.

Perciò avrei voluto staccarmene anche se la trasmissione regge il tempo e i miei 16 anni di conduzione non li sento.

Questo è un trattato di psicopatologia del giornalismo.

Se apri il libro della vita degli sventurati, lo inizi a sfogliare e non smetti più. Spesso, purtroppo, queste scomparse non sono solo i destini dei disperati, ma gli esiti di uno Stato che chiude gli occhi dinanzi ai deboli. E io mi incazzo.

Presenti ai telespettatori uno Stato spesso incosciente, oppure annoiato e indolente.

Perciò ti fai carico anche di questioni che potrebbero stare fuori la trasmissione.

Tu vai in bici e ogni luogo ti riporta a un funerale.

Non vedi il mare azzurro, non ti godi lo scoglio, l’orizzonte, la trattoria. Leggi il nome del paese e colleghi.

È pesante.

Capisci perché gestire un’emozione simile sia difficile?

Noi giornalisti dovremmo essere terzi.

Terzi, non omissivi. Perché la morte di Magherini non ha fatto notizia? Perché l’incredibile vicenda della Claps non ha prodotto un subbuglio in Parlamento?

Si commentano sempre i piani alti, poi c’è la toga del pianterreno.

Una giornalista ha il dovere di chiedere verità e di cercarla. Altrimenti non è un programma, ma uno spot.

L’Italia che racconti è così crudele, così sola.

Ma non mi fermo allo scomparso, a fare il vigile urbano, a portare la contabilità. Scavo, e scavo, e scavo.

L’Italia dei cimiteri.

Non solo cimiteri. A volte è grazie a noi che le notizie da brutte si fanno belle.

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