L’intervista

Casa di Carta, il “Professore” Alvaro Morte e il “direttore della Zecca” Enrique Arce: “Il messaggio che mandiamo è quello della resistenza”

Alvaro Morte ed Enrique Arce - Protagonisti de “La Casa di Carta”: “Ora prendiamoci il tempo per migliorare il sistema"

1 Aprile 2020

Quadrato, posato, sorridente più con la bocca che con gli occhi. Consapevole. Vestito con camicia a quadretti, con il piglio di una giornata normale.

È Alvaro Morte.

Spigliato, veloce, stupito, maglietta bianca, barba di due giorni, e uno sguardo più angosciato.

È Enrique Arce.

I due attori sono tra i protagonisti de La Casa di Carta, da venerdì su Netflix la nuova stagione, e in parte (solo in parte) rispecchiano i ruoli del “professore” e del direttore della Zecca, dentro la serie tv.

Signor Morte, lei è un esperto di Shakespeare, ma “La Casa di Carta” ricorda più “L’opera da tre soldi” di Brecht…

Shakespeare è stato un grande cronista politico, alcune sue opere sono molto critiche con la monarchia del tempo, metteva a nudo tutte le passioni che avevano i re…

E allora?

La Casa di Carta manda un messaggio, più che contro la politica, contro il sistema, mette in luce un dato: le cose non vanno così bene come potrebbero.

Cioè?

Per anni ci hanno venduto l’idea che la strada percorsa era la migliore possibile, quando è sotto gli occhi di tutti la disuguaglianza sociale ed economica (Ci pensa) Il messaggio che mandiamo è quello della resistenza.

Area, nella serie è uno dei pochi a difendere il sistema.

Ne La Casa di Carta rappresento Il sistema in quanto direttore generale della Zecca di Stato; (sorride) ho conosciuto il vero direttore generale, e ho capito come si arriva in certe posizioni apicali, quindi nella sceneggiatura non ci sono andati lontani.

Quanto le è costato essere l’unico antieroe in una serie di eroi?

Ricordo perfettamente il giorno in cui ho incontrato il personaggio: ero con il produttore esecutivo e il regista, stavamo girando, e nelle prove non avevo ben capito il mio ruolo; l’illuminazione c’è stata in una scena della seconda stagione, quando Pedro Alonso (Berlino), mi alza la maschera. Io piagnucolavo. Ecco, lì si è svelato il mio personaggio tragicomico, e quel momento è terminata la fatica…

Ma…

In alcuni casi non devi guardarti da fuori. Non devi cercare di essere simpatico, attirare il pubblico. A te tocca tale personaggio, è l’antagonista e lo devi difendere. In questo progetto, come in tutti gli altri, chi giustifica il proprio ruolo ad ogni costo, commette un errore, che probabilmente ha più a che vedere con l’ego.

Morte, spesso gli attori di serie tv sono terrorizzati di venir sempre e solo identificati con il personaggio…

Non ho paura di questo. Mi dispiacerebbe se il pubblico lo pensasse. Sono molto contento di interpretare il professore, sono cosciente del suo appeal, ma al di là di questo ho girato altre serie e film, e con ruoli differenti. Amo cambiare.

Oltre a rubare alla Zecca, avete scippato all’Italia “Bella Ciao”: è cantata nel mondo…

(Morte) Bella Ciao l’hanno intonata tutti, e in occasioni divertenti. Però in un caso mi sono emozionato: c’è un’organizzazione in Spagna che si chiama Open Arms che salva i migranti; ricordo un video su Instagram di un gruppo di profughi che quando si è sentito al sicuro, ha iniziato a sussurrarla.

E per lei?

(Arce) Gli ultimi tre mesi dell’anno scorso sono stato in Cile per girare una serie, e lì ho visto da vicino l’insurrezione popolare civile. Io ero nella “zona 0” e tutti i giorni nascevano delle manifestazioni pacifiche, quasi sempre poi represse dalla polizia; ricordo la quantità di gente che mi salutava vestita con la tutina rossa, e c’è una foto simbolo di tutto questo, a piazza Italia, in centro a Santiago, dove una persona si è arrampicata sul punto più alto del monumento, con migliaia di presenti, e ha alzato le mani in alto, come la Statua della Libertà, e indossava la tuta rossa e la maschera di Dalì. Mi sono venute le lacrime agli occhi.

In questo momento di quarantena, cosa avete riscoperto? E qual è la prima cosa che desiderate quando sarà finita?

(Arce) Sono contento di essermi fermato. Ho potuto cercare quell’introspezione che, spesso, quando si va con il pilota automatico, non abbiamo. È giusto respirare, contemplare, analizzarsi nel profondo, invece che continuare a rispondere a mille domande. Credo che questo virus ci abbia messo nelle condizioni di affrontare noi stessi. Sono certo che da qui potranno venire solo cose positive perché quando ci si guarda dentro si amplia la coscienza e quando si amplia la coscienza, questo può solo fare del bene al mondo intero.

Primo appuntamento…

Prendere la macchina, andare a casa dei miei genitori e da mia sorella che si trovano a 14 km, e abbracciarli fortissimo. Sono anziani e sono contento che siano sopravvissuti a tutto questo. È l’unica cosa a cui sto pensando.

E per lei, Morte?

Ultimamente stavo lavorando molto fuori casa e la quarantena mi ha dato modo di tornare a godermi la famiglia. Inoltre, c’è una questione importante: al di là dello svago, del divertimento, della fuga che tutti noi cerchiamo, vorrei invitare la gente a prendersi del tempo per riflettere su tutto quello che ci sta succedendo e che ricorderemo per sempre. Abbiamo un’ottima opportunità per crescere sia come individui sia come società. E anche io prenderò la macchina, la mia famiglia, e partirò per un tour con destinazione parenti, mia madre, zii e cugini.

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