Ancora 48 ore

Coronavirus, dalle lesioni al falso: i pm studiano i reati per chi esce

Diverse le ipotesi delle Procure, mentre il governo valuta il divieto di sport all’aperto e nuove restrizioni per i supermarket

19 Marzo 2020

Lesioni o epidemia. Falso in atto pubblico o inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Le Procure d’Italia si interrogano su che tipo di contestazione muovere a chi viene denunciato per aver violato le restrizioni imposte dal governo.

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Non c’è un orientamento unanime, mentre sono migliaia i casi finiti sulle scrivanie dei procuratori. I numeri non sono confortanti: solo nella giornata del 17 marzo sono state denunciate 8.089 persone. A questo punto il governo si darà al massimo altri due giorni di tempo per valutare l’efficacia delle misure di contenimento, ma se i contagi del coronavirus aumenteranno e le restrizioni imposte verranno ancora violate, si deciderà di varare misure più dure. Quello di ieri del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, sembra infatti un ultimo avvertimento: “Nelle prossime ore – ha detto – bisognerà prendere in considerazione la possibilità di porre il divieto completo di attività all’aperto”. Sulla stessa linea il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, per il quale “se si dovesse andare avanti” con comportamenti errati “chiederemo al governo di emanare provvedimenti ancora più rigorosi”.

Le prossime 48 ore saranno determinanti, ma nel frattempo, su disposizione del ministero dell’Interno, si è già deciso di aumentare i controlli: forze dell’ordine più presenti sul territorio soprattutto nel weekend e in alcuni obiettivi specifici, come le piste ciclabili, affollate da troppi runner che non mantengono la distanza di un metro.

Oltre allo sport, la stretta potrebbe riguardare gli orari di apertura dei supermercati per porre un limite a quanti, approfittando della spesa, escono tutti i giorni. Nel Lazio, con un’ordinanza, si è già stabilito che saranno aperti tutti i giorni dalle 8.30 alle 19 e la domenica fino alle 15.

Come si stanno regolando le Procure

Intanto in tutte le Procure si cerca di capire come trattare i migliaia di fascicoli su coloro che violano le restrizioni del governo. Dall’11 (giorno del decreto di Conte) al 17 marzo le persone fermate sono state oltre un milione. Di queste, 43.595 sono state denunciate in base all’articolo 650 del codice penale, ossia per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. È un reato dalle conseguenze piuttosto blande: un’ammenda fino a 206 euro o l’arresto fino a tre mesi. Altre 926 sono le denunce in base all’articolo 495 del codice penale, ossia per “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” e che prevede la reclusione fino a 6 anni.

Il punto è che secondo l’orientamento di molte procure questo reato non sarebbe configurabile nei confronti di chi mente quando viene fermato. In una nota del 16 marzo, indirizzata ai comandanti provinciali di carabinieri, Finanza e polizia municipale, la Procura di Genova per esempio ha specificato che sull’applicazione dell’art. 495 “il delitto viene integrato esclusivamente dalle false attestazioni aventi a oggetto l’identità, lo stato o altre qualità della persona”. Sembra non potersi applicare quindi quando si mente sui motivi della propria uscita.

Sulla stessa linea i magistrati di Roma, per i quali non ci sono margini di applicabilità dell’articolo 495 del codice penale. Rispetto ai colleghi di Genova, i romani però sono più possibilisti nel poter contestare a chi viene fermato l’articolo 483 del codice penale, il falso del privato in atto pubblico. Dello stesso avviso la Procura di Napoli, dove vi è un altro nodo da sciogliere: capire il fondamento normativo delle misure adottate dal governatore Vincenzo De Luca, che ha già vietato di praticare sport all’aperto. Un cittadino campano contro questa ordinanza ha fatto ricorso al Tar che però gli ha dato torto.

Che non si possa contestare l’articolo 495 del codice penale sono convinti anche alla Procura ad Aosta: qui sono 28 i fascicoli aperti dove si contesta l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità oppure il falso commesso dal privato in atto pubblico.

I positivi che infettano altri, l’accusa è di lesioni

I magistrati però potrebbero trovarsi di fronte a contestazioni più gravi. Per esempio nei confronti di coloro che sapendo di essere positivi al Covid-19 abbiano comunque violato le restrizioni e siano usciti di casa, infettando altri. In questo caso si rischia l’accusa di epidemia, anche se l’orientamento di alcuni magistrati è quello di contestare le lesioni.

(ha collaborato Saul Caia)

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