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Coronavirus, si va verso un superdecreto per accorciare i tempi in aula

Parlamento - C’è l’approvazione del “Cura Italia” ma deputati e senatori hanno paura di riunirsi: s’inizierà da Palazzo Madama

17 Marzo 2020

Ora che il Consiglio dei ministri ha varato il decreto “Cura Italia” con le misure economiche per rispondere all’emergenza sanitaria del Coronavirus, la partita si sposta in Parlamento.

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Ma è ancora buio fitto sull’iter del provvedimento che, salvo ripensamenti, partirà dal Senato. Dove domani alle 16 e 30 si terrà una capigruppo per programmare i lavori e integrare l’ordine del giorno che al momento prevede soltanto la seduta dell’aula del 25 marzo convocata per le comunicazioni del premier Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 26 e 27 marzo.

Per il resto a Palazzo Madama il foglio è ancora bianco: non è stata neppure ancora confermata la Giunta per le autorizzazioni a procedere che il 24 dovrebbe decidere sul via libera ai magistrati di Palermo che chiedono di processare Matteo Salvini per Open Arms E le commissioni ordinarie? Non sono previsti lavori per tutta la settimana in corso, anche se la Bilancio è in allerta dato che il decreto appena sfornato da Palazzo Chigi dovrà essere esaminato principalmente in questa sede. “Attendo indicazioni anch’io”, spiega il presidente della V commissione Daniele Pesco, convinto come alcuni senatori di altri gruppi che l’esame del testo non inizierà prima della prossima settimana.

In attesa di capire i dettagli, la capigruppo del Senato affronterà il nodo che ora più interessa, anche a Montecitorio: organizzare i lavori tenendo presente l’emergenza che tiene lontana da Roma la stragrande maggioranza dei parlamentari. E questo stato d’eccezione impone una razionalizzazione non solo dei tempi, ma persino degli spazi.

Lo spiega con chiarezza la presidente dei senatori di Forza Italia a Palazzo Madama, Anna Maria Bernini: “Abbiamo già chiesto al governo di favorire un assemblamento dei testi approvati fin qui dal governo, in modo che le misure varate già qualche settimana fa possano confluire nel nuovo decreto. In questo modo verrebbero concentrati i lavori cosicché siano programmati in piena sicurezza. Su questo punto abbiamo avuto già rassicurazioni dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e anche dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà”.

Proprio in quest’ottica si stanno cercando di mettere in fila le norme che possono confluire nel decreto “Cura Italia”: sicuramente quelle a sostegno di imprese e famiglie del Lodigiano e di Vo’ Euganeo che anche secondo il Pd ormai sarebbero superate non solo dall’evolversi delle situazione, ma pure dal provvedimento appena sfornato dal governo e che per questo potrebbero non essere convertite. Se invece la strada dell’accorpamento non sarà possibile, la commissione Bilancio e l’aula saranno costrette a riunirsi a ripetizione, con un occhio ai numeri dei presenti e alle distanze di sicurezza per dare l’ok prima alle misure in vigore dal 2 marzo e poi agli altri provvedimenti già approvati o che arriveranno. Ma è una prospettiva che non piace a nessuno.

Perché se tra i deputati ormai si registra il panico per il numero dei contagiati o in autoisolamento spontaneo, anche a Palazzo Madama ogni seduta viene ritenuta a rischio. Quando si è saputo che il viceministro Pierpaolo Sileri è risultato positivo al tampone è scattato un nuovo allarme rosso dato che la scorsa settimana era presente in aula e anche in commissione Sanità, riunita per l’occasione in sala Nassirya. Dove è scattata la sanificazione, che è stata estesa pure alla buvette e ad altri spazi, compresa la filiale della Bnl interna dove Sileri era stato avvistato. Tutti i senatori che potrebbero avere contratto il virus sono stati invitati a contattare il presidio medico e a mettersi in autoisolamento. Palazzo Madama è un deserto, nonostante il presidio assicurato dai capigruppo o dai loro vice. Quanto al personale l’amministrazione ha attivato il ricorso massiccio allo smart working e così su una pianta organica di 600 dipendenti sono al lavoro in 60 nei servizi essenziali a tenere accesa la macchina.

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